Prevista la costruzione di un'altra tendopoli: monta la rabbia dei migranti bloccati, mentre ci si augura che a prevalere sia la solidarietà europea
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Quale futuro per i rifugiati bloccati a Lesbo?
Foto via Twitter
Il campo di Moria è stato raso al suolo da un incendio la settimana scorsa. Mentre il premier Greco preannuncia la costruzione di un'altra tendopoli monta la rabbia di migliaia di persone bloccate da anni sull’isola e ci si augura che prevalga la solidarietà europea.
1. A Lesbo dopo il fuoco ci sono 13 mila persone senza più un rifugio
Il più grande campo profughi d'Europa, quello di Moria sull'isola di Lesbo, è stato raso al suolo da un incendio divampato il 9 settembre scorso. Migliaia di donne uomini e bambini - ci vivevano in 13 mila in un campo pensato per 3 mila - sono rimaste senza un posto dove vivere. Marianna Karakoulaki è riuscita a mettersi in contatto con alcune delle persone che lì ci vivevano e tra incendi e pandemia ci ha raccontano di una situazione drammatica oltre che di un disastro annunciato ([link removed]) .
I piani delle autorità greche prevedono lacostruzione di un nuovo campo ([link removed]) in un’altra zona dell’Isola, ma gli sfollati protestano e sono in molti a chiedere di venir trasferiti dall’isola sul continente ([link removed])
Mentre monta la rabbia delle migliaia di persone ([link removed]) bloccate da anni sull’isola greca, una petizione che chiede la loro immediata evacuazione ([link removed]) e il ricollocamento in Europa ha superato le 10mila firme dopo poche ore dal lancio.
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2. Finalmente a Pozzallo i migranti da giorni a bordo della nave Etienne
I migranti soccorsi della Maersk Etienne hanno potuto finalmente mettere i piedi a terra, l’Italia attraverso l’Mrcc, la sala operativa della Guardia costiera, e il Viminale ha assegnato loro il porto di Pozzallo ([link removed]) .
“L’impresa” è riuscita dopo che le persone soccorse erano state prese in carico nella giornata precedente dalla nave Mare Jonio della Ong italiana Mediterranea saving humans e sono stati autorizzati a sbarcare subito a Pozzallo «per motivi sanitari» ([link removed]) .
Finisce così l’odissea delle 27 persone, dopo 38 giorni in attesa sulla petroliera danese Etienne davanti alle acque territoriali di Malta, in quello che è stato a tutti gli effetti un tentativo per impedire ai mercantili di soccorrere in mare ([link removed]) .
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Tutti negativi i tamponi per il Covid-19 ([link removed]) .
3. Italia e Malta negano sbarco e soccorso ai bisognosi di cure soccorsi dalla nave Open Arms
Malta e Italia hanno negato l'evacuazione medica a nove dei 278 migranti soccorsi nei giorni scorsi nonostante le loro condizioni di salute siano state ritenute incompatibii con la loro permanenza a bordo, è quanto denunciano gli operatori di Open Arms ed Emergency.
“La nave umanitaria spagnola, che come spiega Alessandra Ziniti di Repubblica è tornata in missione nel Mediterraneo la scorsa settimana ([link removed]) , ha effettuato tre soccorsi tra l'8 e il 9 settembre e ha a bordo un numero consistente di ospiti che da sei giorni dormono ammassati sul ponte della Open Arms. La Ong ha chiesto più volte l'assegnazione di un porto sicuro ma non ha ottenuto alcuna disponibilità”.
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Tra i 278 naufraghi che attendono sul ponte della nave umanitaria ci sono anche 56 minori non accompagnati ([link removed]) .
4. In fuga dai cambiamenti climatici
Secondo un'analisi dell'Institute for Economics and Peace (IEP) - un think tank che produce statistiche annuali sul terrorismo globale e la pace ([link removed]) - circa 1,2 miliardi di persone provenienti da 31 paesi rischiano di dover abbandonare i propri luoghi d'origine nei prossimi 30 anni a causa degli effetti del cambiamento climatico.
I diciannove paesi che dovranno affrontare le criticità maggiori, come la carenza di acqua e di risorse alimentari o la maggiore esposizione ai disastri naturali, sono anche tra i 40 Paesi meno pacifici del mondo, prosegue la ricerca ([link removed]) .
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Come spiega Valigia Blu, questo provocherà un aumento delle migrazioni con impatti considerevoli sia per i paesi sviluppati che per quelli in via di sviluppo ([link removed])
Come raccontavano invece Andrea Oleandri e Diego Andreucci resta ancora molto da fare per aiutare questa categoria di migranti ([link removed]) .
