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Subject Il nuovo decreto immigrazione colpisce ancora una volta chi migra
Date March 20, 2023 9:40 AM
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Nel nuovo decreto immigrazione del Governo Meloni il filo conduttore rimane quello della repressione. 

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Il nuovo decreto immigrazione colpisce ancora una volta chi migra

Foto via Twitter/Melting Pot Europa ([link removed])

Emanato nei giorni immediatamente successivi alla tragedia di Cutro, nel nuovo decreto immigrazione del Governo Meloni il filo conduttore rimane quello della repressione.

1. Il nuovo decreto immigrazione mina ulteriormente i diritti umani

Nel nuovo decreto immigrazione ([link removed]) - intitolato “Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare” -, emanato a seguito della strage di Cutro, sono presenti provvedimenti che minano gravemente i diritti delle persone migranti. Infatti, anziché provvedere alla salvaguardia della vita in mare, il filo conduttore rimane quello della repressione.

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In un’intervista ([link removed]) effettuata dal giornalista Duccio Facchini, di Altreconomia, l’avvocato Livio Neri di Asgi spiega: “la vera questione che impressiona è rappresentata dall’ennesimo giro di vite sulla protezione speciale. [...] La protezione speciale non viene abrogata tout court, [...] ma si intende comunque impedire alle questure e alle commissioni territoriali che debbono riconoscerla di considerare la durata del soggiorno, i legami familiari, l’inserimento sociale e lavorativo o l’indebolirsi dei legami sociali, culturali e familiari nel Paese di provenienza”.

Questo provvedimento, oltre che essere particolarmente repressivo per coloro che si sono inseriti in Italia instaurando legami sociali e familiari, non farà altro che aumentare precarietà e condizioni di irregolarità:
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2. L’Italia è responsabile di un nuovo naufragio?

In un nuovo naufragio, 30 persone hanno perso la vita al largo della Libia. Anche in questo caso l’Italia potrebbe avere responsabilità per i mancati soccorsi.

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Le 30 persone erano partite dalla Libia quando l’imbarcazione è naufragata in zona Sar Libica. Tenendo però presente che le operazioni di monitoraggio erano coordinate proprio dall’Italia ([link removed]) , e che dall’imbarcazione provenivano segnali di allarme già dalla notte precedente al naufragio, l’Italia non sembrerebbe esente da responsabilità.
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Infatti, spiega ([link removed]) la giurista Vitalba Azzolini su Domani, “quando l’allarme per una imbarcazione in distress viene dato a centri di coordinamento di vari paesi, com’è prassi, anche se la nave si trova in area Sar di un certo paese, tutti gli altri sono allertati, proprio perché ciascuno di essi deve colmare eventuali lacune nei soccorsi da parte di quello cui spetterebbe il coordinamento [...] - questo tenendo soprattutto conto della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982.

Infine, “zona Sar” non è sinonimo di “acque territoriali”. Come spiega il giornalista Sergio Scandura, le persone sono naufragate comunque in acque internazionali, quindi prive di una giurisdizione statale particolare.
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3. L’allarmismo e la disinformazione sull’”invasione” dei migranti

Il Ministro della Difesa Guido Crosetto ha affermato ([link removed]) che il recente aumento dei flussi migratori in Italia potrebbe derivare da un “attacco ibrido” organizzato dalla brigata militare Wagner al soldo del presidente russo Vladimir Putin, che organizzerebbe i viaggi delle persone migranti dalla Libia.

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Quest’affermazione è stata subito smentita: innanzitutto, come scrive ([link removed]) la giornalista Eleonora Camilli, “stando ai dati [...] gli arrivi dalla Libia sono la parte minoritaria degli sbarchi di questi mesi. La maggior parte delle persone giunte in Italia è infatti partita dalle coste tunisine. Per la prima volta, dopo anni, la principale rotta del Mediterraneo centrale verso il nostro paese non è dunque quella libica”. Inoltre, la brigata Wagner non è presente in Tunisia - da cui aumentano le partenze anche a causa delle politiche repressive e razziste ([link removed]) del presidente Kais Saied.

