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Detenzioni nel deserto e razzismo istituzionale in Europa


Foto via X/Yousef Ismail (Refugees in Niger)

Mentre la condizione delle persone richiedenti asilo a Trieste, ancora oggi senza casa, continua a peggiorare, il campo profughi di Agadez, finanziato dall’Italia, continua ad essere teatro di condizioni inumane e degradanti. 


1. Una prigione nel deserto finanziata dall’Italia

Un centro “umanitario” in cui le persone rifugiate, ad Agadez, in Niger, sono costrette a vivere in condizioni inumane e degradanti, senza via di scampo. Un progetto finanziato anche dall’Italia.

“Da oltre cinque anni, quasi duemila rifugiati e richiedenti asilo vivono intrappolati nel deserto del Niger, nel “centro umanitario” di Agadez. Sono persone fuggite da guerre, persecuzioni, violenze; persone che hanno attraversato confini dove hanno subìto abusi in Algeria e in Libia, che sono sopravvissute ai respingimenti e ai rastrellamenti, e che oggi si ritrovano abbandonate in un luogo che, più che un rifugio, somiglia a una prigione a cielo aperto [...]. Dal 2025, perfino l’assistenza alimentare è stata ridotta: solo alcune categorie, considerate “vulnerabili”, ricevono ancora un sostegno regolare. Gli altri, quelli che l’Unhcr 2 non ha inserito in liste di priorità, sopravvivono come possono”, riporta Melting Pot Europa.

E ancora: “La protesta, iniziata il 22 settembre 2024, ha oltrepassato l’anno. Per mesi gli abitanti del campo hanno organizzato sit-in, marce, lettere aperte, scioperi della fame: sempre pacifici, sempre ignorati. Il loro slogan, We don’t want to stay here, è un grido semplice e limpido: non chiedono privilegi, ma di essere liberati da un’attesa infinita che li consuma. La risposta delle autorità è stata la criminalizzazione del dissenso. A marzo 2025 otto rappresentanti dei rifugiati sono stati arrestati durante una protesta”.


2. Il razzismo istituzionale nei confronti di richiedenti asilo a Trieste

A Trieste, le persone richiedenti asilo sono costrette a dormire per strada per inadempienza istituzionale. Si tratta perlopiù dei e delle cosiddette “dublinanti”, ovvero di persone che sono state espulse dal Nord Europa e rimandate l’Italia poiché, stando alle attuali leggi Ue in materia, vale la regola della presa in carico da parte del primo paese di arrivo delle persone migranti.

“Sono 180-200, fra cui almeno un’ottantina di persone che hanno già presentato richiesta asilo, più di cinquanta che non riescono a farsi ricevere per farlo. I numeri li ha messi in fila Ics, Consorzio internazionale di solidarietà, una delle realtà pioniere dell’accoglienza diffusa a Trieste e in Italia, ma siamo consapevoli - dicono gli operatori che regolarmente tentano di restituire nome e diritti a quei fantasmi - che si tratta di cifre approssimate per difetto e sempre in evoluzione”, riporta la giornalista Alessia Candito su Repubblica. E ancora: “Tutti avrebbero diritto a formalizzare l’istanza e ricevere accoglienza, per legge dovrebbero passare non più di tre giorni per l’avvio della procedura, ma in realtà c’è da affrontare un calvario di mesi di tentativi”.

Infine: “Il vero muro oggi è in città, dove la nuova strategia della deterrenza si maschera da lassismo amministrativo. È ormai diffusa in Italia, con code che si allungano per giorni e notti davanti agli uffici delle Questure, tanto da costringere gli avvocati di diverse città a diffide, class action e altre iniziative legali. Tra Trieste e Gorizia, con talvolta anche Monfalcone a giocare di sponda, la forma è quella di un cinico ping pong”.


3. L’infinita crisi delle persone rifugiate afghane

Donald Trump ha sospeso l'elaborazione di tutte le domande di immigrazione presentate dai cittadini e dalle cittadine afghane dopo che un uomo afghano è stato identificato come il presunto autore dell'omicidio di due ufficiali della Guardia Nazionale.

“[...] La decisione di Washington  di sospendere i casi di immigrazione di decine di migliaia di persone a causa di un singolo tiratore è solo l'ultimo esempio di come i casi dei rifugiati afghani siano politicizzati da paesi che in precedenza avevano promesso loro un rifugio sicuro dall'Emirato islamico dei talebani, in particolare da coloro che hanno prestato servizio a fianco delle forze straniere durante i 20 anni di intervento militare guidato dagli Stati Uniti nel paese”, scrivono le giornaliste Mitra Naseh, Maryam Rafieifar e il giornalista Jean-François Trani sul New Humanitarian. E ancora: “Dopo quasi cinquant'anni di conflitti [...], gli afghani rappresentano  una delle più grandi popolazioni di rifugiati [...] al mondo. Entro la fine del 2024, la popolazione globale di rifugiati aveva raggiunto uno dei livelli più alti mai registrati, con  36,8 milioni . Quasi uno su sei proveniva dall'Afghanistan”. 

