Ancora mezzi e finanziamenti alla Libia per fermare i migranti
Foto via Twitter/Refugees in Libya
Il Memorandum d’intesa tra Italia e Libia si è rinnovato per il sesto anno consecutivo il 2 febbraio scorso. Da allora sono state autorizzate forniture milionarie per far intercettare e respingere in Libia migliaia di persone in fuga.
1. L’Italia rifinanzia l’accordo con la Libia
Il 2 febbraio è stato automaticamente rinnovato il Memorandum d’Intesa tra Italia e Libia - stipulato nel 2017 dal governo Gentiloni - per fermare le migrazioni.
“Nel quadro di questa rinnovata intesa, l’Italia, con il sostegno economico e politico dell’Ue, ha in questi anni destinato circa 124 milioni di euro per la fornitura di mezzi navali e terrestri, di motori, di strumentazione satellitare, di corsi di formazione, oltre che per la rimessa in efficienza di imbarcazioni e la fornitura di moduli abitativi per la creazione di un sistema integrato di controllo delle frontiere marittime e terrestri in Libia” riporta l’osservatorio The Big Wall, un progetto di Action Aid e Irpi Media. In aggiunta, la presidente Meloni si è di recente recata a Tripoli sia per stipulare un accordo di 8 miliardi di dollari per l'approvvigionamento di gas, ma anche per la consegna di 5 motovedette alla cosiddetta guardia costiera libica.
Tutto questo avviene, di nuovo, sulla pelle delle persone migranti: come ricorda Human Rights Watch, le persone riportate in Libia dalle milizie vengono rinchiuse in centri di detenzione dove subiscono le peggiori violazioni dei diritti umani, tra violenze sessuali, pestaggi e omicidi.
Intanto lunedì 6 febbraio si svolgerà ad Adria (RO) la Cerimonia di consegna alle Autorità libiche di una motovedetta “classe 300 “di nuova fabbricazione, nell’ambito del progetto europeo SIBMMIL.
2. Il Consiglio d’Europa chiede di revocare il decreto Piantedosi
In una lettera indirizzata al Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, Dunja Mijatović, Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa (CoE), denuncia le gravi violazioni dei diritti delle persone migranti causati dal nuovo decreto sulle Ong e ne chiede la revoca.
“Il decreto e la pratica di assegnare porti lontani per lo sbarco delle persone soccorse in mare rischiano di privare le persone in difficoltà dell'assistenza salvavita delle Ong sulla rotta migratoria più mortale del Mediterraneo”, scrive Mijatović. “Che i decreti non siano annoverabili tra le misure in buona fede, secondo Strasburgo, lo dimostrano diversi cavilli definiti chilling effect. In altre parole: intimidatori. Vengono infatti moltiplicati in modo significativo i requisiti per le imbarcazioni che effettuano missioni di salvataggio per entrare o transitare nel territorio italiano[...]”, riporta il giornalista Nello Scavo su Avvenire. Che il decreto Piantedosi sia deleterio lo ha dimostrato anche l’ultimo sbarco avvenuto al porto di La Spezia: non solo, anche in questo caso, è stato assegnato un porto eccessivamente lontano ma, come ha affermato la giornalista Eleonora Camilli, si tratta di “logistica della crudeltà”:
L’Italia ha risposto sostenendo che i timori del CoE sarebbero “infondati”.
3. Ennesima tragedia a Lampedusa
Secondo quanto riportato da Rai News, 8 persone sono state trovate morte su un’imbarcazione soccorsa, in acque SAR (Seach and Rescue) Maltesi, da una motovedetta della Guardia Costiera italiana.
La Guardia Costiera si è poi diretta verso il molo Favarolo dell'isola di Lampedusa. I militari hanno soccorso l'imbarcazione, con a bordo - si calcola - 46 persone, più i corpi di chi non ce l'ha fatta. “Le vittime sarebbero morte di fame e di freddo e in base ai racconti dei sopravvissuti, durante la traversata un neonato venuto a mancare per gli stenti, sarebbe stato gettato in mare dalla sua stessa mamma presa dalla disperazione”, riporta La Stampa.
I sopravvissuti, tra cui 10 donne e un minore, sono originari del Mali, Costa d'Avorio, Guinea, Camerun, Burkina Faso e Niger. “Rivolgo un appello al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Il Governo non ci lasci da soli a gestire quest'immane tragedia” ha affermato il sindaco delle Pelagie, Filippo Mannino.
4. “Trattenuti senza motivo”: la disumanità del sistema di detenzione polacco
“Inumani e traumatizzanti”, così la volontaria Malgozorta Tomczak ha definito i centri di detenzione polacchi in un reportage sul trattamento dei richiedenti asilo pubblicato da Balkans Insight,.
