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Subject Ripensare la Bossi-Fini a 20 anni dalla sua emanazione
Date July 18, 2022 8:57 AM
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Una legge anacronistica e che nega diritti e dignità ai cittadini stranieri. A 20 anni dalla sua emanazione, la Bossi-Fini mostra tutti i suoi limiti.

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Ripensare la Bossi-Fini a 20 anni dalla sua emanazione


Foto via Twitter/AboubakarSoumahoro ([link removed])

Una legge anacronistica, che affronta il tema della migrazione in maniera emergenziale e che nega diritti e dignità ai cittadini stranieri. A 20 anni dalla sua emanazione, la Bossi-Fini mostra tutti i suoi limiti. Una conferenza al Senato tra organizzazioni di settore, sindacati e lavoratori stranieri ha provato a fare il punto della situazione.

1. Bossi-Fini, una legge da superare

Il 14 luglio, al Senato, si è tenuta una conferenza, organizzata dalla campagna Ero Straniero, sulla legge Bossi-Fini per analizzarne i risultati a 20 anni dalla sua emanazione.
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“La Bossi-Fini è anacronistica e ha generato difficoltà per i datori di lavoro e per i lavoratori stranieri, troppo spesso vittime di caporalato e sfruttamento. È ora di uscire dalla logica emergenziale e di ridare dignità e diritti alle persone” ha affermato Hardeep Kaur, sindacalista della FLAI-Cgil. L’approccio emergenziale alle migrazioni è stato uno degli elementi emersi durante il convegno: “Solo 105.000 permessi di soggiorno in via di rilascio contro le oltre 207.000 domande di emersione presentate in occasione della regolarizzazione straordinaria del 2020; decine di migliaia di pratiche ancora da finalizzare; oltre 220.000 richieste di ingresso presentate in poche ore dai datori di lavoro, a fronte delle 70.000 quote per lavoratori e lavoratrici previste dal decreto flussi 2021: sono solo alcuni dei dati che palesano l’inefficacia della legge in tema di inserimento lavorativo dei/delle cittadini/e di origine straniera” riporta
([link removed]) Action Aid.
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La legge Bossi-Fini ha di fatto reso impossibile per le persone straniere poter lavorare legalmente e in sicurezza in Italia, le sanatorie non bastano: “Manca una gestione dei flussi migratori da effettuare dopo la regolarizzazione, in modo da non rendere più la ‘sanatoria’ necessaria”, ha affermato la ricercatrice della Fondazione Moressa Chiara Tronchin.
2. Poca trasparenza e controlli assenti sui fondi per l’Africa

In un nuovo rapporto ([link removed]) l’Asgi ha denunciato la mancanza di garanzie e controlli esercitati dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale sulle attività svolte dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni in Libia - in particolare sul progetto Comprehensive and multi-sectoral action plan in response to the migration crisis in Libya - con le risorse pubbliche.

“Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale ha elargito in favore dell’OIM un contributo di 18 milioni di euro provenienti dal Fondo Africa per la realizzazione di un progetto in Libia. OIM a seguito della sua attività ha rendicontato in modo del tutto generico e senza nessuna informazione di dettaglio le spese sostenute, tuttavia il MAECI ha fatto sapere che non era in possesso di documentazione aggiuntiva e non riteneva di dover esercitare un controllo ulteriore, in quanto l’organizzazione internazionale destinataria dei fondi non era tenuta a fornire indicazioni aggiuntive” si legge nel rapporto.

“Il Ministero degli Affari Esteri non effettua nessun genere di controllo sull’utilizzo dei fondi pubblici dati ad OIM, accontentandosi di report finanziari estremamente generici e lacunosi, violando i propri doveri di controllo sulla gestione delle risorse pubbliche. La mancata richiesta di garanzie da parte del MAECI prima dell’utilizzo del finanziamento e l’assenza di controllo a seguito dell’impiego, rischiando così uno sviamento dei fondi pubblici”, conclude l’Asgi.
3. I provvedimenti per rispondere al COVID-19 non hanno protetto i diritti dei rifugiati

Il rapporto ([link removed]) Joint evaluation of the protection of the rights of refugees during the COVID-19 pandemic, redatto dall'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati UNHCR e dal Comitato di assistenza allo sviluppo (DAC) dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), ha evidenziato come la risposta internazionale al COVID-19 non è riuscita a garantire i diritti dei rifugiati.

