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L’Italia affida alla Libia la sorte dei migranti

Foto via Twitter

Per il quinto anno di fila il Parlamento italiano approva il rifinanziamento degli accordi con le autorità libiche. A niente sono valsi gli appelli delle associazioni e i racconti delle persone che da quell’inferno tentano di fuggire ogni giorno.

1. Anche la Camera vota sì ai nuovi accordi di cooperazione con la Libia
La Camera dei Deputati ha votato a favore del rifinanziamento della cosiddetta Guardia Costiera Libica. Inutile il tentativo di 30 deputati appartenenti a PD, Leu, +Europa ed ex M5s, di chiedere l’interruzione definitiva della cooperazione dell’Italia con i guardacoste libici, alla luce delle violazioni sistematiche dei diritti umani che si consumano nei centri di detenzione dove vengono riportati donne, uomini e bambini migranti. La loro risoluzione non ha avuto successo.

A far discutere è stata anche la proposta del segretario del Partito Democratico Enrico Letta  di coinvolgere l’Unione Europea nell’accordo con la Libia. L’obiettivo dichiarato era quello di affidare direttamente a Bruxelles il versamento dei fondi al governo di Tripoli, compresi quelli destinati all’addestramento dei guardacoste libici. 

2. La Libia resta un paese non sicuro 
Mentre il Parlamento votava sì al rifinanziamento degli accordi con la Libia, l’Onu ha rimproverato gli Stati, tra cui l’Italia, che basano le loro politiche sui respingimenti illegali verso Paesi non sicuri. 

“Gli Stati membri che sostengono le operazioni di rimpatrio delle persone in Libia dovrebbero rivedere le loro politiche, dovrebbero tenere presente che i migranti e i rifugiati continuano ad affrontare un rischio molto reale di tortura e violenza sessuale, se rimpatriati sulle coste libiche”, riporta su Avvenire Nello Scavo, che racconta come il governo libico non abbia alcuna intenzione di collaborare con le autorità internazionali.

Intanto, anche Amnesty International ha rivelato nuove prove di orribili violazioni dei diritti umani, compresa la violenza sessuale, nei confronti di uomini, donne e bambini intercettati nel mar Mediterraneo e riportati nei centri di detenzione. 

Nel rapporto “Nessuno verrà a cercarti: i ritorni forzati dal mare ai centri di detenzione della Libia”, l’associazione umanitaria dimostra come le violazioni dei diritti umani dei migranti e dei rifugiati, in corso da un decennio, sono proseguite incontrastate nel primo semestre del 2021 nonostante l’asserito impegno ad affrontarle.

3. Frontex non ha fatto nulla per evitare il ripetersi di violazioni dei diritti umani
Alcuni parlamentari della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo (LIBE), in un rapporto sull’operato di Frontex, hanno affermato che nonostante l’agenzia europea per il controllo delle frontiere marittime e terrestri avesse le prove dei respingimenti illegali effettuate dalle autorità greche, "non è riuscita ad affrontare e prevenire le violazioni dei diritti fondamentali". 

Non mancano critiche nemmeno all’operato del direttore di Frontex, Fabrice Leggeri. Come riportato da Der Spiegel questi non si sarebbe curato di fare in modo che l’agenzia da lui guidata rispettasse gli obblighi inerenti alla protezione dei diritti fondamentali sui migranti e non ha mai considerato la fine delle operazioni nel Mar Egeo, anche alla luce delle violazioni continue nei confronti di richiedenti asilo. Leggeri dal canto suo continua ad affermare di essere estraneo ai fatti. 

Intanto per la prima volta in 17 anni, l’Agenzia Frontex è stata chiamata a difendersi davanti la Corte di Giustizia Europea. L’azione, portata avanti da due richiedenti asilo, chiama in causa il suo ruolo e chiede proprio la sospensione delle operazioni nell’Egeo. 

4. A Bruxelles continua lo sciopero della fame dei migranti sans-papiers
A Bruxelles 450 migranti sans-papiers, provenienti perlopiù da Algeria e Marocco e la cui richiesta di asilo è stata rigettata, sono in sciopero della fame contro l’amministrazione belga per la mancata regolarizzazione. Senza documenti, infatti, è impossibile avere un contratto di lavoro: molti e molte hanno denunciato casi di sfruttamento, con uno “stipendio” che arriva a 3 euro l’ora. La situazione peggiora di giorno in giorno e molte persone si trovano tra la vita e la morte poiché circa 300 di loro rifiutano anche l’acqua. 

In una lettera aperta indirizzata al Belgio, firmata da Olivier de Schutter (rapporteur della Commissione sui diritti umani e l’estrema povertà) e da Felipe Gonzalez Morales (rapporteur per la commissione sui diritti umani dei migranti) delle Nazioni Unite, questi hanno sottolineato l’importanza di garantire accesso ai processi di regolarizzazione, spronando il governo belga a non effettuare alcuna espulsione, alla luce delle gravi condizioni di salute di chi sciopera.

L'associazione Médecins du Monde (Medici del Mondo) intanto mette in guardia su quanto sta accadendo: tra i manifestanti potrebbe avvenire un decesso da un momento all’altro

5. Un incendio nell'hotspot di Pozzallo 
Per protesta, alcuni migranti nell’hotspot di Pozzallo hanno dato fuoco ad alcuni materassi provocando un incendio. Le persone all’intero della struttura - 120, tra cui 20 minori - sono rimaste indenni e 30 persone sono fuggite dal centro. 


Le proteste all’interno degli hotspot italiani sono ormai note per via delle condizioni precarie in cui le persone migranti sono costrette a vivere.

6. A Roma l’accoglienza è una questione di “decoro” 
A Piazzale Spadolini, nei pressi della Stazione Tiburtina di Roma, sono state installate “fioriere antiuomo” per cacciare poveri e senza tetto.

Inaugurate con grande soddisfazione della sindaca Virginia Raggi - qui la cronaca di Valerio Renzi su Fanpage - permetteranno ai cittadini romani di piantare zucchine e pomodori alla stazione Tiburtina proprio nei luoghi in cui cittadini e associazioni - tra tutte Baobab Experience e Pensare Migrante - assistevano rifugiati e senza fissa dimora. Da qui le proteste delle Associazioni: si pensa ad allontanare il “problema” dalla vista dei cittadini, ma non si pensa a realizzare una soluzione stabile e duratura per chi è costretto in strada.

7. ResQ ha una sua barca per il soccorso in mare

A un anno dalla nascita della Onlus una nuova nave da soccorso si aggiungerà alla flotta civile delle ong nel Mediterraneo. A fine luglio 2021, infatti, la ResQ People lascerà il porto spagnolo di Burriana per provare a riempire il vuoto lasciato dalle autorità italiane ed europee nel soccorso dei naufraghi.

Lo farà grazie alle donazioni di migliaia di persone che le hanno permesso di acquistare la nave Alan Kurdi, un'imbarcazione che ha già solcato il Mediterraneo centrale per soccorrere i naufraghi con l’organizzazione tedesca Sea-Eye.


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