Anche oggi la concorrenza domani
Ieri il Senato ha approvato in prima lettura il disegno di legge sulla concorrenza. Dopo settimane di negoziati intensi, il governo è finalmente riuscito a mettere d'accordo le forze politiche su un testo condiviso. Potrà così presentarsi all'appuntamento con la Commissione europea con le carte in regola per reclamare la prossima tranche di pagamenti per il Pnrr. Naturalmente, questo è solo il primo passo verso l'approvazione definitiva ma la sensazione è che il terreno sia stato sminato. La Camera potrebbe introdurre ulteriori modifiche e richiedere un terzo passaggio a Palazzo Madama: difficilmente questo porterà a un insabbiamento del provvedimento.
Se, dunque, l'esecutivo porta a casa un obiettivo formale, la domanda è quali conseguenze sostanziali ne deriveranno. Nell'immediato, molto poche: ci sono alcune misure significative all'interno del ddl, per esempio in relazione alle gare per l'idroelettrico, alla distribuzione locale gas e alla sanità. Esse potranno produrre miglioramenti più o meno significativi in tali ambiti, anche se è tutto da vedere come verranno concretamente recepite in pratica. Inoltre, come abbiamo già rilevato, il governo sembra spesso temere le conseguenze del suo stesso disegno di legge, tanto che chiude a suon di golden power quel mercato che sta aprendo via ddl concorrenza. Alcune misure previste nel ddl rischiano invece di avere un impatto negativo sulla concorrenza: il provvedimento amplia i poteri dell'Antitrust soprattutto per quanto riguarda i mercati digitali, con l'obiettivo esplicito di colpire le grandi piattaforme. Se questo vada nell'interesse dei consumatori o dei competitor incapaci di tenere il passo, lo diranno i fatti ma non è difficile immaginare come andrà a finire.
C'è poi un altro aspetto. Le parti più sostanziali del ddl concorrenza - non solo i balneari di cui tanto si è parlato ma anche il trasporto pubblico non di linea e soprattutto i servizi pubblici locali - non sono immediatamente applicative. Hanno la natura di deleghe al governo a scrivere riforme di ampio respiro, sulla base di criteri direttivi spesso assai vaghi. Richiedono il concerto di numerosi ministri e, in alcuni casi, anche delle regioni. Dove c'erano degli angoli, sono stati smussati: esemplare il caso dei servizi pubblici locali, dove l'affidamento tramite gara da obbligo è diventato una specie di raccomandazione di massima. È credibile che, per giunta sotto elezioni, ne usciranno quegli interventi ambiziosi che la Commissione Ue dice di pretendere? Sta forse qui l'aspetto più interessante. In teoria, per sbloccare i fondi i contenuti del ddl devono essere non solo approvati formalmente, ma interamente attuati entro la fine dell'anno. Il governo avrà la forza di tenere la barra dritta? E, in caso contrario, Bruxelles avrà l'autorevolezza di bloccare i soldi? Se almeno una di queste due evenienze si verificherà, si potrà dire che il Pnrr ha funzionato.
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