ESG, Attenzione ai rischi di una regolamentazione vaga e incessante
È finita l'epoca dello shareholder capitalism?
L'obiettivo dell'impresa non può che essere quello del profitto, nel rispetto delle norme e di tutti i fattori che ne caratterizzano la buona gestione, inclusi quelli noti sotto l'acronimo ESG (Environmental, Social, Governance). Lo sostiene Federico Riganti, fellow dell'Istituto Bruno Leoni, nel Focus "Se non per un profitto, perché mai? Brevissime note in tema di interesse sociale, sostenibilità e fattori ESG" (PDF).
Scrive Riganti: "non può dunque che essere rimarcata l'importanza del profitto da intendersi quale fine ultimo di un'attività di impresa anche - e ancor più - sostenibile. Questa, in particolare, dovrà necessariamente essere gestita, anche al fine di una maggiore utilità economica, nel rispetto di determinati presidi esterni - quali i fattori ESG, che attengono quindi alla modalità, oltreché al fine, dell'attività in questione - posti a tutela degli interessi degli stakeholders. Tale tutela, tuttavia, deve ad oggi (e in futuro) essere predisposta non già attraverso formule "nebulose" e principi di difficile attuazione, bensì grazie al ricorso a un adeguato framework normativo e regolamentare innanzitutto in capo allo Stato e che, se realmente efficiente, sarebbe da solo in grado di evitare conseguenze (rectius: esternalità) negative per i terzi, a prescindere, così come deve essere, dal fatto che siano le società, per il tramite dei loro amministratori, a prendersene cura.
Il Focus "Se non per un profitto, perché mai? Brevissime note in tema di interesse sociale, sostenibilità e fattori ESG" di Federico Riganti è liberamente disponibile qui (PDF).