5. ...e dalla “guerra al terrore”
Almeno 37 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case come diretta conseguenza delle guerre combattute dagli Stati Uniti dall'11 settembre 2001. A calcolarne l’entità è il rapporto “Costs of War della Brown University ([link removed]) ”.
“Il bilancio salirebbe, spiega il rapporto, considerando i milioni fuggiti dai paesi in cui l’esercito Usa ha impiegato truppe da combattimento, droni, addestramento militare e vendita di armi in conflitti pre-esistenti, in Camerun, Burkina Faso, Ciad, Congo, Sud Sudan, Uganda, Nigeria, Niger, e così via. Restando sui numeri accertati, quei 37 milioni, il paragone è presto fatto: quattro volte il numero di rifugiati provocati dalla Prima guerra mondiale, tre volte quello della guerra Usa in Vietnam e quasi pari a quello della Seconda guerra mondiale”, racconta Chiara Cruciati sul Manifesto ([link removed]) .
I risultati arrivano in un momento in cui gli Stati Uniti e gli altri Paesi occidentali sono sempre più contrari all'accoglienza dei rifugiati, mentre sentimenti anti rifugiati e pro chiusura dei confini guidano le campagne elettorali di molti paesi, ragiona John Ismay del New York Times ([link removed]) .
6. Usa: molte donne detenute in un centro per migranti potrebbero essere state sterilizzate forzatamente
Isterectomie, rimozioni totali dell’utero forzate ai danni di numerose donne incarcerate in un centro di detenzione per migranti che già versava in condizioni igieniche disumane: un’ex infermiera ha sollevato uno scandalo su un centro della contea di Irwin, in Georgia, gestito da un’azienda privata.
Secondo quanto si apprende dal Guardian, a presentare la denuncia sarebbe stata Dawn Wooten, infermiera che ha lavorato per ben tre anni nel centro gestito dalla società privata LaSalle Corrections ([link removed]) .
Come racconta Alessandro Massone per il the Submarine ([link removed]) , “molte delle donne che sono state costrette a subire l’operazione sono apparse, secondo le testimonianze, confuse sulle ragioni per cui dovevano essere operate, e molte — probabilmente anche per barriere linguistiche — non pienamente coscienti di cosa sia stato fatto loro”.
7. Cittadinanza: due storie sportive a confronto
Alessia Korotkova, 22 anni, arrivata in Italia dalla Siberia a tre anni, aveva dovuto abbandonare le gare, perché in attesa della cittadinanza e vittima dei tempi lunghissimi della burocrazia. Ora dopo quasi 3 anni di attesa ha potuto finalmente ottenerla. A Vladimiro Polchi che la intervista su Repubblica dichiara ([link removed]) : “Non me l’aspettavo più, non ci posso credere. Il 27 ottobre dovrò fare il giuramento da italiana. È un sogno che si realizza. Da ieri sono tornata ad allenarmi con la società agonistica della mia città. Devo recuperare il tempo perduto. Devo tornare ai massimi livelli. Devo vincere da italiana”.
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Nelle stesse ore sta facendo discutere la rapidità con cui il calciatore Luis Suarez - uruguayano, secondo voci di mercato in attesa di poter venir tesserato dalla Juve - potrebbe ottenere la cittadinanza in tempi strettissimi ([link removed]) .
8. Corridoi Umanitari: in Italia 20 universitari
Prosegue l’attività dei Corridoi Umanitari. Come racconta Paolo Lambruschi su Avvenire ([link removed]) , i primi rifugiati arrivati con vie sicure dal continente africano dopo l’emergenza Covid sono infatti 20 laureati che hanno studiato nei campi profughi in Etiopia. Sbarcati a Fiumicino, con volo proveniente da Addis Abeba, proseguiranno con borse di studio il loro percorso accademico in 10 atenei italiani grazie al progetto University Corridors for Refugees ([link removed]) .
9. Recovery Fund e attivismo una riflessione sul futuro dell’Europa
“C’è la tendenza, da parte dei media e del sistema politico, a trattare quanto avviene nel Mediterraneo, e più in generale la questione delle migrazioni, come un tema a sé, di solito rubricandolo come un’emergenza (securitaria o umanitaria, poco cambia rispetto alla logica del discorso). A nessuno viene in mente, ad esempio, di collegare questo tema con il “recovery fund”, di cui si discute con tutt’altro linguaggio e tono”. Alla luce di quanto accaduto in questi ultimi giorni nel Mediterraneo, Sandro Mezzadra ragiona sul futuro dell’integrazione europea ([link removed]) .
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