Per chi migra la via del Mediterraneo centrale è la più facile (oltre che la più rischiosa)
Foto via Twitter/ECRE
Tra respingimenti, mancati soccorsi e indifferenza, nel Mediterraneo centrale continua la spirale di morte che ogni anno inghiotte migliaia di persone. Per la quasi totalità di chi parte, mettersi su una nave è l’unica alternativa praticabile per raggiungere l’Europa.
1. Come le disuguaglianze nella libertà di movimento bloccano il funerale di Alika Ogorchukwu
Il funerale di Alika Ogorchukwu, cittadino nigeriano ucciso a Civitanova Marche il 29 luglio sono state rinviate per l’ennesima volta di un’altra settimana. Il legale della famiglia Ogorchukwu ha spiegato che i visti per i fratelli saranno validi a partire dal 10 settembre.
In un articolo su Rolling Stone, il giornalista Adil Mauro, racconta le difficoltà affrontate dalla famiglia di Ogorchukwu e sottolinea le discriminazioni insite nella libertà di movimento: “La libertà di movimento è un privilegio. Per accorgersene basta dare un’occhiata all’Henley Passport Index [...]. Il passaporto italiano occupa il quarto posto della graduatoria insieme a Finlandia e Lussemburgo con 189 nazioni. Davanti a noi Germania e Spagna (190), Singapore e Corea del Sud (192), Giappone (193). Afghanistan, Siria, Iraq, Pakistan, Somalia e Libia sono invece alcuni dei paesi con i passaporti più “deboli”.
“Non sorprende purtroppo che il tema del viaggio legale sia assente in una campagna elettorale”, afferma Mauro, “dove forze politiche a corto di idee monopolizzano il dibattito sui flussi migratori, invocando improbabili blocchi navali per fermare invasioni inesistenti”.
2. Sull'asilo, l'Europa deve ripristinare lo Stato di diritto
In un articolo per Balkans Insight del giornalista Mattiao Tsimitakis, viene denunciata la totale assenza di tutela dei diritti umani da parte degli stati europei.
“Sull'Evros e nel Mar Egeo, è stato dimostrato che le autorità greche stanno impiegando respingimenti e "drift back" - abbandonando i richiedenti asilo in mare - con effetti mortali. Non sempre salvano vite, come è richiesto [...]. Secondo l'OLAF, che indaga su frodi, corruzione e gravi comportamenti scorretti all'interno delle istituzioni dell'UE, Frontex ha cercato in alcuni casi di nascondere tali tattiche”, commenta Tsimitakis. E ancora “Ad aprile, un rinnovato accordo di sicurezza tra Spagna e Marocco ha dato il via libera a una più aggressiva polizia di frontiera da parte del Marocco, un mese dopo che la Spagna aveva promesso il suo sostegno a un piano marocchino per il futuro del Sahara occidentale, dove un conflitto separatista si trascina da cinque decenni”.
Citando anche l’esempio dell’Inghilterra e delle deportazioni dei migranti verso il Ruanda, fino al razzismo istituzionale che colpisce i rifugiati non ucraini, a cui viene impedito di accedere a forme di protezione, Tsimitakis afferma che lo stato diritto in Europa è completamente assente e che l’Europa è “alla deriva dai valori umanitari”.
3. Squadre specializzate all’estero per fermare le migrazioni
L'UE punta a reprimere ulteriormente l'immigrazione irregolare nelle sue missioni all'estero, impiegando l’uso di "squadre specializzate", riporta il giornalista Nikolaj Nielsen sull’EU Observer.
Tali missioni fanno parte della cosiddetta politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) dell'UE attualmente presente in luoghi come Niger, Libia, Mali, Somalia e Iraq. Le missioni attualmente attive in Sahel e in Libia stanno già bloccando le partenze dei migranti verso l'Europa, così come quelle in Somalia, Iraq e Repubblica Centrafricana si basano sul contrastare le cause che spingono le persone a migrare.
Gli interrogativi sul rispetto dei diritti umani dei migranti rimangono molti, sottolinea Nielsen, dal momento che la politica migratoria dell'UE si basa sulla collaborazione con governi o regimi dispotici.
