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Continua la guerra ai soccorsi in mare (anche assegnando porti lontani)


      Foto copertina via Twitter/MSF Italia   


Si è concluso giovedì scorso lo sbarco dei migranti soccorsi dalle navi Geo Barents e Ocean Viking nel porto di Ancona. Una meta distante 1.500 km dalla zona dei soccorsi in mare e che ha significato 3 giorni di sofferenza in più per chi era sulla nave.

1. Soccorso completato al porto di Ancona

L'equipaggio della nave Geo Barents, di Medici Senza Frontiere (Msf), con a bordo 73 persone migranti, ha completato giovedì scorso le operazioni di soccorso nel porto di Ancona.

"I 73 sopravvissuti, tra cui 19 minori non accompagnati, hanno finalmente toccato terra dopo un lungo e inutile viaggio verso Ancona", ha affermato Msf. L'equipaggio della Geo Barents ha detto che il tempo extra impiegato per arrivare ad Ancona ha significato "tre giorni di sofferenza in più per Ochek (nome di fantasia) e per gli altri 72 sopravvissuti a bordo". “Ochek” riporta Msf, “è originario dell'Eritrea e ha 21 anni. Mentre era ancora a bordo, Ochek ha detto all'equipaggio che non si sentiva al sicuro [...]. Ha chiesto: "Raggiungeremo la terraferma o no?" e ha espresso la speranza che arrivassero in Italia sani e salvi, così che potesse iniziare a superare le esperienze vissute in Libia”.

“Stavolta l’ha spuntata il Viminale. Sia la Ocean Viking (della Ong SOS Mediterranée) che la Geo Barents sono dovute arrivare ad Ancona per sbarcare i naufraghi soccorsi: 37 e 73. Entrambe avevano protestato quando sabato scorso il ministero dell’Interno aveva indicato una meta a 1.500 km di distanza”, riporta il giornalista Giansandro Merli sul Manifesto. “Non finisce qui. Ricorreremo per vie legali contro le assegnazioni di porti lontani. Non sono in linea con le convenzioni. Il governo deve rispettare gli impegni internazionali”, afferma Juan Matías Gil, capomissione di Msf.

2. Come l’Italia criminalizza le Ong

In un’inchiesta pubblicata sull’Intercept, il giornalista Lorenzo D’Agostino spiega come la polizia si sia infiltrata nella nave di diverse Ong per provare la presunta collaborazione tra le associazioni che si occupano del soccorso in mare e i trafficanti di esseri umani.

Nonostante anche parte dei media mainstream italiani continuino a proporre una visione falsa e criminalizzante del soccorso il mare, l’indagine che ha visto come protagonista il poliziotto infiltrato Luca Bracco, ha provato che non esisterebbe alcuna collaborazione tra Ong e trafficanti. 

Se da un lato non esiste prova sulla collaborazione tra Ong e trafficanti, esiste invece una collaborazione, documentata da Bracco stesso, tra trafficanti e Guardia Costiera Libica, che Italia e UE finanziano, su cui puntualmente cala il silenzio:

3. L’Italia finanzia la Tunisia per militarizzare le frontiere

“Da anni l’Italia paga Tunisi per militarizzare le frontiere e aumentare i rimpatri. Da ultimo con il Fondo premialità da 15 milioni di euro”, spiegano i giornalisti Arianna Poletti e Matteo Garavoglia nel progetto di inchiesta The Big Wall.

Secondo le informazioni raccolte dal Forum Tunisino per i Diritti Economici e Sociali (Ftdes), “le intercettazioni in mare dall’inizio del 2022 sono state più di 29mila (544 i morti nella traversata, dato aggiornato al 26 ottobre)". Il Ftdes ha inoltre osservato che "le operazioni della guardia costiera tunisina di recupero dei migranti dal 2020 ad oggi si sono moltiplicate”. A questo si aggiunge il fatto che la Tunisia non dispone ancora di una Regione di ricerca e soccorso, “ovvero di quell’area di competenza in cui un paese è formalmente tenuto a prestare soccorso, anche se opera ormai come se ci fosse, sostiene Romdhane Ben Amor, portavoce del Ftdes”.

