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Dal soccorso al controllo

Foto via Twitter
Ancora al gelo le migliaia di persone abbandonate al confine tra Bosnia e Croazia. Come nel Mediterraneo centrale l’obiettivo delle autorità europee sembra più volto al controllo delle frontiere esterne che al soccorso di vite umane.

1. Tra i migranti bloccati in Bosnia
Da giorni quasi 1000 persone sono abbandonate nei boschi nei dintorni di Lipa. “Le abbondanti nevicate di questi giorni non hanno fatto che peggiorare una condizione già al limite - scrive su Fanpage Annalisa Girardi -: dormono nella foresta, con temperature che di notte crollano a venti gradi sotto lo zero, alcuni sono scalzi, non hanno un luogo dove ripararsi. Una catastrofe umanitaria che accade sotto gli occhi di Bruxelles, a pochi chilometri dai confini dell’Unione europea”. 

A loro devono aggiungersi altri 200o disperati: bambini, donne e uomini che nel cantone di Una Sana vivono al di fuori del sistema di accoglienza, in palazzi abbandonati e in baraccopoli nella foresta.

“Si tratta purtroppo di un'emergenza annunciata  – racconta Nello Scavo giornalista di Avvenire a Vatican News - Questo è il terzo anno di fila con i campi abbandonati a se stessi a ridosso del confine croato e ci sono almeno 3000 persone che vagano tra le località di Bihac e Lipa, presso quest'ultimo campo in particolare era stata incendiata una tendopoli nel corso di alcuni scontri tra migranti alla vigilia di Natale. [...] La Caritas internazionale, e quella italiana hanno inviato i giorni scorsi, sei camion carichi di legna da ardere e questa cosa da sola ci racconta la drammaticità della situazione. C'è un conflitto politico interno alla Bosnia, e c'è il blocco costante sul confine croato con i pattugliamenti della Polizia delle guardie di confine che respingono quei migranti che provano a raggiungere quel paese per tentare poi di arrivare in Europa, quindi è veramente una situazione difficilissima”.

Secondo France 24, con estremo ritardo, nei giorni scorsi sono iniziati i trasferimenti dei primi migranti in nuove strutture.


2. Le reazione della vicina Croazia
Se il dramma dei migranti bloccati in Bosnia è diventato di dominio pubblico, meno nota è la situazione che incontra chi tra loro tenta di raggiungere l’Europa attraversando il confine croato. Ancora una volta Nello Scavo ci porta al confine europeo a Bojna, dove tra mine antiuomo (eredità delle guerre jugoslave) e la neve, la polizia croata da la caccia ai migranti.

3. Caso Open Arms: a Palermo parte il processo a Salvini
È partito lo scorso 9 gennaio il processo contro l'ex ministro degli interni Salvini. Ammesse 18 parti civili, fra cui sette migranti, la Ong e diverse associazioni. Come ricorda Repubblica sono “pesanti le contestazioni da cui oggi deve difendersi, per aver tenuto in mezzo al mare, per sei giorni, 147 migranti salvati dall'Ong Open Arms, nell'agosto 2019: sequestro di persona, aggravato dall'essere stato commesso da un pubblico ufficiale con abuso dei poteri inerenti le sue funzioni nonché per essere stato commesso anche in danno di minori, e rifiuto di atti d'ufficio”.

Per l'avvocato Arturo Salerni, che assiste le parti civili assieme ai colleghi Mario Angelelli, Gaetano Pasqualini e Giuseppe Nicoletti, "Fu un vero e proprio sequestro di persona".

Intanto, anche il comune di Palermo si costituirà parte civile nel processo contro Salvini.

4. Frontex: l’ufficio antifrode dell'Ue ha messo sotto indagine l’agenzia
L'Ufficio europeo anti-frode (Olaf) ha aperto un'indagine contro Frontex, l'agenzia dell'Ue per il controllo delle frontiere. Come scrive ll’Agi, riportando la risposta dell’ufficio stampa dell’Ufficio anti-frode : "L'Olaf può confermare di aver avviato un'indagine su Frontex. Tuttavia, poiché un'indagine è appunto in corso, non può rilasciare ulteriori commenti. Ciò al fine di tutelare la riservatezza delle indagini in corso ed eventuali successivi procedimenti giudiziari". 

Come vi raccontavamo in questo articolo di Anna Dotti, Frontex era stata accusata nei mesi scorsi, di aver preso parte ad alcuni respingimenti illegali di migranti nel Mediterraneo orientale.

5. La Ocean Vikings torna in mare 
Dopo sei mesi la nave dell’associazione Sos Mediterranee ha lasciato il porto di Marsiglia, in Francia, diretta verso il Mediterraneo centrale, davanti alla Libia. 

Come ricorda Vanessa Ricciardi su Domani, “l’imbarcazione è stata in fermo amministrativo per cinque mesi, dopo i tempi tecnici per gli adeguamenti e la messa in atto dei protocolli anti Covid-19 è pronta di nuovo ai salvataggi”: “779 morti accertati solo nel 2020, ma non conosciamo la cifra dei naufragi invisibili. La situazione è inaccettabile”.

6. Navi quarantena: verità e giustizia per Abdallah Said
“Chiediamo alle autorità italiane che vengano rapidamente accertati i fatti che hanno portato alla inaccettabile morte di Abdallah Said, e di sospendere immediatamente l’utilizzo delle navi quarantena per i migranti sbarcati e di fare invece ricorso a normali e dignitose procedure di isolamento preventivo presso strutture di accoglienza a terra.”

Si conclude con queste parole l’appello lanciato da Medici Senza Frontiere che chiede di fare luce su quanto accaduto a Abdallah Said, morto il 15 settembre scorso all’Ospedale Cannizzaro di Catania, dopo essere stato “confinato” sulla nave quarantena GNV Azzurra per diversi giorni. Il ragazzo aveva 17 anni.


7. Mediterraneo: dal soccorso al controllo
In che modo l'attenzione dell'Europa per il Mediterraneo è passata dal salvare vite umane alla protezione delle frontiere? È la domanda che si pone The New Humanitarian e che dà il via all’articolo di Annalisa Camilli e Eleanor Paynter, una ricostruzione temporale che spiega la storia recente della ricerca e del salvataggio nel mare davanti le coste del nostro paese.

Proprio questa settimana, con Daniela Sala siamo saliti a bordo di Moonbird, l'ultraleggero di cui l'ong tedesca Sea-Watch e la no profit svizzera Humanitarian Pilot Initiative si servono per sorvegliare il tratto di mare di fronte alla Libia. Un'occasione per fare il punto sui salvataggi in mare - sempre più difficoltosi a causa dei fermi e dei sequestri alle navi delle ong - e sul controllo aereo: sempre più uno strumento di controllo invece che di soccorso.

8. Amarsi un po’ ci porta tra i braccianti dell’Agro Pontino
Anche durante le fasi più acute della pandemia, i braccianti agricoli hanno continuato a lavorare nei campi, garantendo il costante approvvigionamento di alimenti alle tavole italiane. Marco Omizzolo – sociologo, ricercatore e presidente di Tempi Moderni – opera in mezzo a loro per assisterli e farli emergere dalla condizione di schiavitù in cui sono costretti dai datori di lavoro. La sua storia fa parte di quelle raccolte nella campagna Amarsi un po’, lanciata dalla Coalizione italiana libertà e diritti civili (Cild) per raccontare come la società civile possa muoverci verso la ripresa e la ricostruzione, "per uscirne vivi, uniti e migliori". La campagna è su www.amarsiunpo.co

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