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L’Italia fa i conti con l’ennesima tragedia di migranti
 

È salito a 59 persone, ma potrebbe raggiungere le 100 vittime, il conteggio dei morti del naufragio che ha colpito ieri un’imbarcazione su cui viaggiavano migranti davanti le coste calabresi.
 

1. Tragico naufragio al largo della Calabria

Sono 59 le persone - tra loro 20 bambini - che hanno perso la vita a meno di 200 metri dalle coste della Calabria mentre viaggiavano su un’imbarcazione partita dalla Turchia. Le vittime provenivano principalmente dall’Iran, dall’Afghanistan e dal Pakistan. Le ricerche sono al momento ancora incorso, e il bilancio delle vittime potrebbe superare le 100 vittime.

“Un bilancio che sale di ora in ora, con decine e decine di dispersi in mare”, si legge su Repubblica. Il numero di persone presenti sull’imbarcazione è ancora incerto: “dal racconto dei sopravvissuti emergono, in questo senso, numeri contraddittori. Alcuni parlano di 180 persone, altri indicano un numero molto superiore. Col passare delle ore si è fatta strada la convinzione che i migranti fossero circa 180. Il che significa che mancano all'appello almeno una quarantina di persone, e le speranze di trovarle in vita, a questo punto, sono praticamente nulle”, riporta Sky Tg 24. 

Mentre il Ministro dell’Interno Piantedosi ha commentato la vicenda accusando i trafficanti e sottolineando l’importanza di bloccare le partenze, Ong ed esperti in diritti umani hanno ribadito che il problema risiede nelle politiche migratorie securitarie targate Ue che non offrono alternative al rischio di una traversata in mare:


La rotta italo-turca non è nuova, dato che diventa l’unica alternativa per coloro sistematicamente respinti dalla Grecia, ma come riporta il giornalista Sergio Scandura, ben 16 ore prima che Frontex avesse avvistato la nave su cui viaggiavano le vittime del naufragio, Roma aveva inviato un’allerta su una barca in difficoltà senza però indicare le coordinate:




2. Nessun diritto all’alloggio per i migranti in Belgio


Associazioni per i diritti umani e persone migranti, protestano in Belgio e scendono in strada contro le ripetute violazioni dei diritti di rifugiati e migranti che si ritrovano per l’ennesima volta costretti a dormire nelle tende.


La capitale europea continua a non garantire un alloggio alle persone richiedenti asilo, nonostante la Fedasil, l’agenzia che si occupa di asilo in Belgio, sia già stata condannata: “la Fedasil”, scrive l’Ong ECRE (Consiglio Europeo per i Rifugiati) è stata condannata il 19 gennaio per mancato rispetto del diritto all'accoglienza con multe di 5000 euro al giorno per non aver rispettato la sentenza. Tuttavia la Fedasil non ha pagato le multe”.

Nel frattempo, quasi 1000 persone – la stragrande maggioranza dei richiedenti asilo rimasti senza alloggio – hanno dormito in un edificio abbandonato a Schaarbeek in condizioni antigieniche e non sicure. Yassin e Riazullah, due richiedenti asilo, hanno dichiarato ai media:  “È abbastanza pericoloso, c'è del sangue [..]. Vedete il sangue. Non è abbastanza sicuro. Ogni notte c'è una rissa e questo è un problema”.

3. La Geo Barents è stata sottoposta a fermo amministrativo

Le autorità italiane hanno sottoposto la Geo Barents, nave di Medici Senza Frontiere (Msf), a fermo amministrativo per 20 giorni e a una sanzione di 10mila euro. Si tratta del primo provvedimento contro una Ong dopo l’approvazione del nuovo decreto.


“La Capitaneria di Porto di Ancona ci contesta, alla luce del nuovo decreto, di non aver fornito tutte le informazioni richieste durante l'ultima rotazione che si è conclusa con lo sbarco ad Ancona", ha affermato Msf, riportata dall’Ansa.


Ma l'organizzazione sta adesso "valutando le azioni legali da intraprendere per contestare l'accaduto. Non è accettabile - commenta - essere puniti per aver salvato vite".



Si tratta dell’ennesimo caso di criminalizzazione dei soccorsi: sul tema sono già intervenuti Consiglio d’Europa (CoE) e Onu che, oltre ad aver espresso preoccupazione per le conseguenze di questo decreto, ne hanno già chiesto la revoca in quanto viola i diritti fondamentali.

4. La regolarizzazione è ancora bloccata 

La campagna Ero Straniero ha inviato una lettera al ministro dell'Interno Piantedosi, chiedendo il suo intervento per finalizzare la procedura di regolarizzazione di circa 200.000 lavoratori e lavoratrici straniere.



“Ancora un quarto delle oltre 200.000 richieste è in attesa di essere finalizzato. Decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici si trovano in un fragile limbo, senza potersi stabilizzare e poter uscire dalla precarietà lavorativa e sociale”, si legge nel sito della campagna. 

Tra ritardi sempre più insostenibili, e sentenze a favore delle persone straniere che però non trovano attuazione nella realtà, la campagna Ero Straniero evidenzia che “anche quando è stata completata la procedura presso la Prefettura ed è stato sottoscritto il contratto di soggiorno, l’effettivo rilascio del permesso di soggiorno tarda ad arrivare, con l’appuntamento per i rilievi foto-dattiloscopici fissato anche dopo 6 mesi dalla richiesta di rilascio, nonostante la normativa disponga chiaramente un termine massimo di 60 giorni”.

5. Ancora respingimenti e abusi tra Balcani e Grecia

Un nuovo rapporto del Border Violence Monitoring Network denuncia, per l’ennesima volta, i respingimenti illegali subiti dalle persone migranti tra i Balcani e la Grecia.

Il rapporto, oltre a contenere 18 testimonianze di respingimenti che hanno colpito 172 persone, mette anche in evidenza la presenza di ufficiali stranieri mandati in altri stati Ue per compiere respingimenti illegali. In particolare si tratta “degli ufficiali stranieri in Ungheria - principalmente da Austria, Cechia e Slovacchia”. Secondo il rapporto è possibile parlare di una tendenza basata sulla collaborazione tra gli stati della regione per l'ulteriore securitizzazione dei loro confini.

Ulteriori aggiornamenti riguardano gli sgomberi effettuati a tappeto in Grecia, che coinvolgono i rifugiati e beneficiari del programma abitativo ESTIA II, nonché i residenti di più campi profughi che vengono sistematicamente chiusi, e la criminalizzazione della solidarietà.

6. Razzismo istituzionale in Tunisia

L'Unione Africana (Ua) ha criticato la Tunisia e l'ha esortata a evitare “incitamento all'odio razziale” a seguito dei commenti del presidente Kais Saied rivolti ai migranti provenienti da altre parti del continente, riporta Al Jazeera.

Saied, infatti, ha ordinato l'espulsione dei migranti privi di documenti dalla Tunisia, affermando che l'immigrazione è un complotto volto a cambiare la composizione demografica del suo paese. Gli attivisti per i diritti umani hanno condannato i suoi commenti, definendoli “razzisti” e sono stati organizzati cortei e proteste di solidarietà con le persone provenienti dai Paesi subsahariani.


Il portavoce del Forum tunisino per i diritti sociali ed economici, Romdhane Ben Amor, ha denunciato un numero crescente di aggressioni razziste contro migranti subsahariani a seguito delle affermazioni di Saied: “siamo al corrente di tentativi di cacciare alcuni migranti dalle loro case", ha affermato Amor all’Associated Press. “Ad altri viene impedito di prendere i mezzi pubblici”.


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