Frontiere militarizzate, arresti e deportazioni: la ricetta europea per fermare i migranti
Mentre nel Regno Unito cominciano le prime deportazioni di richiedenti asilo verso l’Uganda, i ministri degli interni degli stati costieri riuniti a Venezia per il Med5 chiedono di fermare le partenze, espellere gli irregolari e ridistribuire tra gli altri paesi membri chi ha diritto a rimanere.
1. La storia di Blessing Matthew, e la militarizzazione della frontiera italo-francese
Il 9 maggio 2018 il corpo di una giovane donna di origine africana è stato ritrovato nel fiume Durance, un piccolo villaggio nel comune di Saint-Martin-de-Queyrières, a valle di Briançon, nelle Hautes-Alpes francesi.
La giovane si chiamava Blessing Matthew, era una cittadina nigeriana di 21 anni, e sul suo caso è stata aperta un’indagine, senza che si sia riusciti ad accertare le circostanze del decesso né le eventuali responsabilità.
Partendo proprio dal suo caso, un'inchiesta di Tous migrants e Borders Forensics riaccende i riflettori sulla militarizzazione delle Alpi per fermare i migranti. Dal 2015 - come ci ricorda Eleonora Camilli su Redattore Sociale - si contano almeno 87 vittime (47 sul confine franco-italiano)
2. Arrestare ed espellere: la ricetta mediterranea per l’immigrazione non è per niente originale
Dopo Atene e Malaga, il Med5 sbarca a Venezia: obiettivo dichiarato, portare con un’unica voce le richieste dei paesi costieri nel negoziato per il Nuovo patto europeo sulla migrazione e l’asilo, cioè il documento programmatico con cui la Commissione stabilisce le linee guida sulle politiche migratorie dei prossimi anni.
Ma, ricorda Giansandro Merli sul Manifesto, “nella conferenza stampa finale nessun intervento ha fatto cenno ai migranti in quanto soggetti titolari di diritti. Al centro solo le esigenze degli Stati costieri di fermare le partenze, espellere gli irregolari e ridistribuire tra gli altri paesi membri chi sbarca e ha diritto a rimanere. La richiesta è che, come per i profughi ucraini ma con esiti ben diversi, si stabilisca una responsabilità comune europea anche su chi arriva dal mare”.
3. Cominciano le prime deportazioni dal Regno Unito verso il Ruanda
“Priti Patel ha annunciato che il primo volo di espulsione verso il Ruanda con a bordo persone arrivate nel Regno Unito senza autorizzazione dovrebbe partire il 14 giugno”.
A riportarlo è il Guardian, che racconta come a un gruppo di richiedenti asilo sia stato inviato un avviso formale dal Ministero dell'Interno che li avvertiva che sarebbero stati trasferiti nel paese dell'Africa orientale. Rimangono pochi dettagli sul numero di persone che dovrebbero essere trasferite in Ruanda con questo primo volo e su come siano state identificate. I funzionari hanno affermato che le persone destinate a essere deportate erano già state poste in detenzione.
Gli attivisti hanno lanciato l'allarme sulla mancanza dell’accesso alla consulenza legale e all’assistenza psicologica delle persone soggette a deportazione. Un uomo afgano che è arrivato nel Regno Unito da bambino ha detto all'Independent di aver cercato di togliersi la vita dopo che gli era stato detto che avrebbe dovuto affrontare la deportazione in Ruanda.
4. I rifugiati curdi in sciopero della fame sul confine polacco
Dieci richiedenti asilo curdi in Polonia si rifiutano di mangiare da tre settimane di fila per protestare contro quelle che hanno descritto come condizioni carcerarie e procedure di asilo lente.
"Lo sciopero è iniziato il 4 maggio", ha detto Dagmara Bielec, portavoce della guardia di frontiera polacca, aggiungendo che i sei iracheni e quattro turchi hanno chiesto asilo e si trovano in un centro di accoglienza per immigrazione a Lesznowola, vicino alla capitale Varsavia. Inoltre: “il personale del centro ha continuato a parlare agli scioperanti delle loro condizioni e situazione legale, in particolare cercando di convincerli ad abbandonare lo sciopero della fame, ma senza successo".
Gli attivisti per i diritti umani hanno condannato la rigida risposta della Polonia – che ha costruito un recinto di filo spinato e continua a respingere sistematicamente migranti –, sottolineando come, allo stesso tempo, il Paese abbia però accolto i rifugiati di guerra ucraini a braccia aperte.
5. I corridoi umanitari dall'Afghanistan sono bloccati
La mancanza della macchina per prendere le impronte digitali nell’ambasciata italiana in Afghanistan sta bloccando da mesi la partenza di migliaia di rifugiati.
Da mesi si è, infatti, in attesa dello strumento (costo stimato di diecimila euro), ma intanto i visti di migliaia di richiedenti asilo rischiano di scadere e si teme per la loro vita.
Sulla vicenda è intervenuto anche Filippo Miraglia - responsabile immigrazione di Arci, che con Caritas Italiana, Comunità di Sant’Egidio, Fcei/Tavola Valdese, Inmp, Iom e Unhcr, aveva firmato con il Viminale e con la Farnesina il protocollo per il corridoio umanitario: “Noi ci siamo impegnati ora deve attivarsi il Governo. È assurdo che quando si tratta di fermare i migranti si spendano milioni, come negli accordi con la Guardia costiera libica. Quando, invece, si parla di vie legali e sicure si sollevano mille problemi e mille scuse”.
6. Che fine hanno fatto i rifugiati afghani accolti in Albania?
A proposito di Afghanistan, quando dopo il ritiro delle truppe occidentali da Kabul nell'estate del 2021 e la presa di controllo da parte dei Talebani, migliaia di persone avevano abbandonato il Paese, l'Albania era stata uno dei pochi Paesi a farsi avanti per accoglierli, fornendo loro riparo, cibo e aiuti - ne avevamo parlato in questo pezzo di Elira Kadriu.
Secondo gli accordi, l’Albania li avrebbe riconosciuti con lo status di protezione temporanea in attesa che gli Stati Uniti concedessero loro il visto.
Cosa ne è di loro un anno dopo? Secondo la denuncia del sito albanese Exit, sarebbero ancora negli alberghi in attesa di visti Usa, a rischio sfratto e senza assistenza.
7. La Spagna potrebbe accogliere i migranti in fuga dall’America Latina
La Spagna sarebbe pronta a firmare un accordo con gli Usa per accogliere rifugiati dall'America Latina, il Canada sarebbe pronto invece ad aprire le porte agli haitiani.
“Due passi di grande significato politico - secondo Paolo Mastrolilli che ne dà notizia su La Repubblica - che però hanno anche un importante valore pratico soprattutto per noi europei, italiani inclusi. Madrid infatti ha accettato l'operazione perché ha bisogno di lavoratori, soprattutto nel settore dell'edilizia, per non perdere i fondi offerti dall'Unione Europea dopo la crisi economica provocata dalla pandemia di Covid”.
Il team di Open Migration
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