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Segregate, escluse e private di diritti. Il quadro desolante delle persone migranti. Dall’Europa, all’Africa, all’America

Foto via Centro di Ateneo per i diritti umani Antonio Papisca/Creative Commons
Il nuovo Dossier Statistico sull’Immigrazione 2025 restituisce una panoramica in cui emergono ancora esclusione sociale e discriminazioni sistemiche sul lavoro in cui sono coinvolti lavoratori e lavoratrici migranti. Nel frattempo, Almasri è stato arrestato in Libia.
1. Dossier Immigrazione 2025: tra segregazione occupazionale ed esclusione sociale
Il Centro Studi e Ricerche Idos ha pubblicato un nuovo rapporto sull’Immigrazione che non solo sfata nuovamente miti sui numeri delle persone straniere presenti in Italia ma evidenzia una panoramica ancora caratterizzata da forti disuguaglianze sociali.
Innanzitutto: “Lo Stato italiano spende, in servizi e prestazioni sociali, 34,5 miliardi di euro per i cittadini stranieri che vivono in Italia ma questi restituiscono alle casse pubbliche, in tasse e contributi 39,1 miliardi: la bilancia pende a favore dell’erario per un contributo positivo di ben 4,6 miliardi di euro”, si legge in uno degli highlight del Dossier. E ancora, sull’ingresso per lavoro: “I decreti flussi sono sempre più usati a scopo di sfruttamento lavorativo, concorrendo ad alimentare il fenomeno della tratta [...]. Se da un lato, in 11 anni, lo sfruttamento sessuale è passato dal 50% all’24% [...] quello lavorativo è salito in testa al 38,2% delle prese in carico” [questi dati sono stati rilevati dalle segnalazioni effettuate al Numero verde per la prevenzione dello sfruttamento lavorativo]. Inoltre, nonostante lievi miglioramenti il: “23,1% di residenti in Italia a rischio di povertà o esclusione sociale è un dato medio fortemente differenziato per cittadinanza, dato che tra gli italiani scende al 21,2% e tra gli stranieri arriva addirittura al 37,5%”. Si parla quindi, secondo il Dossier, di “etnicizzazione della povertà”. La condizione di povertà aumenta nettamente se si parla di minori stranieri: “nel 2024, infatti, i minori stranieri a rischio di povertà sono il 43,6% degli under 18, un’incidenza superiore di 20 punti percentuali a quella dei coetanei di cittadinanza italiana, che si ferma al 23,6%”.
Infine, sulla scuola: “Continua [...] a persistere la divaricazione nella scelta dell’istituto superiore tra italiani e stranieri, con questi ultimi che optano maggiormente per gli istituti tecnici (39,3% a fronte del 31,0% degli italiani) e professionali (27,9% contro 15,2%) e meno per i licei (32,9% vs 53,9%), dove gli stranieri si fermano al 5,4% degli iscritti complessivi, mentre raggiungono il 14,7% negli istituti professionali”.
2. Almasri è stato arrestato in Libia
Osama Almasri Njeem, noto come Almasri, l'ex capo della polizia giudiziaria libica ricercato dalla Corte penale internazionale (Cpi), è stato arrestato in Libia per tortura e omicidio. Le sue vittime hanno dichiarato che faranno causa al governo italiano per danni. L'Italia aveva infatti aiutato Almasri a tornare in Libia dopo il suo arresto a Torino il 19 gennaio.
“La notizia ha attirato l'attenzione anche sulla sponda opposta del Mediterraneo non appena è stata diffusa. Il nome di Almasri è legato a uno dei casi più delicati che il governo guidato dal premier Giorgia Meloni ha dovuto affrontare negli ultimi mesi. Tra il 19 e il 21 gennaio, Almasri è stato arrestato e rilasciato dalle autorità italiane nonostante un mandato di cattura emesso nei suoi confronti dalla Corte internazionale di giustizia (Cig). Un volo dell'aeronautica militare italiana ha trasportato il "torturatore di Tripoli" (nome usato per lui da molti nel suo paese natale, il Nord Africa, e da alcune Ong), è stato deportato in Libia e accolto all'aeroporto della capitale da tifosi festanti” riporta InfoMigrants.
E ancora: “Gli avvocati delle vittime [...], che nei mesi scorsi avevano sporto denuncia alla Procura di Roma per la scarcerazione del loro presunto torturatore avvenuta a gennaio a Torino, hanno commentato le ultime notizie con un misto di soddisfazione ma anche di delusione per quanto accaduto lo scorso inverno. Alcuni hanno promesso di fare causa al governo italiano e ai singoli ministri coinvolti per ottenere il risarcimento dei danni. Sono molto felice, ha detto l'avvocata Angela Bitonti, che rappresenta una donna ivoriana che vive da anni in Italia ma che in passato è stata testimone delle violenze perpetrate da Almasri. Per lo Stato italiano, ha commentato, questo è in ogni caso un imbarazzo. Presto presenteremo una richiesta di risarcimento”.
