Nel Mediterraneo si continua a morire
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In un naufragio al largo della Grecia ci sarebbero almeno 50 persone disperse, in un altro avvenuto nelle stesse ore davanti le coste della Tunisia i morti accertati sono per ora 8. Il Mediterraneo centrale e orientale si confermano come due tra le più mortifere rotte dei migranti.
1. Nuovo naufragio al largo della Grecia
Sono circa 50 le persone disperse a seguito di un naufragio al largo delle isole di Karpathos e Rodi dopo essere salpata martedì da Antalya, nel sud della Turchia, diretta in Italia.
"Secondo le dichiarazioni di 29 persone soccorse, c'erano 80 persone sulla barca, quindi mancano fino a 50 persone", ha detto un funzionario dell'ufficio stampa della guardia costiera all'AFP. Migliaia di persone giungono in Grecia dalla Turchia attraverso la stretta e pericolosa traversata marittima che separa i due Paesi. 64 persone sono morte nel Mediterraneo orientale da gennaio, afferma l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM). Otto persone sono morte al largo dell'isola greca di Mykonos il 19 giugno, quando altre 108 sono state salvate, secondo l'organismo di migrazione delle Nazioni Unite.
Intanto, nelle stesse ore, in un altro naufragio al largo della Tunisia si contano almeno 8 morti e una cinquantina di dispersi.
2. Campagna elettorale: ecco le proposte irrealizzabili sulla pelle dei migranti
Le forze politiche di destra, in particolare Fratelli d’Italia, rilanciano la necessità di realizzare un blocco navale per fermare i migranti e servirsi di hotspot da realizzare nel continente africano. Come spiega Eleonora Camilli, su Redattore Sociale, entrambe le proposte sono irrealizzabili.
“Stando all’articolo 42 dello Statuto delle Nazioni Unite il blocco navale non può essere attivato unilateralmente da uno Stato se non nei casi di legittima difesa, e cioè in caso di aggressione o guerra. Il contrasto all’immigrazione non rientra in nessuna delle fattispecie previste e dunque sarebbe illegale. Anzi, potrebbe essere equiparato a un atto di guerra da parte del nostro paese”, riporta Camilli. Mentre per quanto riguarda la creazione di hotspot nei Paesi africani, intervistando Gianfranco Schiavone, membro di Asgi, Camilli riporta: “Questo tipo di proposte hanno tutte un retropensiero non espresso ma evidente: che si possa impedire il diritto di asilo come diritto di accesso individuale al territorio, selezionando i ‘veri rifugiati’ e bloccando le frontiere [...]. Il diritto d’asilo prevede sempre il diritto di accesso al territorio dello Stato in cui si vuole chiedere protezione”.
3. Respingimenti illegali in Lettonia
In una lettera indirizzata al ministro dell'Interno lettone, la commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa (COE), Dunja Mijatović, esprime preoccupazione per le segnalazioni di rifugiati, richiedenti asilo e migranti a cui è stato violentemente impedito di entrare in Lettonia dalla Bielorussia.
“[...] Detenuti in condizioni disumane nella foresta, negato l'accesso alla procedura di asilo, e costretti a firmare dichiarazioni di rimpatrio volontario. Data la gravità delle accuse di cattiva condotta da parte delle guardie di frontiera statali lettoni e delle unità speciali di pattuglia di frontiera, [la commissaria] esorta le autorità lettoni a garantire che un’indagine indipendente e approfondita sia condotta il prima possibile, con conseguente piena responsabilità per eventuali abusi che potrebbero essersi verificati”, ha affermato Mijatović.
4. L'UE continua a trascurare le operazioni di soccorso sulle rotte migratorie marittime
Juan Matìas Gil, che lavora per la ricerca e salvataggio in Medici Senza Frontiere (MSF), denuncia sul Brussels Times l’esaurimento di risorse per effettuare le operazioni di soccorso e la negligenza degli Stati dell’UE a riguardo.