4. Un altro naufragio nel Mediterraneo
Il numero delle vittime del Mediterraneo continua a crescere, riporta Info Migrants. Mercoledì 7 settembre, la Guardia costiera tunisina ha recuperato altri tre corpi al largo della costa meridionale di Gabes. Le vittime si trovavano su una barca che trasportava altri quindici migranti quando è stata "intercettata" e riportata in Tunisia.
Dall'inizio di quest'anno, più di 1.000 persone sono morte o scomparse nel Mediterraneo centrale nel tentativo di raggiungere l'Europa. L'UE fornisce aiuti economici alla Tunisia, che è paralizzata dal debito. In cambio, il Paese nordafricano ha lo scopo di fermare i migranti in partenza dalle sue coste, impedendo così gli arrivi in Europa.
Nonostante ciò, il numero dei tentativi di attraversamento – e delle sparizioni – di migranti dalla Tunisia continua ad aumentare.
5. Loujin Ahmed Nasif, 4 anni. Morta di indifferenza
La cronaca riporta la morte di un’altra bambina nel Mediterraneo centrale. Loujin Ahmed Nasif aveva quattro anni, di origine siriana, era partita dal Libano con il padre e la sorellina: è morta di sete dopo che il peschereccio sul quale viaggiavano è rimasto alla deriva in mare per 10 giorni. La denuncia del padre: “Le navi sono passate senza soccorrerci”.
6. “Incolpare le madri per la scomparsa dei loro figli è inaccettabile”
Diverse associazioni e ONG, tra cui SOS Mediterranea, chiedono le dimissioni di Vincent Cochetel, inviato speciale dell’UNHCR per il Mediterraneo Occidentale e Centrale.
Su Twitter, Cochetel aveva infatti incolpato le madri di alcuni migranti tunisini che hanno perso la vita nel Mediterraneo nell’ennesimo naufragio, sostenendo inoltre che “perseguirle simbolicamente” potrebbe essere un modo per dissuaderle dall’incoraggiare i propri figli nell’intrapresa del viaggio verso l’Europa.
Nonostante Cochetel si sia poi scusato, le diverse Ong hanno ritenuto irricevibile la sua affermazione: “mentre le madri, profondamente traumatizzate, chiedevano pubblicamente delle risposte, Cochetel le ha insultate ritenendole responsabili della scomparsa dei loro figli”. Inoltre “in considerazione anche degli inaccettabili commenti fatti in passato da Cochetel, riteniamo che questo non sia sufficiente. Chiediamo all’UNHCR di agire e di allontanare il suo inviato speciale o a Cochetel di dimettersi”.
7. Ancora violenze sul confine ungherese
Le autorità ungheresi hanno rasato la testa di un rifugiato marocchino che è stato respinto, insieme ad altri compagni, dall’Ungheria verso la Serbia.
Definito dall’Ong ECRE (Consiglio europeo per i rifugiati) come "metodo umiliante e disumanizzante", l’episodio è stato raccontato da Kikaktiv - Center for Development of Social Policies, una Ong con sede a Belgrado che si occupa della tutela di gruppi vulnerabili. “Secondo la sua testimonianza” riporta Kikaktiv “poco dopo aver attraversato la barriera di confine, la polizia ungherese li ha trovati, li ha radunati e li ha picchiati per alcuni minuti. Li hanno presi a calci e li hanno picchiati con i manganelli. Il primo istinto degli uomini del suo gruppo è stato quello di sdraiarsi per terra e cercare di proteggersi rannicchiandosi. Dopo la violenza fisica, la polizia ha iniziato a portare via i loro effetti personali”.
Nonostante le continue violazioni dei diritti ai confini dell’UE, Kikaktiv non è ottimista su un cambiamento di rotta: “dopo tutti questi anni, siamo [...] inclini a pensare che un tale cambiamento sia difficile da realizzare e che l'Unione Europea difenda i diritti umani solo sulla carta, mentre in realtà si batte per la loro attuazione selettiva – quando e come fa più comodo all’agenda politica dell'UE”.
Il team di Open Migration
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