Quando accogliere diventa possibile oltre che necessario
Nelle scorse settimane vi abbiamo raccontato la guerra in Ucraina tentando di coprire quanti più aspetti e sfaccettature possibili nel variegato mondo di chi ha deciso di scappare dalla violenza.
Oggi continuiamo questo racconto coprendo una rotta un po' insolita, quella che parte dalla periferia di Kiev e arriva a Tijuana per finire a San Diego negli Stati Uniti. È la storia di Inna Zalutska e sua figlia Yevheniia, richiedenti asilo negli Usa grazie alle aperture dell'amministrazione Biden per i profughi provenienti dall'Ucraina. Un trattamento che stona con quello riservato alle persone provenienti dal Centro America e che ci permette di sottolineare come accogliere diventa possibile, oltre che necessario, quando c'è la volontà di farlo.
Chiudiamo con uno sguardo sull'attualità. Continuano gli appelli per liberare i migranti trattenuti nei centri di detenzione ucraini, in Grecia i migranti vengono usati per fare il “lavoro sporco”, ancora un naufragio nel Mediterraneo. Questo e molto altro nella nostra ultima rassegna web.
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Il team di Open Migration
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Cresce a sorpresa il numero di rifugiati ucraini che chiedono asilo negli Usa entrando dal confine con il Messico. Per loro sembra siano lontani i muri, gli arresti, le deportazioni e le separazioni di genitori e figli con cui gli Usa hanno risposto alle carovane di migranti dal Centro America in questi anni.
Dai confini dell’Ucraina, al Mediterraneo centrale, passando per la rotta alpina. Quella trascorsa è stata ancora una settimana durissima per i migranti che hanno tentato di raggiungere l’Europa.