In un nuovo reportage del New Yorker emergono tutte le violazioni dei diritti umani causati dal sistema di immigrazione realizzato dall’Ue
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“Il muro invisibile” che tiene i migranti fuori dall'Europa
Foto copertina via Sea Watch International/Twitter ([link removed]) .
In un nuovo reportage del New Yorker emergono tutte le violazioni dei diritti umani causati dal sistema di immigrazione realizzato dall’Ue; sul canale della Manica continuano a morire persone che tentano di raggiungere il Regno Unito; la nuova campagna Passaporti denuncia le disuguaglianze dell’attuale sistema di mobilità internazionale.
1. Diritti umani negati e disumanità in Libia
In un reportage ([link removed]) del New Yorker, il giornalista Ian Urbina, gestore dell’organizzazione no-profit Outlaw Ocean Project, recatosi in Libia, ripercorre la storia di Aliou Candé un giovane della Guinea-Bissau morto in una prigione di Tripoli dopo mesi di tentativi di raggiungere l'Europa. La sua storia è purtroppo l’esempio più limpido delle politiche migratorie disumane messe in atto da quest’ultima.
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Come è già noto, spiega Urbina, l'Ue ha creato un sistema di immigrazione ([link removed]) ombra che cattura le persone migranti prima che raggiungano le sue coste, per poi mandarle nei brutali centri di detenzione libici gestiti dalle milizie. Le agenzie di aiuto internazionali hanno documentato una serie di abusi: detenuti torturati con scosse elettriche, bambini stuprati dalle guardie, estorsioni per ottenere un riscatto dalle famiglie, uomini e donne venduti come schiavi. “L'Unione Europea ha fatto qualcosa che ha [...] pianificato per molti anni”, ha detto Salah Marghani, ex ministro della Giustizia libico in carica dal 2012 al 2014, al giornalista, "creare un inferno in Libia, con l'idea di dissuadere le persone dal dirigersi verso l'Europa". Adjara Keita, una donna migrante di trentasei anni della Costa d'Avorio, detenuta ad Al Mabani per due mesi, ha raccontato al giornalista che le
donne venivano spesso prelevate dalle loro celle per essere violentate dalle guardie.
Il reportage di Urbina è l’ennesima testimonianza delle violazioni dei diritti umani che derivano dalle politiche di esternalizzazione delle frontiere dell’Ue e da una mobilità internazionale sempre più diseguale.
2. Ancora diritti umani negati tra Francia e Regno Unito
La Francia ha concluso i colloqui a Calais per affrontare la questione delle bande di trafficanti di esseri umani, dopo la recente morte per annegamento ([link removed]) di 27 persone ([link removed]) (17 uomini, 7 donne e 3 bambini) che stavano tentando di attraversare la Manica su un gommone.
Tra queste donne vi è Maryam Nuri Mohamed Amin ([link removed]) , una 24enne curda irachena che prima di annegare aveva inviato un messaggio: “Chi verrà a salvarci?”. Amin aveva più volte tentato di raggiungere il Regno Unito regolarmente per unirsi al suo promesso sposo, ma le pratiche venivano sistematicamente bloccate. Nel frattempo, il ministro dell'Interno francese Gerald Darmanin ha affermato che Frontex dispiegherà un aereo per "sorvolare giorno e notte" sulle coste europee della Manica e individuare i migranti.
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La situazione nel Canale della Manica continua a peggiorare ([link removed]) a causa dell’inesistenza di vie sicure per gli spostamenti delle persone migranti che diventano oggetto di discussione e “litigi” diplomatici ([link removed]) tra Francia e Regno Unito.
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3. La nuova campagna Passaporti denuncia le disuguaglianze della mobilità internazionale
“I cittadini dei Paesi del Sud del mondo, quelli aggrovigliati in conflitti che sembrano non aver fine, quelli dove povertà, effetti della crisi climatica, autoritarismi e guerre intestine stanno incidendo sull’aumento costante di sfollati e rifugiati interni. Tutti questi cittadini sono anche le principali vittime del deterioramento di un diritto fondamentale, quello alla mobilità”.
Così su, Voci Globali, ([link removed]) viene introdotta la nuova campagna per il diritto alla libertà di movimento: infatti, i Passport Index, strumenti che classificano i passaporti e identificano quelli più potenti e quelli meno potenti, mostrano in tutta la loro evidenza il divario ([link removed]) del diritto al movimento tra i Paesi ricchi e quelli cosiddetti in via di sviluppo. “Non si tratta semplicemente di cittadini di serie A e cittadini di serie B”, viene spiegato su Voci Globali, “Il discrimine [...] è tra cittadini/individui liberi e cittadini/individui tenuti “in catene”. E per i quali, spesso, l’unico modo per liberarsi dal giogo è tentare la sorte, tirando a dadi lungo la strada del deserto, quella del Mediterraneo, quella dei confini armati, murati, spinati”.
