Le lavoratrici migranti del settore agricolo sono vittime due volte: del sistema del caporalato e a della violenza maschile.
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Le donne migranti sono le più sfruttate tra gli sfruttati nel settore agricolo
Foto copertina via Twitter/AltrEconomia ([link removed]) .
Le lavoratrici migranti del settore agricolo sono vittime due volte: del sistema del caporalato che le sfrutta nei campi, ma troppo spesso anche della violenza maschile come ci racconta un’inchiesta dall’Agro Pontino. Questo e molto altro nella rassegna di questa settimana.
1. Il sistema del caporalato e le donne: le più sfruttate tra gli sfruttati
Nel nostro paese si contano circa 450 mila lavoratori sfruttati dal sistema del caporalato, che vivono in condizioni di grave vulnerabilità sociale, costretti ad accettare logiche disumane di prevaricazione.
Ma sono soprattutto le donne a subire maggiormente i soprusi. Come emerge in una recente indagine sullo sfruttamento delle braccianti ([link removed]) agricole nel sud pontino, per cui la condizione di grave sofferenza e sfruttamento lavorativo è spesso aggravata dalla violenza sessuale. Come denuncia l’associazione Tempi Moderni con il progetto ‘Dignità-Joban Singh’ ([link removed]) , le denunce delle lavoratrici immigrate rappresentano il 60% in meno rispetto ai connazionali uomini. Sintomo di un sistema patriarcale che scoraggia le donne a sporgere denuncia.
Lo racconta in questo approfondimento di Valigia blu, Angela Falconieri ([link removed]) .
2. Centri d’Italia e la mappatura dell’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati
Si chiama Centri d’Italia, mappe dell’accoglienza, la nuova piattaforma web realizzata da Openpolis e ActionAid. Si tratta di una mappatura dettagliata – attraverso un sito web facilmente utilizzabile e liberamente accessibile – di tutti i centri di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo del paese.
“Centri d’Italia rappresenta una tappa fondamentale nel percorso che abbiamo avviato insieme ad ActionAid anni fa, e che si pone l’obiettivo di fornire elementi necessari alla valutazione delle politiche pubbliche sull’accoglienza, e di conseguenza al miglioramento delle condizioni di vita delle persone ospitate. Un cammino fatto di dati, analisi e riflessioni che, in ultima istanza, vuole porre l’attenzione sul tema dell’inclusione sociale, a vantaggio dell’intera comunità”, viene spiegato su Openopolis.
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3. Un nuovo disegno di legge discriminatorio potrebbe mettere a rischio la protezione delle donne rifugiate
Un clausola aggiunta dal Governo inglese - e inserita di nascosto nella legge sulla nazionalità e sui confini - potrebbe impedire alle donne in fuga da stupri, matrimoni forzati, tratta o mutilazioni genitali femminili di assicurarsi lo status di rifugiate.
Lo riporta il Guardian ([link removed]) , secondo cui la clausola potrebbe cambiare il modo in cui viene interpretata la convenzione ONU sui rifugiati del 1951, un cambiamento che colpirebbe in modo sproporzionato le donne e le ragazze. Per la direttrice dell'organizzazione Women for Refugee Women Alphonsine Kabagabo ha dichiarato che “La legge del governo sulla nazionalità e sui confini è la più grande minaccia che abbiamo mai visto per le donne che chiedono di accedere allo status di rifugiate nel Regno Unito. Il disegno di legge è pericoloso e discriminatorio”.
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4. Oxfam: almeno 1 milione di sfollati in Yemen
Ad un anno dall’intensificarsi degli scontri per la conquista del governatorato di Marib in Yemen, la situazione umanitaria nell'area è fuori controllo e si contano almeno 1 milione di sfollati.
Lo dichiara Oxfam Italia, per cui "l'acuirsi del conflitto, dallo scorso febbraio, ha già costretto oltre 100 mila persone ad abbandonare le proprie case, per cercare scampo dagli attacchi che continuano a colpire obiettivi civili: 43 solo a gennaio, oltre un quinto degli attacchi totali nell'ultimo anno".
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Ad oggi il governatorato di Marib conta circa 150 campi profughi, tra quelli informali e quelli ufficiali, in cui vivono quasi 2 milioni di profughi.
