Le Pmi sono meno digitalizzate e meno produttive delle imprese di maggiori dimensioni. Per questo, è importante focalizzare le misure di sostegno sulle imprese più piccole, disegnando strumenti facilmente fruibili e non discriminatori tra i diversi tipi di tecnologie innovative. Lo sostiene Claudia Marchese, Ricercatrice in diritto pubblico comparato presso l'Università Suor Orsola Benincasa, nel Briefing Paper dell'Istituto Bruno Leoni "Il processo di transizione digitale delle PMI. Alcune proposte alla luce dell'analisi comparata" (PDF).
Scrive Marchese: "Le strategie di transizione digitale definite dai singoli Stati appaiono estremamente variegate, offrendo così una pluralità di soluzioni che possono essere utili a ispirare modifiche di quelle esistenti in Italia, per migliorarne l'efficacia. La presenza di differenti strategie non sorprende: essa appare strettamente correlata alle peculiarità dei singoli ordinamenti e delle singole realtà economiche. Volendo provare a schematizzare le diverse tipologie di intervento, è possibile riscontrare la previsione di sovvenzioni volte a sostenere la transizione digitale delle imprese (Francia, Danimarca, Croazia, Belgio), la previsione di piani speciali di garanzie per l'accesso delle imprese ai finanziamenti (Spagna), l'incremento temporaneo degli importi deducibili per le PMI che investono nella tecnologia (Danimarca), l'aumento dei massimali previsti per l'ammortamento degli investimenti realizzati dalle imprese in beni strumentali (Danimarca), la previsione di voucher al fine di sviluppare le capacità digitali delle PMI (Spagna, Croazia, Portogallo)". L'indagine si focalizza poi sulle esperienze di Francia, Spagna e Portogallo.
L'analisi comparata suggerisce che "Allo scopo di offrire alle PMI diverse opzioni appare opportuno prevedere agevolazioni nella forma di crediti di imposta per investimenti nel digitale. Tale tipologia di intervento non costituisce una novità per l'ordinamento interno; tuttavia, al fine di renderne più significativo l'impatto si potrebbe immaginare, come già proposto, di riconoscere crediti di imposta di un valore pari al 50% delle spese sostenute in applicativi fino a un importo di 20.000 euro". Per favorirne la diffusione, è necessario adottare una misura stabile nel tempo - quindi con un orizzonte almeno quinquennale - e rivolta a tutte le forme di innovazione digitale, inclusi software e macchinari. Spesso, infatti, le PMI possono trovare proprio nell'adozione di applicativi e gestionali uno strumento di analisi, conoscenza ed efficientamento del proprio stesso business. Infine, è importante coinvolgere "ambasciatori della digitalizzazione" che possano fare formazione tra le PMI, per esempio i professionisti e i consulenti, anche attraverso meccanismi premiali.
Lo studio si conclude con una stima dei possibili costi di una misura di tale entità, rivolta prevalentemente alle PMI e organizzata in forma di voucher. Un simile strumento potrebbe avere un costo per l'erario stimabile attorno ai 700 milioni di euro annui per cinque anni; nel caso fossero escluse dall'agevolazione le microimprese con meno di tre addetti - al fine di focalizzare le risorse sulle imprese con prospettive di crescita dimensionale - il costo potrebbe essere stimato attorno a 500 milioni di euro annui.
Il Briefing Paper di Claudia Marchese "Il processo di transizione digitale delle PMI. Alcune proposte alla luce dell'analisi comparata" è liberamente disponibile qui (PDF)