Il problema non è l'algoritmo ma l'arretratezza italiana
La tragica morte di Adil Belakhdim davanti ai cancelli della Lidl di Biandrate ha innescato un ampio dibattito su come garantire i diritti dei lavoratori in un mondo, quello della logistica, dove grandi aziende convivono con altre più piccole e con le cooperative in una catena di subappalti spesso difficile da ricostruire. Secondo il Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, "A fronte di imprese che firmano il contratto nazionale ci troviamo poi nel concreto con false cooperative che applicano contratti diversi, oppure che mascherano forme di sfruttamento, oppure utilizzano manodopera in nero, spesso di immigrati ricattati". Non solo: in un'intervista pubblicata domenica da Repubblica ha attaccato il modo stesso di organizzare il lavoro proprio delle piattaforme digitali. "C'è il rischio di avere sulla carta un bel contratto firmato - ha spiegato - e poi un algoritmo digitale che scandisce orari e turni. Un algoritmo dentro il quale nessuno è in grado di guardare e che diventa il vero contratto da rispettare".
Naturalmente, dove ci sono abusi è bene che siano individuati e sanzionati, anche duramente: se le imprese o le cooperative, grandi o piccole, sfruttano il lavoro nero, non rispettano le norme sulla sicurezza, pagano salari diversi da quanto previsto dai contratti, allora occorre intervenire. Ma questo ci porta semplicemente a concludere che servono controlli più efficaci, meglio organizzati e più mirati. E, magari, serve anche rimuovere le infinite barriere fiscali e regolatorie che, nel nostro paese, disincentivano la crescita dimensionale delle imprese, visto che è lo stesso Ministro a riconoscere che quelle di più grandi dimensioni tendono a essere più responsabili e rispettose delle norme.
Tutto questo, però, non c'entra assolutamente nulla con l'"algoritmo", qui invocato alla stregua di un animale mitologico. Le imprese organizzano il lavoro al proprio interno con l'obiettivo di massimizzare la produttività, nel rispetto della legge e dei contratti. Per capire se vi sono delle violazioni di leggi e contratti non serve né conoscere, né regolamentare l'algoritmo: è sufficiente osservare i suoi effetti. Il mestiere dei sindacati è ottenere condizioni migliori per i lavoratori e sorvegliare sulla loro applicazione. Quindi, non serve esorcizzare le Big Tech, specie se tutti sanno che i problemi non nascono al loro interno ma, al massimo, dalle aziende e cooperative più piccole, italianissime e del tutto prive di algoritmi.
La domanda che dovremmo porci è come fare a promuovere un più diffuso rispetto delle norme: non bisogna avere paura della modernità delle piattaforme online, ma dell'arretratezza di una parte dell'economia nazionale e dell'inadeguatezza del sistema di regolamentazione e controllo. Leggi sul sito dell'Istituto Bruno Leoni.
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