Legge di bilancio: tante mance senza un progetto
Una strategia di politica economica puramente opportunistica
Se qualcuno si aspettava una legge di bilancio coraggiosa, dovrà rassegnarsi: nella redazione del suo atto più importante, il governo sembra aver scelto di interpretare un mero ruolo notarile. Ha dato a ciascun partito qualcosa di quello che chiedeva, lasciandoli tutti con un po' di amaro in bocca, e cercando di rendere questo incastro tecnicamente sostenibile. Ma manca sia un senso di marcia, sia una razionalità, sia - soprattutto - il senso dell'emergenza che dovrebbe contrassegnare il provvedimento. Mai come oggi, infatti, il paese si è trovato in un fragile equilibrio tra i postumi della recessione dell'anno scorso (non ancora pienamente riassorbita), il ritorno dell'inflazione, e l'incapacità di fare i conti con una stagnazione pluridecennale.
La legge di bilancio, insomma, cerca di fare ordine tra le richieste della maggioranza, ma non fa ordine nel paese. Così, propone
una riforma fiscale priva di ambizioni e metodologicamente discutibile; ammorbidisce l'uscita da Quota 100 per mezzo di Quota 102; rifinanzia il reddito di cittadinanza smussandone gli spigoli più acuti, ma senza mettervi mano in profondità; ripropone, con poche modifiche, i bonus edilizi più generosi al mondo. Tutto ciò senza alcun riguardo ai vincoli di bilancio, come peraltro l'esecutivo aveva già lasciato intendere due mesi fa con la Nota di aggiornamento al Def. Sicché, passa quasi inosservato il livello record che quest'anno raggiungeranno la spesa pubblica (prevista sopra i mille miliardi di euro), il deficit (ancora superiore al 9 per cento del Pil) e il debito (153,5 per cento del Pil).
Forse il governo confida nel combinato disposto tra una crescita che pare vigorosa (ma sembra più un rimbalzo che una ripresa) e un'inflazione che potrebbe alleggerire il peso del debito pubblico (ma rischia di azzoppare la crescita stessa). Il problema è che la strategia di politica economica sottostante è puramente opportunistica: non persegue alcun obiettivo di lungo termine e si limita ad approfittare della situazione. A renderla ancora più grave è il fatto che l'Italia è tra i pochissimi Stati membri dell'Unione europea che ha chiesto per intero non solo i trasferimenti a fondo perduto, ma anche i prestiti di Next Generation EU: e, dunque, si candida a essere il paese con la massima spesa senza un percorso discernibile per alzare il potenziale di crescita del Pil.
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