“Le persone che abbiamo salvato ci raccontano delle violenze e delle torture subite. Hanno subito violenze sessuali [...]. E questa non è un'eccezione. Sfortunatamente, queste sono storie che ascoltiamo durante ogni missione”, ha affermato Gil. “Sebbene le organizzazioni di soccorso seguano i principi del diritto marittimo e richiedano il coordinamento per le loro operazioni, le autorità marittime libiche non rispondono quasi mai e, quando lo fanno, tendono a rimandare i sopravvissuti in Libia, che secondo le Nazioni Unite non può essere considerato un luogo sicuro in quanto molti migranti sono tenuti in centri di detenzione dove subiscono sistematicamente abusi” si legge sul Brussels Times.
"La maggior parte delle persone che abbiamo salvato affermano che preferirebbero morire in mare piuttosto che tornare in Libia", ha concluso Gil.
5. Un anno dopo, sono poche le opzioni per gli afghani in fuga dalla fame e dalla persecuzione dei Talebani
Centinaia di migliaia di afghani che tentano di sfuggire alla persecuzione dei Talebani e al collasso economico del Paese devono vedersela anche con la chiusura delle frontiere, l'irrigidimento degli atteggiamenti nei loro confronti e le deportazioni.
“Più del 90% della popolazione afghana soffre di insicurezza alimentare e ogni mese decine di migliaia di bambini necessitano di cure mediche di emergenza a causa della malnutrizione [...]. Le famiglie guidate da donne, che hanno perso il lavoro dopo la presa del potere dei talebani, sono state le più colpite”, riporta il giornalista Mat Nashed sul New Humanitarian. “Secondo l'EUAA, il tasso di approvazione per i richiedenti asilo afghani è sceso al 53% a maggio, il livello più basso da luglio 2021. Ciò si confronta con circa il 97% degli ucraini – coloro che hanno chiesto asilo invece di registrarsi per la protezione temporanea – il 96% dei siriani , e l'80% degli yemeniti nello stesso mese”.
Nashed ha infine sottolineato che gli impegni promossi dai Paesi occidentali per proteggere le persone rifugiate afghane non sono stati mantenuti: “alcuni Stati membri dell'UE, come il Belgio, hanno giustificato la negazione della protezione agli afghani sulla base del fatto che l'Afghanistan non è più colpito da violenze indiscriminate, sebbene l'ONU abbia riscontrato persistenti accuse di uccisioni extragiudiziali, arresti arbitrari, torture e maltrattamenti perpetrati dai talebani”.
6. Un minore non accompagnato è stato ucciso da un poliziotto in Germania
Un agente di polizia ha sparato più volte a un minore non accompagnato di 16 anni - Mouhamed D., proveniente dal Senegal - con un fucile mitragliatore davanti a una struttura per l'assistenza ai giovani nella città tedesca di Dortmund.
Secondo l'ufficio del pubblico ministero, sono stati sparati sei colpi, cinque dei quali hanno colpito l'adolescente, provocandogli ferite allo stomaco, al viso, all'avambraccio e alla spalla. Successivamente è morto in ospedale durante un intervento chirurgico d'urgenza. C'erano 11 agenti di polizia sulla scena quando è stato colpito. L'incidente ha sollevato le proteste che si sono successivamente svolte a Dortmund contro la brutalità della polizia.
7. Ancora respingimenti sul confine bielorusso-polacco
Solo nel mese di luglio oltre 850 persone hanno chiesto aiuto a Grupa Granica, Ong polacca che si occupa di prestare soccorso a migranti e rifugiati sul confine tra Polonia e Bielorussia. “Riceviamo diverse richieste di aiuto ogni giorno. Nell'ultima settimana, oltre 120 persone” ha affermato Aleksandra Chrzanowska di Grupa Granica. La procedura utilizzata dai servizi polacchi non è cambiata. “[I migranti] sono stati trattati brutalmente. Diversi uomini sono stati picchiati, i loro telefoni distrutti e tutti sono stati spinti oltre il recinto”.
Il team di Open Migration
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