3. Italia e Libia: un rapporto di ricatti e potere
Nonostante il governo continui a vantarsi del rapporto privilegiato con la Libia, la realtà è un po’ diversa dalle apparenze.
“Tanto strategica e necessaria quanto indomabile. Destreggiarsi in Libia, per il governo italiano, è più complicato del previsto. Troppi gli interessi in gioco per Roma: dall’energia ai migranti passando per la sicurezza. Ma a dominare sullo scacchiere libico, benché Giorgia Meloni provi a fare la voce grossa in ogni occasione pubblica utile, è la Turchia. L’Italia è semplicemente un attore di secondo piano”, scrive il giornalista Youssef Hassan Holgado su Domani. E ancora: “Lo dimostra la vicenda Almasri. Il torturatore libico, per stessa ammissione del direttore dell’Aise Giovanni Caravelli, è stato liberato per tutelare gli interessi italiani nel paese. Lo dimostra il memorandum che ci garantisce la “collaborazione” con la violenta guardia costiera libica, a cui forniamo strumenti e addestramento, entrato in vigore nel 2017 e recentemente rinnovato. Soldi e mezzi per evitare gli sbarchi in Italia”.
Infine: “Chi frequenta gli ambienti diplomatici è convinto che, nel lungo periodo, la Libia sarà più necessaria all’Italia di quanto l’Italia sia necessaria alla Libia. In fondo, un eventuale vuoto lasciato da Roma può essere colmato da tutti gli altri attori internazionali. Per questo motivo Meloni si muove con cautela, utilizzando anche il soft power (il nostro paese ospita, ad esempio, le finali del campionato di calcio libico che, negli ultimi due anni, hanno fatto notizia soprattutto per la presenza dei capi delle milizie e disguidi di ogni tipo)”.
4. Peggiora la tutela dei diritti delle persone rifugiate in Kenya
Almeno fino al mese di agosto, tutte le persone rifugiate del campo profughi di Kakuma, in Kenya, ricevevano la stessa quantità di aiuti alimentari, ma la situazione è cambiata radicalmente quando decine di migliaia di residenti sono rimasti esclusi dall'assistenza.
“Un nuovo sistema mirato, noto come assistenza differenziata, ha sostituito la distribuzione generalizzata come misura di riduzione dei costi in risposta alla riduzione dei budget per gli aiuti. Invece di ricevere un sostegno equo, il Programma Alimentare Mondiale (WFP) ha suddiviso i rifugiati in quattro categorie, ricevendo diversi livelli di assistenza in base alla loro percepita vulnerabilità”, scrivono i reporter Madison Bakewell, Vittorio Bruni e Olivier Sterck sul New Humanitarian. E ancora: “La principale argomentazione a sostegno dell'assistenza differenziata è che distribuire equamente le razioni alimentari è inefficiente: alcune persone che potrebbero potenzialmente farcela senza aiuti, li ricevono comunque. Eppure, a Kakuma, il costo sociale di questo errore di inclusione è minimo. I nostri dati mostrano che praticamente tutti vivono in povertà e i meccanismi di redistribuzione locale sono solidi”.
Infine: “La crisi sta avendo un impatto devastante sulla salute mentale dei rifugiati. Storie di morte e disperazione sono emerse in ogni singola conversazione che abbiamo avuto, un fenomeno che abbiamo incontrato solo sporadicamente nei nostri nove anni di ricerca a Kakuma. I pensieri suicidi erano diffusi, e alcuni genitori avevano persino preso in considerazione l'idea di suicidarsi nella speranza che i loro figli potessero essere riclassificati e ricevere assistenza. Quasi tutti affermavano che i suicidi erano in aumento”.
5. Proteggere privacy e diritti delle persone migranti
Statewatch ha pubblicato un manuale - ovvero Data protection handbook on asylum and migration in Europe - che spiega come la normativa sulla protezione dei dati possa essere utilizzata per ottenere rimedi e risarcimenti per le persone che rientrano nei sistemi di immigrazione e asilo dell'UE.
“Il sistema di immigrazione e asilo dell'UE è regolato da una fitta e complessa rete di leggi e prassi. Tale sistema si affida sempre più alle tecnologie digitali e ai database, aggiungendo un ulteriore livello di complessità. I dati personali raccolti, archiviati ed elaborati tramite questi sistemi possono essere cruciali nella valutazione della richiesta di protezione internazionale, di visto o per contestare l'espulsione di un individuo”, viene riportato da Statewatch. E ancora: “Fondamentale [...] è la conoscenza dei diritti alla privacy e alla protezione dei dati, nonché delle politiche, della legislazione, della prassi e della giurisprudenza che li plasmano [...]. Le violazioni dei diritti alla privacy e alla protezione dei dati possono essere alla base di altre violazioni dei diritti delle persone nei sistemi di immigrazione e asilo. Le espulsioni possono essere effettuate in base a un errore di identità. Alle persone può essere negato il visto a causa di una valutazione algoritmica. La polizia può continuare a molestare qualcuno che è stato erroneamente etichettato come un pericolo per la sicurezza nazionale”.
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