“Presentandosi come “Rosa ID 868”, chiede ai volontari della rete di ONG che sostengono i detenuti nei centri di detenzione polacchi se qualcuno potrebbe inviarle una parrucca e stivali invernali. [Il perché del primo oggetto risiede nel fatto che] è diventata quasi calva a causa dei pidocchi e vuole apparire al meglio se finalmente ottiene il colloquio per l'asilo; la seconda per il freddo – fa fatica a camminare tra i bagni e il container che è stata la sua casa negli ultimi mesi”. L'ingresso negli attuali sei centri di detenzione della Polonia è molto limitato e la guardia di frontiera polacca non condivide molte informazioni. Di conseguenza, le Ong si affidano alle loro “sentinelle”: ogni centro ha la sua Rosa, Zoya, Ahmed o Therese, che segnalano quando qualcuno è stato picchiato dalle autorità, ha bisogno di un medico o ha tentato il suicidio.
“I pidocchi, il freddo e la solitudine patiti da Rosa e altri in questi centri possono essere ricondotti agli atti ministeriali approvati negli anni dalla vittoria del partito anti-immigrazione Legge e Giustizia (PiS) nel 2015[...]. Nel 2020 le norme nutrizionali per i detenuti sono state abbassate del 25 per cento per i bambini e le donne incinte, e del 35 per cento per tutti gli altri, fissando lo standard di 2,70 euro per adulto”, afferma Tomczak.
5. La Cedu condanna l’Ungheria
La Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) ha condannato il governo ungherese a quasi 40mila euro di danni per la morte di un rifugiato siriano, riporta Info Migrants. La morte è avvenuta mentre quest’ultimo tentava di attraversare il confine serbo-ungherese sul fiume Tisza nel 2016.
Il querelante, Abdullah Mohamed Alhowais, ha affermato che le guardie di frontiera ungheresi hanno tentato di respingere lui e altri rifugiati verso la Serbia, usando varie forme di violenza. Secondo quanto riferito, le autorità di frontiera hanno usato gas lacrimogeni e lanciato pietre, aizzando perfino i cani poliziotto contro i rifugiati. Il fratello di Alhowais è poi annegato mentre cercava di tornare a nuoto sulla costa serba.
La Cedu ha quindi condannato l’Ungheria denunciando la violazione di due articoli della Convenzione europea dei diritti dell’uomo: in particolare, l'articolo 2 che tutela il diritto alla vita e l'articolo 3 che riguarda il divieto di trattamento inumano o degradante.
6. La Sea Watch sbarcherà a Napoli
Ennesima tragedia nel Mediterraneo centrale dove la nave Sea Eye ha soccorso 109 persone. Per due di loro, tra cui la mamma di un neonato, non c'è stato nulla da fare.
All’imbarcazione era stato inizialmente assegnato il porto sicuro di Pesaro ad almeno 5 giorni di navigazione dal luogo del soccorso. Poi il ripensamento e alla nave, che trasporta anche 35 minori e alcuni passeggeri gravemente ustionati, è stato consentito di sbarcare a Napoli dove è stata indirizzata dal Viminale a causa delle condizioni meteo marine che hanno reso impossibile raggiungere la destinazione originaria.
7. Migranti: in vista del vertice europeo Svezia e Germania restano lontane dalla posizione italiana
In vista del Consiglio europeo del 9 e 10 febbraio, la premier ha deciso di visitare Svezia e Germania in cerca di alleati. In particolare dal governo di centrodestra svedese - appoggiato dai Democratici svedesi, formazione di estrema destra alleata di Fratelli d’Italia nei Conservatori europei - il primo ministro si aspettava magari una maggiore solidarietà.
“Quando si parla di migranti, però - scrive Leo Lancari su il Manifesto - nessuna vicinanza politica tiene e ogni Paese fa per sé. E la Svezia non ha alcuna intenzione di procedere, come vorrebbe l’Italia, a una modifica dei Trattati dei quali anzi chiede un’applicazione più rigida. A partire proprio dal regolamento di Dublino, che impone ai Paesi di primo approdo come l’Italia l’esame delle richieste di asilo dei migranti. Molti dei quali una volta sbarcati si dirigono verso il Nord Europa dando vita a quei movimenti secondari che diversi Stati chiedono di bloccare. Tra questi, oltre alla Svezia, anche Olanda, Belgio e Austria che al vertice del 9 febbraio potrebbero addirittura presentare un documento per chiedere anche loro l’applicazione di Dublino e, tra l’altro, che la Commissione europea prepari dei report semestrali sui movimenti dei migranti all’interno della Ue”.
Poi la doccia fredda, l'ambasciatore svedese a Bruxelles Lars Danielsson esclude che quest'anno possa arrivare un accordo sulla gestione dei flussi migratori.
Il team di Open Migration
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