Ong bloccate in mare da giorni. Secondo Piantedosi le navi che li hanno soccorsi “non sono in linea con le norme di controllo delle frontiere"
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Una nuova stagione di “porti chiusi”?
Foto copertina via Twitter/SOS Humanity ([link removed])
Oltre 900 persone attendono in mare da giorni. Secondo il neo ministro dell’Interno Piantedosi le navi che li hanno soccorsi “non sono in linea con le norme europee e italiane in materia di sicurezza e controllo delle frontiere e di contrasto all'immigrazione illegale".
1. Il Viminale blocca le navi delle Ong in mare
Le navi Ocean Viking e Humanity 1 - appartenenti alle Ong SOS Mediterranée e SOS Humanity - attendono da giorni indicazioni ([link removed]) per poter completare l’operazione di soccorso e attraccare in un porto sicuro. A bordo delle due navi ci sono più di 400 persone tra le quali oltre 40 minori non accompagnati, ma ad attendere di poter sbarcare ci sono anche i 572 migranti ([link removed]) , soccorsi dal team di Geo Barents nave di Medici senza frontiere.
Secondo il neo ministro dell’Interno Piantedosi le navi “non sono in linea con le norme europee e italiane in materia di sicurezza e controllo delle frontiere e di contrasto all'immigrazione illegale ([link removed]) ".
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In risposta allo stop del Viminale, la Ong SOS Mediterranee ricorda in un comunicato stampa che “alcuni dei naufraghi hanno trascorso fino a tre giorni in mare prima di essere soccorsi dai nostri team. Mostrano segni di sfinimento, disidratazione e riportano ustioni multiple da carburante, oltre che segni evidenti delle torture e delle violenze subite in Libia” e che “la Convenzione SOLAS del 1974 e la Convenzione SAR del 1979, così come emendate nel 2004, stabiliscono che “in ogni caso” un porto sicuro (Place of Safety) deve essere fornito entro un tempo ragionevole.
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Sul caso è intervenuto anche l’avvocato Anton Giulio Lana - legale che preparò il ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani sul caso Hirsi Jamaa vs. Italia e che vide il nostro Paese condannato per i respingimenti illegali. Intervistato dal Manifesto, l’avvocato ha ribadito ([link removed]) che ogni divieto di ingresso e completamento delle operazioni di ricerca e soccorso è violazione del diritto internazionale e, per l’Italia, dell’art. 10 della Costituzione ([link removed]) .
2. La società civile scende in piazza contro gli accordi con la Libia
Il 26 ottobre, oltre 40 associazioni, tra cui Amnesty International, Open Arms e Oxfam Italia, sono scese in piazza Esquilino, a Roma, per protestare contro il Memorandum Italia-Libia e per chiedere che l’accordo, in scadenza il 2 novembre ([link removed]) , non venga rinnovato.
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“Se entro il 2 novembre il governo italiano non deciderà per la sua revoca, il Memorandum Italia-Libia verrà automaticamente rinnovato per altri 3 anni. Si tratta di un accordo che da ormai 5 anni ha conseguenze drammatiche sulla vita di migliaia di donne, uomini e bambini migranti e rifugiati. Dal 2017 a ottobre 2022 quasi 100.000 persone sono state intercettate in mare dalla guardia costiera libica e riportate forzatamente in Libia, un paese che non può essere considerato sicuro. Le organizzazioni chiedono al governo italiano di riconoscere le proprie responsabilità e di non rinnovare gli accordi con la Libia”, riporta ([link removed].) Melting Pot.
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3. Il “Grande Muro” marittimo finanziato dall’Italia sulla pelle dei migranti
L’agenzia di giornalismo investigativo IRPI, in collaborazione con Actionaid Italia, ha pubblicato un’inchiesta ([link removed]) sull’esternalizzazione delle frontiere in Libia e i costi - circa 1 miliardo di euro - che quest’ultima comporta per l’Italia.
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“Dal primo gennaio alla fine di settembre 2022 oltre 16.600 migranti sono stati riportati indietro dalle forze marittime della Libia occidentale. Il finale è lo stesso: i passeggeri ritornano in Libia per essere nuovamente incarcerati in un centro di detenzione, in attesa di pagare di nuovo il proprio riscatto e tentare nuovamente la fortuna”, si legge nell’inchiesta.
