Superbonus: quando il troppo stroppia
Equità fiscale ed efficienza energetica non sono il vero obiettivo dell'intervento
La legge di bilancio è l'atto più importante della politica economica di un governo. Essa dice quali sono le leve che l'esecutivo intende attivare e quali obiettivi vuole perseguire. Il provvedimento attualmente in discussione dà una chiara indicazione per il 2022: praticamente, non c'è voce di spesa che non sia stata confermata e, se del caso, ampliata.
Uno dei casi forse più clamorosi è quello del superbonus, che riconosce un'aliquota del 110 per cento a favore delle spese sostenute per migliorare le prestazioni energetiche o antisismiche degli edifici. L'obiettivo dello strumento non è in discussione: la riduzione dei consumi per il riscaldamento e il raffrescamento degli immobili è indispensabile per conseguire l'abbattimento delle emissioni di CO2 secondo quanto concordato in sede europea. È, però, davvero curioso che si sia scelto di farlo con un bonus tanto generoso che, secondo l'Ufficio parlamentare di bilancio, infliggerà all'erario una spesa di oltre 30 miliardi di euro.
Nella sostanza, è come se la collettività dovesse sostenere interamente il costo degli interventi. Ciò ignora, anzitutto, che essi non solo concorrono a un risultato di interesse generale, ma anche (e soprattutto) producono un beneficio privato: i minori consumi energetici si tradurranno in minori spese per i proprietari degli immobili e, dunque, in maggiore reddito disponibile (e maggior valore degli stessi). Ancora più importante, la proroga della misura tal quale sembra del tutto trascurare l'esperienza maturata durante il suo primo anno di applicazione: essa ha contribuito a gonfiare i prezzi dei lavori, alimentando l'inflazione e lasciando il campo libero a truffe di ogni tipo (l'Agenzia delle entrate ha già contestato frodi per un controvalore complessivo attorno al miliardo di euro).
Ma c'è un altro paradosso: poche settimane fa il paese si è accapigliato attorno alla bizzarra proposta di un contributo di solidarietà a carico dei contribuenti con reddito superiore ai 75 mila euro, con l'unico obiettivo di eliminare ogni vantaggio della riforma fiscale. I nostri Robin Hood non si sono però accorti che la più rilevante manovra fiscale in atto, quella appunto del bonus, avvantaggia proprio le classi di reddito più elevate. Non a caso una frazione rilevante dei lavori riguarda villette indipendenti, mentre gli immobili meno efficienti dal punto di vista energetico sono i condomini nei quartieri a basso reddito.
Il governo è ancora in tempo per rivedere questa scelta, concentrando le risorse sui condomini, riducendo l'aliquota ben al di sotto del 100 per cento e prevedendo eventualmente un aiuto aggiuntivo per le famiglie a basso reddito. Se non lo fa, dovrebbe almeno avere il coraggio di dichiarare il reale obiettivo dell'intervento, che non è né l'equità fiscale né l'efficienza energetica.
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