Sebbene la brigata si trovi effettivamente in Libia, più precisamente “in Cirenaica, con pochissimi effettivi”, spiega ([link removed]) il giornalista Emiliano Fittipaldi su Domani, quest’ultima non ha alcuna influenza, né interesse, sulle partenze. Infatti, scrive Fittipaldi “il ministro degli Esteri non ha citato relazioni della nostra intelligence, ma ha solamente sventolato un articolo di Repubblica dello scorso luglio, in cui una generica «fonte qualificata dei nostri apparati di sicurezza» ipotizzava come ‘Wagner usasse i migranti come arma sul voto italiano’. Nessuna altra evidenza”.
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4. I rifugiati siriani in Danimarca rimpatriati in un paese non sicuro

Il servizio danese per l'immigrazione ha annunciato di ritenere "sicure" per i rimpatri altre due aree della Siria controllate dal governo: Tartous e Latakia. Nel 2019, anche Damasco e Rif Damasco sono stati controversamente dichiarate “sicure”.

Come spiega ([link removed]) la Ong Human Rights Watch: “l'aggiunta di Latakia e Tartous alla lista dei Paesi "sicuri" della Danimarca arriva nonostante i rapporti di Human Rights Watch e Amnesty [International] secondo cui i siriani rimpatriati sono costretti ad affrontare gravi violazioni dei diritti umani e persecuzioni per mano delle autorità siriane e delle milizie affiliate, tra cui torture, esecuzioni extragiudiziali e rapimenti”. Inoltre, “La designazione di Latakia e Tartous come sicure arriva poche settimane dopo che devastanti terremoti hanno colpito la Turchia e la Siria, uccidendo decine di migliaia di persone e causando gravi danni, comprese le reti idriche nelle già gravemente povere Latakia e Tartous. Molte persone ora sono senza acqua corrente e hanno un rischio maggiore di malattie infettive. Questo disastro aggrava la crisi umanitaria in corso nel Paese, dove oltre il 90 per cento della popolazione dipende
dagli aiuti per sopravvivere”.

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Stando ai dati del Servizio Immigrazione forniti dall’agenzia Reuter ([link removed]) , dal 2019 la Danimarca ha già revocato i permessi di soggiorno a 150 cittadini siriani di Damasco e dintorni su oltre 1.300 casi esaminati. Una portavoce dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati ha affermato che l'agenzia non ritiene che i miglioramenti nella situazione della sicurezza in Siria siano sufficienti "per giustificare la fine della protezione internazionale per qualsiasi gruppo di rifugiati".
5. La Spagna agì illegalmente nella strage di Melilla

Il Difensore civico incaricato di condurre le indagini su quanto avvenuto nell’enclave di Melilla il 24 giugno del 2022, in cui hanno perso la vita almeno 23 persone, ha concluso che i 470 rimpatri effettuati dalla Spagna erano illegali.

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“Fin dall'inizio, il difensore, Ángel Gabilondo, ha sostenuto che [i respingimenti] non rispettavano la legge e ha raccomandato che fosse redatto urgentemente un regolamento in modo da far rispettare alla Spagna gli obblighi internazionali. Il ministero dell'Interno, però, non ha accolto nessuna delle raccomandazioni del Difensore civico [...]”, scrive ([link removed]) la giornalista Maria Martino su El Paìs.

Le 470 persone che sono state respinte in Marocco sono state brutalmente picchiate dalle forze di sicurezza marocchine.
6. Frontex e Grecia unite per la deportazione di migranti

L'agenzia di frontiera dell'Ue Frontex fornirà maggiore sostegno alla Grecia per espellere i richiedenti asilo, riporta ([link removed]) Info Migrants.

Questo avviene nonostante l'agenzia sia stata più volte denunciata per aver coperto le violazioni dei diritti umani contro le persone migranti ([link removed]) alle frontiere esterne della Grecia, oltre ad avere effettuato respingimenti illegali. “[...] il ministro greco per la migrazione Notis Mitarachi, il ministro per la protezione dei cittadini Panagiotis Theodorikakos e Hans Leijtens, che ha assunto la guida di Frontex all'inizio di questo mese, hanno concordato un piano per aumentare i rimpatri dei migranti a cui è stata rifiutata la protezione in Grecia. In base all'accordo, Frontex aiuterà anche le autorità greche a identificare e dare dei consigli ai migranti "per informarli sulle possibilità di tornare volontariamente nei loro paesi d'origine e ricevere sostegno per l'integrazione”.


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