Oxfam ha lanciato un appello alla comunità internazionale affinché vengano prese misure urgenti per porre fine a tale massacro, chiedendo un immediato cessate il fuoco.
5. Il cortocircuito del green pass per i migranti senza documenti
Preoccupazione ([link removed]) per le nuove regole che richiedono a chi accede presso tutti gli uffici pubblici di avere un green pass.
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Nonostante il diritto di chiedere asilo sia inalienabile, diverse ong che si occupano dei diritti umani delle persone migranti, hanno fatto notare che le procedure per la formalizzazione della richiesta di asilo passano infatti per la questura - ufficio pubblico a cui non si può accedere senza green pass. Avere il green pass per una persona priva di documenti, significa innanzitutto poter avere l’accesso alla STP (Tessera sanitaria temporanea per stranieri), che permette di ottenere cure urgenti - tra cui il vaccino. Tuttavia per ottenere la STP occorre un documento di identità, una dichiarazione di difficoltà economiche e una dichiarazione che attesti che la persona interessata non può iscriversi al servizio sanitario regionale perché non ha ancora accesso all'assicurazione sanitaria statale.
Ottenuta la tessera è possibile vaccinarsi per poi ottenere il green pass, tuttavia come sottolinea Gianfranco Schiavone - coordinatore in tema di asilo per l’Asgi - alcuni uffici pubblici che registrano persone per STP potrebbero iniziare ad applicare la regola secondo cui è necessario in primo luogo un green pass per entrare in ufficio, spingendo così i migranti privi di documenti in un circolo vizioso.
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6. Il sistema UE divide i migranti afghani in maniera “classista”
L'arrivo di migliaia di persone rifugiate da Kabul ha reso evidente il doppio standard presente della politica migratoria dell'UE
Molti di coloro che sono stati trasportati in aereo verso i Paesi dell’Unione Europea, viene sottolineato dalla giornalista Matina Stevis-Gridneff sul New York Times, fanno parte delle élite afghane. Tuttavia vi è una discriminante che separa le persone rifugiate “meritevoli” da quelle che puntualmente vengono respinte violentemente sulla frontiera ([link removed]) , sebbene fuggano da un simile pericolo. Come spiega Stevis-Gridneff, mentre la maggior parte delle espulsioni di afghani dall'Unione Europea si è interrotta negli ultimi mesi, quest’ultima ha cercato di scoraggiare le persone afghane “comuni” dal venire e sta pagando i paesi vicini centinaia di milioni di dollari per ospitare i rifugiati in fuga, nel tentativo di dissuaderli dallo spostarsi verso l'Europa.
A questi afghani di “serie B” spetta una sorte diversa: la maggior parte di loro viaggia attraverso l'Asia fino alla Turchia e arriva in Grecia, spesso subendo le violenze dei trafficanti. Se riescono a presentare richieste di asilo, devono aspettare anni in un limbo legale prima che le loro richieste vengano valutate.
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7. A Bologna la Prefettura espelle migranti dai centri di accoglienza
Il Coordinamento Migranti denuncia la revoca delle misure di accoglienza della Prefettura di Bologna ([link removed]) . Durante i mesi più duri del lockdown, a marzo 2020, lavoratori e lavoratrici migranti avevano lavorato all’interporto di Bologna per fornire cibo ai supermercati e rispondere all’aumento degli ordini in un’Italia chiusa in casa dalla pandemia.
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Nei giorni scorsi alcuni di questi, ancora impegnati nello smistamento dei pacchi, hanno ricevuto un foglio d’espulsione dal centro d’accoglienza dove vivono, con richieste di risarcimento che raggiungono anche i 20mila euro. “Questi migranti”, spiega ([link removed]) il Coordinamento, “hanno guadagnato in un anno più dell’ammontare dell’assegno sociale, ovvero più di 5900 euro, e secondo i regolamenti devono uscire dai circuiti dell’accoglienza”. Non solo. A queste persone la Prefettura ha presentato il conto dei mesi passati nel centro. E quindi oltre alla revoca dell’accoglienza, viene chiesto “il pagamento della somma equivalente ai costi sostenuti per le misure di cui hanno indebitamente usufruito”.
Un paradosso se si considera che alcuni di quei richiedenti asilo ora non lavorano più e quindi potrebbero trovarsi senza un posto dove dormire.
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