Alla campagna hanno già aderito diverse associazioni della società civile, e ognuno è libero di firmare ([link removed]) e aderire all’iniziativa.
4. La solidarietà non è reato. Archiviate le accuse per i volontari di Trieste
Si è conclusa la vicenda giudiziaria che aveva visto coinvolti Gian Andrea Franchi e Lorena Fornasir ([link removed]) , indagati per favoreggiamento dell’immigrazione e dell’emigrazione illegale per avere offerto aiuto e ospitalità presso la loro abitazione di Trieste a una famiglia di profughi curdi di origine iraniana, composta dai genitori e due bambini, giunti sul territorio di Trieste nel luglio del 2019.
Nel febbraio del 2021 era stato perquisito l’appartamento dei due coniugi che avevano appreso di essere stati oggetto, unitamente alla loro associazione umanitaria Linea D’Ombra di un’indagine da parte della Procura di Trieste nell’ambito di un’inchiesta su un’organizzazione transnazionale collegata al traffico di migranti attraverso la rotta balcanica. Tuttavia, i due coniugi si occupavano semplicemente di offrire assistenza umanitaria alle persone migranti e curare loro le ferite.
“La vicenda”, scrive ([link removed]) l’ASGI “conferma l’irrazionalità dell’attuale disciplina dell’immigrazione e dell’asilo prevista a livello italiano ed europeo che impedisce di fatto e di diritto a familiari di vivere insieme regolarmente fin da subito nel medesimo Stato e li costringe a immigrazioni in condizioni difficili o illegali, molto lunghe, faticose e rischiose”.
5. Regolarizzazione 2020, ancora in troppi senza risposta
Le procedure di regolarizzazione e emersione del 2020 che hanno coinvolto circa 220 mila cittadini e cittadine senza titolo di soggiorno e con permessi di soggiorno "precari" sono per la gran maggior parte ancora bloccate. È ciò che emerge dal terzo approfondimento illustrato ([link removed]) dalla campagna Ero Straniero alla Camera dei Deputati.
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“Ancora una volta [...]” riferisce ([link removed]) Ero Straniero “persistono i tempi lunghissimi nell’esaminare e finalizzare le domande da parte delle prefetture, sotto organico già prima della misura straordinaria. E sono ancora decine di migliaia, circa due terzi del totale, le persone straniere in attesa di una risposta, impossibilitate a concludere il proprio processo di inclusione lavorativa e sociale, come dimostrano le testimonianze che abbiamo raccolto”.
Dai dati illustrati alla Camera che sono risalenti alla fine di ottobre scorso, emerge ([link removed]) che poco più di un terzo delle pratiche è stato finalizzato finora da parte delle prefetture e sono solo 38.000 circa i permessi di soggiorno rilasciati dalle questure a procedimento ultimato.
6. La storia di Ibrahim Diabate: dalle rivolte di Rosarno alla lotta per un’agricoltura sostenibile
Angela Falconieri, su Valigia Blu, racconta la storia di Ibrahim Diabate ([link removed]) , originario della Costa d’Avorio e giunto in Italia nel 2008.
L’esperienza di Diabate, almeno nella fase iniziale, è simile a quella di altre persone che hanno avuto a che fare con il muro burocratico che impedisce di ottenere un permesso di soggiorno e che, di conseguenza, cadono spesso nelle trame dello sfruttamento e del caporalato e sono costrette a vivere in baraccopoli o ghetti. Diabate, nel 2010, ha supportato le persone migranti che, a Rosarno (Calabria), si sono ribellate ([link removed]) al sistema del caporalato gestito dalla ‘ndrangheta. “Il 7 gennaio 2010 infatti”, scrive Falconieri, "due braccianti di origine africana al ritorno dai campi vengono feriti con colpi di arma da fuoco. Alla violenza e alla totale negazione dei propri diritti i braccianti reagiscono riversandosi nelle strade e sfogando la propria rabbia contro automobili e cassonetti”.
Oggi Diabate nel frattempo divenuto mediatore culturale grazie a una borsa di studio della regione Calabria, collabora con SoS Rosarno, associazione che promuove un’agricoltura etica e pulita e che lotta per la difesa di lavoratori e lavoratrici.
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