Inoltre ciò che salta all’occhio è la scarsa trasparenza dei flussi di denaro destinati al finanziamento delle autorità libiche, tra addestramenti ed equipaggiamento: “dei 27,2 milioni di euro spesi dall’Italia - provenienti dai 44 milioni di fondi europei - è stato possibile tracciarne poco meno di quattro-quinti, circa 20 milioni, tra appalti già completati e altri in corso di assegnazione nel periodo 2019-2022. Le principali voci di spesa sono 8,3 milioni per nuovi mezzi marini (20 barche veloci di diverse lunghezze); 3,4 per mezzi terrestri (30 fuoristrada, 14 ambulanze e dieci minibus); 5,7 per ricambi e manutenzione degli assetti navali; un milione in attività di addestramento e un milione per 14 container”.
Come ricorda Altreconomia ([link removed]) , l’Italia ha ceduto alla Libia anche altre 14 navi veloci per intercettare le persone. A curare la gara - che ha fruttato una commessa da 6,65 milioni di euro - è stata Invitalia, l’agenzia del ministero dell’Economia che dovrebbe in realtà occuparsi di “attrazione degli investimenti e sviluppo d’impresa”.
4. Condizioni disumane in un centro di accoglienza del Regno Unito
L'ispettore capo delle frontiere e dell'immigrazione, David Neal, ha aspramente criticato la qualità del servizio fornito presso il centro di prima accoglienza per migranti a Manston, nella contea del Kent, scrive ([link removed]) Info Migrants.
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Nella struttura, che è progettata per servire come soluzione temporanea, si trovavano migranti e rifugiati rimasti lì per oltre un mese. Due famiglie provenienti rispettivamente dall'Iraq e dalla Siria, ha riportato l’ispettore Neal, dormono nelle tende su materassi da due settimane.
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5. Nuovo rafforzamento delle frontiere sui Balcani
La Commissione Europea ha deciso di aumentare il sostegno ai Balcani occidentali per rafforzare i controlli alle frontiere e impedire l’ingresso di migranti.
Il nuovo pacchetto del valore di 39,2 milioni di euro ([link removed]) , si legge sul sito ufficiale, inteso a rafforzare la gestione delle frontiere nei Balcani occidentali, comprende sistemi di sorveglianza, aerei, dispositivi biometrici, formazione e supporto per rendere operativi centri di coordinamento nazionali.
La gestione delle frontiere dell’area desta preoccupazione per le reiterate violenze nei confronti dei migranti. Per citare solo le ultime violazioni - raccolte dall’ultimo rapporto ([link removed]) di Border Violence Monitoring Network (BVMN) - ci sarebbero “25 testimonianze di respingimenti che hanno avuto un impatto su 557 persone migranti nei Balcani e in Grecia”.
Mentre per l’ECRE, l’aumento del livello di violenza perpetrato dalla polizia ungherese nei confronti delle persone che tentano di attraversare il confine serbo-ungherese desta ulteriori preoccupazioni.
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6. Violenze al confine tra Grecia e Turchia
È bastata una foto pubblicata dal ministro greco Notis Mitarachis il 15 ottobre scorso sul suo account Twitter, per scatenare una nuova crisi diplomatica tra Grecia e Turchia e aprire un nuovo capitolo nelle mai sopite tensioni tra i due Paesi.
“Nel tweet - scrive Giovanni Marenda su MeltingPot ([link removed]) - Mitarachis definiva la Turchia “vergogna della civiltà”, accusando le autorità turche di aver condotto 92 persone al confine greco-turco del nord, costringendole ad attraversare nude il fiume Evros, presumibilmente dopo averle derubate e picchiate”.
Accuse respinte al mittente, con la Turchia che parla di manipolazioni e disonestà ([link removed]) .
Non è la prima volta che le tensioni tra Grecia e Turchia finiscono per strumentalizzare anche i migranti ([link removed]) , mostrando come sia difficile considerare i due Paesi sicuri per chi migra.
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