Infine: “Sebbene l'Ue abbia impostato la sua risposta in termini di solidarietà e diritti umani, la sua gestione delle migrazioni si è sempre più basata sul contenimento [...]. Dalla crisi dei rifugiati del 2015, la politica migratoria dell'Ue ha  posto l'accento sulla deterrenza attraverso la gestione delle frontiere e gli accordi di aiuto che danno priorità al controllo della migrazione rispetto alla protezione”.


4. Centri di accoglienza inumani in Belgio

Dei 105 centri di accoglienza per richiedenti asilo, un quinto non soddisfa gli standard minimi che la Fedasil (l'Agenzia federale responsabile dell'accoglienza dei richiedenti asilo) impone a se stessa e agli altri operatori. Dei 40 centri gestiti da Fedasil stessa, la metà non soddisfa i propri standard minimi.

“L'anno scorso, in metà dei centri gestiti dalla Fedasil, diverse famiglie condividevano una stanza. A volte questo è l'unico modo per garantire che ogni famiglia possa trovare un posto, ha affermato il portavoce della Fedasil, Benoit Mansy. La Fedasil segnala inoltre di avere difficoltà con l'alloggio separato dei minori non accompagnati, la pulizia delle stanze e delle aree comuni, le infrastrutture obsolete e la sicurezza dei bambini negli edifici più vecchi”, riporta il Brussels Times.

E ancora: “La Fedasil non è in grado di dire con quale frequenza gli standard non vengano rispettati e in quanti centri. Né può divulgare gli standard minimi precisi: i rapporti annuali non sono disponibili per la consultazione pubblica. Le informazioni sulla situazione negli altri 65 centri gestiti da partner esterni sono difficili da ottenere e sono destinate a uso interno, ha affermato l'agenzia.


5. Trump punta a contrastare le migrazioni dal “Sud Globale”

Il presidente Donald Trump vuole "sospendere definitivamente l'immigrazione da tutti i paesi del Terzo Mondo", in quella che rappresenterebbe una forte escalation della politica restrittiva del governo statunitense in materia di immigrazione.

“Trump ha affermato che la sospensione rimarrà in vigore finché il sistema di immigrazione statunitense non si sarà completamente ripreso e ha promesso di porre fine a quelli che ha definito come milioni di ammissioni illegali di Biden. Ha anche promesso di espellere chiunque non rappresenti un patrimonio netto per gli Stati Uniti o sia incapace di amare il [...] Paese, di privare dei benefici federali i non cittadini e di deportare qualsiasi cittadino straniero ritenuto un rischio per la sicurezza, un peso pubblico o incompatibile con la civiltà occidentale”, riporta la giornalista Elena Giordano su Politico.

6. La migrazione per motivi di lavoro è in continuo calo

Secondo una nuova ricerca dal titolo International Migration Outlook 2025, dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse),  l'immigrazione per motivi di lavoro verso i paesi ricchi è diminuita di oltre un quinto lo scorso anno, poiché i mercati del lavoro si sono indeboliti e paesi come Australia e Regno Unito hanno inasprito le norme sui visti di ingresso.

“Dopo diversi anni di crescita costante a seguito della pandemia globale di Covid-19, il numero di persone ammesse per motivi di lavoro a tempo indeterminato nei paesi Ocse è diminuito del 21% lo scorso anno, attestandosi a circa 934.000. Una parte del calo è dovuta all'inasprimento della politica sui visti, in modo più evidente nel Regno Unito, dove la migrazione netta è diminuita di oltre il 40% nel 2024. Ma anche laddove non vi è stato alcun cambiamento nella posizione politica, la migrazione per motivi di lavoro è diminuita nella maggior parte dei paesi dell'Unione Europea, scendendo al di sotto dei livelli del 2019”, scrive il giornalista Alex Kozul-Wright su Al Jazeera. E ancora: “Secondo Jean-Christophe Dumont, responsabile della divisione migrazioni internazionali dell'Ocse, la recessione può essere attribuita a una situazione economica globale meno favorevole. Ad aprile, il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha tagliato le sue previsioni di crescita globale di 0,5 punti percentuali, portandole al 2,8% per il 2025, citando la guerra commerciale del presidente Donald Trump come fattore limitante”.

Infine: “L'Ocse ha registrato un calo del 13% nel numero di nuovi studenti internazionali in arrivo nei paesi Ocse tra il 2023 e il 2024. Le politiche più restrittive in materia di visti nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Canada e in Australia hanno svolto un ruolo chiave, spinte dalle preoccupazioni relative alle frodi migratorie e dalla pressione sui mercati immobiliari locali”.


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