Il rapporto ha evidenziato che le conseguenze più gravi della pandemia per richiedenti asilo e rifugiati siano state le limitazioni adottate da molti Stati atte a negare i diritti di accesso al territorio e di conseguenza all’asilo. Queste misure, volte a tutelare la salute pubblica, hanno spesso portato a rimpatri forzati in situazioni di pericolo e in violazione del diritto internazionale, hanno riscontrato le organizzazioni. Inoltre, il rapporto evidenzia come la risposta degli Stati sia stata ampiamente inadeguata per mitigare i crescenti rischi affrontati dai rifugiati, dalla violenza di genere al peggioramento della disuguaglianza nell'istruzione, dalla protezione dei minori alla crescente xenofobia e alla scarsità di vaccini.

"Questa valutazione illustra l'entità del danno. Mostra prove evidenti che la pandemia è stata utilizzata per giustificare misure restrittive lesive dei diritti dei rifugiati. A distanza di oltre due anni, alcune di queste politiche e pratiche preoccupanti rimangono in vigore", ha affermato Gillian Triggs dell’Alto Commissariato per i rifugiati.
4. In Grecia ancora violenze ai danni dei migranti

Il centro di ricerca indipendente Forensic Architecture ha pubblicato un’indagine sui respingimenti illegali che avvengono giornalmente nel Mar Egeo.
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“Per più di un decennio, migranti e rifugiati che attraversano il mare dalla Turchia alla Grecia hanno subito violenze eclatanti e ben documentate alla frontiera sud-orientale dell'UE, tra cui detenzione forzata, arresti arbitrari, percosse e non assistenza”, affermano ([link removed]) i ricercatori. Oltre ai pushback, l’indagine evidenzia anche l’abuso dei cosiddetti drift-back, ossia la pratica di abbandonare i richiedenti asilo in mare. Si tratta di una pratica ormai diventata routine che provoca spesso ferite e annegamenti. Oggi, la portata e la gravità di questo modus operandi continuano ad aumentare, con drift-back segnalati dalla costa della Grecia continentale fino a Creta.

Nell’indagine viene anche sottolineato come Frontex sia stata coinvolta in almeno 122 casi di drift-back, 3 dei quali sarebbero avvenuti in presenza anche di una nave da guerra NATO tedesca, la FGS Berlin ([link removed]) .
“I drift-back sono manifestamente illegali e contravvengono ai protocolli internazionali, compresi i diritti inalienabili di richiedere asilo e di cercare soccorso in mare”, ricordano gli autori della ricerca.

5. Intanto l’indagine sulla strage di Melilla va avanti

Un'indagine del Consiglio nazionale per i diritti umani del Marocco sostiene che gli agenti spagnoli avrebbero abusato della violenza e non avrebbero assistito i feriti che stavano saltando o cadendo dalla recinzione dell’enclave spagnola di Melilla, riporta ([link removed]) El Diario.
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Si tratta di una delle conclusioni preliminari del Consiglio Nazionale, organismo statale, che mercoledì a Rabat ha presentato un rapporto sulla tragedia di Melilla dopo aver inviato una commissione esplorativa a Nador e dintorni per indagare sull'accaduto. “Sulla base di una serie di testimonianze, in particolare quelle di Ong, la commissione invoca l'ipotesi della violenza oltre il recinto, per [...] esitazioni delle autorità spagnole nel prestare soccorso e assistenza nonostante la fuga precipitosa e la grande calca di migranti presso la porte metalliche girevoli [...] che sono rimaste ermeticamente chiuse, il che ha portato ad un aumento di feriti e morti”, ha affermato la presidente del Consiglio Amina Bouayach in una conferenza stampa a Rabat.

Anche Dunja Mijatovic, la commissaria per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, ha sollecitato la Spagna ([link removed]) a indagare sulle circostanze delle morti e delle violenze al confine di Melilla.

6. Diritti rimandati ancora una volta: la riforma di cittadinanza slitta a settembre

Migliaia di persone italiane de facto dovranno aspettare ancora per vedere riconosciuti i propri diritti: la discussione sullo ius scholae è stata ancora posticipata.
“La legge che consentirebbe ai ragazzi figli di immigrati ma nati o cresciuti in Italia di diventare cittadini italiani a tutti gli effetti dopo un ciclo di cinque anni di studio, rischia di slittare a settembre” riporta ([link removed]) la Repubbica. Intanto, la giornalista Eleonora Camilli racconta su L’Essenziale la realtà ([link removed]) delle persone italiane senza cittadinanza, sviscerando il razzismo istituzionale italiano.
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