La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo condanna la Croazia
Foto copertina via InfoMigrants/Twitter
La Croazia è condannata dalla Cedu per violazione dei diritti umani; le autorità libiche minacciano la ong Sea Watch 4; la Grecia detiene migranti senza motivo, la denuncia di Oxfam.
1. La Croazia condannata per la morte di una bambina afghana respinta al confine
La Corte europea dei diritti umani ha condannato le autorità croate per violazione del diritto alla vita, trattamento inumano e divieto di respingimento collettivo.
Si tratta di una sentenza inerente al caso M.H. e altri c. Croazia in cui La Corte europea dei diritti dell’uomo”, racconta il giornalista Luca Rondi su AltrEconomia “il 18 novembre 2021, ha dichiarato colpevole la Croazia per la morte di una bambina afghana di sei anni investita da un treno. Con sua madre e i suoi sei fratelli, Madina era arrivata sul territorio croato e aveva richiesto protezione ma la polizia di frontiera aveva ordinato al gruppo di tornare in Serbia attraverso i binari della ferrovia”. Ricordiamo infatti che gli Stati contraenti della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo sono obbligati a rispettarne gli articoli, tuttavia l’utilizzo dei respingimenti illegali è ormai una prassi approvata dagli Stati europei.
Nel frattempo, la Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha incontrato il collega croato per discutere di immigrazione.
2. Tensione e paura sul confine polacco
Alcuni giornalisti di La Via Libera sono riusciti a entrare Kuznica, in Polonia, dove possono accedere solo i residenti.
“Da oltre due mesi”, raccontano i giornalisti Rosita Rijtano e Fabio Turco, “l’area è militarizzata: già a oltre trenta chilometri di distanza dal confine i numeri stranieri ricevono un messaggio indirizzato ai migranti, che porta la firma del ministero dell’Interno polacco. “La frontiera è sigillata – si legge –. Le autorità bielorusse vi hanno mentito. Tornate a Minsk!”. È il primo “benvenuto in Europa”. Migliaia di uomini, donne e bambini sono ancora bloccati nella foresta Bielorussa e sperano di raggiungere l’Europa. Inoltre, le persone che riescono a entrare in Polonia si nascondono per settimane, rischiando di morire di freddo e di fame.
E mentre la situazione sul confine bielorusso-polacco continua a peggiorare, Bill Frelick, direttore della divisione rifugiati e migranti di Human Rights Watch, ha affermato che l’Unione Europea (Ue) sta volontariamente chiudendo un occhio su ciò che sta accadendo lì, alla luce dei respingimenti sistematici attuati dalla Polonia, in contrasto con l’ordinamento interno Ue e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
3. Le autorità libiche minacciano la Sea Watch 4
La guardia costiera libica ha minacciato di dirottare la ong Sea-Watch 4.
Gli operatori umanitari a bordo della Sea-Watch 4 hanno condiviso su Twitter le registrazioni di una conversazione radiofonica, in cui alla nave è stato ordinato di cambiare rotta immediatamente dalla guardia costiera libica, di fronte alla minaccia di essere altrimenti portata con la forza in Libia. La voce dall'altra parte della radio ha minacciato la ong, dicendo: “...altrimenti ti riporteremo con noi in Libia. Ti è chiaro? Conosci le regole della Libia". Tuttavia, la Sea Watch 4 non si trovava nelle acque territoriali libiche, ma in quelle internazionali.
Sea Watch nel frattempo ha ripetutamente invitato l'Unione europea a porre fine alla sua cooperazione con la Libia nel Mar Mediterraneo. Nei suoi comunicati, Sea-Watch sottolinea la diffusa prevalenza di violazioni dei diritti umani in Libia, che includono tortura, schiavitù e abusi sessuali. Alla lista delle trasgressioni commesse da parte delle autorità libiche si aggiungono ora anche gli attacchi in mare aperto.
4. Oxfam denuncia la Grecia: detiene migranti e rifugiati senza motivo
L'organizzazione Oxfam e il Consiglio greco per i rifugiati (GCR) hanno pubblicato questa settimana un nuovo rapporto intitolato Detention as the Default: How Greece, with the support of the EU, is generalizing administrative detention of migrants (Detenzione come impostazione predefinita: come la Grecia, con il sostegno dell'Ue, sta generalizzando la detenzione amministrativa dei migranti").
Nel rapporto si afferma che sette persone migranti su dieci arrivate in Grecia sono state poste in detenzione amministrativa e che la maggior parte è rimasta detenuta al momento della domanda di asilo. Inoltre, "a luglio 2021, 3.000 migranti erano in detenzione amministrativa, il che significa che erano detenuti senza alcuna accusa penale a loro carico. Di questi, quasi la metà (46%) era stata detenuta per più di sei mesi". Secondo quanto riferito, Oxfam e GCR hanno anche scoperto che una persona su cinque è stata detenuta per un lungo periodo di tempo nelle celle della polizia, progettate per trattenere le persone solo per poche ore.
Infine, donne incinte, bambini e persone con vulnerabilità sono state detenute senza un adeguato accesso all'assistenza sanitaria e all'assistenza legale.
5. L'ECRE ha pubblicato una Policy Note che condanna il collegamento tra procedure di asilo e rimpatri
L'ECRE (Consiglio Europeo per i Rifugiati) ha pubblicato una Policy Note che dimostra che collegare le procedure di asilo e di rimpatrio genera seri rischi per i diritti umani.
Negli Stati membri dell’Ue, infatti, le due procedure sono spesso combinate. Il rischio che deriva da questa prassi è ancora più acuto nelle procedure di frontiera a causa delle garanzie ridotte per le persone richiedenti asilo. L'obbligo per gli Stati di unire le procedure di asilo e di rimpatrio si basa sull'idea sbagliata che tutte le persone a cui è stata rifiutata la protezione internazionale possano essere rimpatriate.
Esistono almeno tre categorie di persone che non hanno diritto alla protezione internazionale, ma per le quali il rimpatrio può essere illegale ai sensi del diritto internazionale e dell'UE in materia di diritti umani. Si tratta di persone che hanno diritto alla protezione dal respingimento ai sensi del diritto internazionale sui diritti umani (Art.3 della CEDU) ma non possono beneficiare della protezione internazionale (status di rifugiato o di protezione sussidiaria). Inoltre, devono essere prese in considerazione la tutela della salute, il diritto alla famiglia e alla vita privata.
6. I migranti iracheni rimpatriati affermano di essere stati torturati in Bielorussia e Polonia
Diversi curdi iracheni che sono arrivati in Bielorussia dalla regione autonoma curda nel nord dell'Iraq hanno affermato di essere stati torturati e picchiati sia dalla polizia polacca che da quella bielorussa.
Una donna yazida di 71 anni, che ha affermato di aver voluto ricongiungersi con i parenti in Germania, poiché non si sentiva più al sicuro in Iraq, ha affermato di essere stata "trattata in modo disumano", insieme ad altri nel suo gruppo. La cosiddetta milizia terroristica dello Stato Islamico (IS) ha rapito molti dei suoi figli. Un 41enne della capitale regionale Erbil ha affermato che ufficiali polacchi e bielorussi lo hanno torturato, aggiungendo che si sentiva "ingannato" dalle autorità in Bielorussia. Un 38enne della città di Dohuk, che si trova a circa 120 chilometri da Erbil, ha affermato di essere stato maltrattato e poi deportato con la forza dalla Bielorussia nel suo paese d'origine. Inoltre, lui e altri migranti non hanno ricevuto né cibo né acqua, ha aggiunto.
Il team di Open Migration