Inoltre, “tra il 2011 e il 2022, in materia di controllo delle frontiere e di flussi migratori lo Stato italiano ha allocato alla Tunisia più di 47 milioni di euro, di cui buona parte sono stati spesi per l’invio delle imbarcazioni alla guardia costiera tunisina e la loro rimessa in efficienza”.


4. Le riammissioni dall’Italia alla Slovenia sono illegittime

Durante la riunione tenutasi presso la Prefettura di Trieste con il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi non solo ha affermato che “le riammissioni in Slovenia sono da rafforzare” ma che sono anche “legittime”.

Non è nuovo il tema della Rotta Balcanica, soprattutto per quello che concerne il trattamento dei migranti sui confini italiani: il Consorzio Italiano di Solidarietà (CIS) ha affermato che le affermazioni di Piantedosi sono gravi sostenendo che “la natura informale delle riammissioni le rende [...] chiaramente illegali in qualunque caso e circostanza esse vengano fatte, trasformandole in deportazioni di fatto, incompatibili con un ordinamento democratico. Come avvenuto in passato agiremo in tutte le sedi necessarie verso ogni violazione della legalità”.

Anche Amnesty International, in un comunicato ha denunciato le gravi condizioni subite dalle persone migranti che attraversano il confine tra Italia e Slovenia, ribadendo che “i respingimenti portati avanti [...] dall’Italia rendono le persone migranti vulnerabili a riammissioni a catena dall’Italia alla Slovenia, alla Croazia, Bosnia-Erzegovina o Serbia e si compiono in violazione del diritto di accesso all’asilo, del diritto a esercitare una legittima difesa. È necessario pertanto che il governo italiano impedisca tali respingimenti e si faccia garante della tutela dei diritti umani di persone in particolare condizione di vulnerabilità”.


5. La Grecia processa il soccorso in mare

Gli attivisti umanitari Sarah Mardini e Seán Binder, appartenenti alla Ong Emergency Response Center International - un gruppo di ricerca e soccorso operante sull'isola di Lesbo dal 2016 al 2018 - sono andati a processo martedì scorso con l’accusa di spionaggio, favoreggiamento dell’immigrazione irregolare e appartenenza alla criminalità organizzata.

Nonostante le gravi accuse, la Corte di Appello di Mitilene, ha deciso di rimandare il caso alla procura, a causa di irregolarità procedurali. “Sollecitiamo le autorità di Atene ad annullare una volta per tutte le accuse e a consentire a Sarah e a Seán di tornare alle proprie vite. La criminalizzazione di questi coraggiosi difensori dei diritti umani dimostra la cinica attitudine assunta dalla Grecia e da altri stati europei contro chi cerca salvezza alle loro frontiere”, ha affermato Nils Muižnieks, Direttore per l’Europa di Amnesty International.

Nonostante sia caduta l’accusa di spionaggio, rimangono le accuse di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare e l’appartenenza alla criminalità organizzata.


6. Respingimenti illegali: una prassi normalizzata in tutta Europa

“L'anno scorso, decine di migliaia di richiedenti asilo e migranti sono stati respinti dai confini dell'UE dalle forze di sicurezza europee. I numeri esatti [...] sono difficili da ottenere perché le espulsioni, note come respingimenti, vengono spesso effettuate segretamente in aree di confine remote dove le associazioni umanitarie e [di monitoraggio] hanno difficoltà a tenerne traccia”, riporta la giornalista Katy Fallon sul New Humanitarian.

Nonostante i respingimenti collettivi alle frontiere siano vietati, “come sanciscono - ricorda Fallon - la Convenzione Europea dei Diritti Umani e la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Ue”, le espulsioni illegali sono all'ordine del giorno. Questo, spiega Fallon, deriva dall’ambiguità con cui l’Ue ribadisce l’importanza di rispettare le norme sui diritti umani insieme a quella del controllo dei confini.

"Penso che la mancanza di azione da parte della Commissione abbia creato questa atmosfera di impunità", afferma Tineke Stirk, eurodeputata per il partito di sinistra Verdi/EFA. Nonostante questo, il contenzioso strategico rimane uno strumento prezioso, afferma Fallon: “in assenza di un'azione più forte a livello dell'UE, avvocati e organizzazioni per i diritti umani si sono rivolti ai tribunali per cercare di spingere verso la responsabilizzazione - e talvolta anche per cercare di fermare i respingimenti prima che avvengano”.

 

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