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Carcere e negligenza di stato
Foto via Instagram/Movimento Migranti e Rifugiati Napoli ([link removed])
“Verità e giustizia per Alhagie Konte”, così si chiamava il 26 enne deceduto nel carcere di Poggioreale (Napoli) nell’assenza di cure mediche; nel frattempo il governo ha intenzione di costruire un nuovo Cpr a Trento.
1. Morire di tubercolosi in carcere
Si chiamava Alhagie Konte il 26enne morto di tubercolosi nel carcere di Poggioreale, a Napoli. Ancora da chiarire le circostanze della sua morte. Secondo ([link removed]) l’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigraizone): “La morte di Alhagie Konte, in un contesto di sovraffollamento estremo e degrado igienico, rappresenta una violazione del diritto alla salute sancito dall’articolo 32 della Costituzione e del principio di umanità della pena di cui all’articolo 27”.
“Il giovane si trovava detenuto a Poggioreale da ottobre 2024; in esecuzione di una condanna per fatti di lieve entità legati al piccolo spaccio di stupefacenti. Fino ai mesi estivi del 2025 risultava in buona salute e svolgeva regolare attività lavorativa all’interno dell’istituto. Durante l’estate sarebbe stato sottoposto a un periodo di isolamento di circa un mese, in merito al quale non risultano ancora chiare le motivazioni, racconta la sua avvocata Lucia Esposito. Al termine di quel periodo, le sue condizioni fisiche sarebbero apparse gravemente peggiorate: notevole dimagrimento, tosse persistente e forte debilitazione. La legale dice che, secondo diverse testimonianze raccolte, nonostante le richieste di cure mediche, l’assistenza sanitaria sarebbe stata tardiva o insufficiente. Alcuni compagni di cella hanno riferito di aver dovuto trasportarlo di peso fino alla medicheria affinché ricevesse le prime cure”, riporta
([link removed]) la giornalista Federica Pennelli su Domani.
In risposta, il Movimento Migranti e Rifugiati Napoli ha organizzato una manifestazione ([link removed]) per chiedere verità e giustizia per Alhagie Konte: “"All'interno di quel posto non c'è nulla che ha a che fare con la giustizia – sottolinea Mascolo – le condizioni sono drammatiche, sia per lo spazio che per condizioni igieniche. Le docce sono in condizioni igienico sanitarie da prigione libica, su 4 vani doccia ne funzionano 2, hanno l'acqua calda un'ora al giorno”, riporta ([link removed]) il giornalista Antonio Musella su Fanpage.
2. Il Consiglio di Stato boccia boccia il capitolato d’appalto dei Cpr
In seguito a un ricorso effettuato dall’Asgi sull’illegittimità dello schema con cui le prefetture chiedono agli enti gestori di fornire servizi nei Cpr, il Consiglio di Stato blocca tutto.
“Sui Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) il ministero dell’Interno ha subito un’altra battuta d’arresto. Tre gare d’appalto attualmente in corso verranno probabilmente revocate in attesa di un nuovo capitolato: si tratta Trapani, Bari e Gradisca d’Isonzo (GO) dove la gestione della Cooperativa sociale Ekene che perdura dal novembre 2019 a questo punto potrebbe essere ulteriormente prorogata. Nei Cpr di Macomer, Torino, Milano e Roma invece bandi si sono invece già conclusi nei mesi scorsi e i contratti sono stati siglati proprio sulla base di quello “schema” -promulgato dal Viminale attraverso un decreto il 4 marzo 2024- considerato illegittimo dai massimi giudici amministrativi”, scrive ([link removed]) il giornalista Luca Rondi su Altreconomia. E ancora: “i giudici scrivono che il capitolato d’appalto presenta diversi profili di illegittimità, soprattutto con riferimento alle questioni relative
alla salute delle persone trattenute, tra cui le ore insufficienti relative alle figure mediche specialistiche e i protocolli relativo al rischio suicidario. Il Viminale, si legge nella sentenza, avrebbe dovuto chiedere i pareri sul contenuto del capitolato al ministero della Salute e al Garante per le persone private della libertà personale ma non l’ha fatto”, afferma l’avvocato Salvatore Fachile, intervistato da Rondi.
Infine: “[...]. In attesa che il legislatore ponga rimedio siccome il capitolato è illegittimo le prefetture devono fin da subito intervenire sul tema. Le gare d’appalto in corso verranno probabilmente revocate in attesa che vi sia un nuovo capitolato”.
3. Nel frattempo, a Trento potrebbe nascere un nuovo Cpr
Entro la fine del 2026 a Trento potrebbe nascere un nuovo centro rimpatri per le persone migranti.
“Entro la fine del 2026 a Trento dovrebbe essere costruito e diventare operativo un nuovo CPR, centro di permanenza per il rimpatrio, cioè un posto in cui vengono detenute le persone migranti che si trovano irregolarmente in Italia in attesa di essere espulse. Sono posti estremamente problematici, per molte ragioni: la prima è che le condizioni di detenzione sono pessime e degradanti, e al loro interno sono state documentate gravi violazioni dei diritti umani; la seconda è che si sono dimostrati inefficaci al loro scopo, quello di rimpatriare le persone migranti irregolari: succede solo per meno della metà di quelle che ci transitano”, riporta ([link removed]) Il Post.
E ancora: “Quello di Trento sarà l’undicesimo in Italia. In base agli accordi presi dal ministero dell’Interno con la provincia autonoma di Trento (che si amministra come una regione ed è governata da Maurizio Fugatti, della Lega), il nuovo CPR avrà 25 posti e realizzarlo costerà 2 milioni di euro”.
4. Un nuovo piano immigrazione per il Sahara Occidentale
Il Belgio ha formalmente approvato la proposta di autonomia del Marocco per il territorio del Sahara Occidentale, unendosi ai principali alleati occidentali nel sostenere il piano di Rabat. La mossa coincide con un nuovo accordo sui rimpatri e sull'immigrazione e con l'ampliamento dei legami commerciali tra Ue e Marocco, dalla gestione delle frontiere alle riserve di fosfati.
“L'iniziativa è stata formalizzata in una dichiarazione congiunta marocchino-belga firmata giovedì (23 ottobre) a Bruxelles dal ministro degli Esteri marocchino Nasser Bourita e dal ministro degli Esteri e vice primo ministro belga Maxime Prévot. L'annuncio allinea il Belgio a paesi come Stati Uniti, Francia, Germania, Spagna, Portogallo e Regno Unito, che hanno tutti espresso sostegno alla proposta del Marocco in seno al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il piano prevede il Sahara Occidentale come Regione Autonoma del Sahara sotto la sovranità marocchina, con proprie istituzioni legislative ed esecutive, mentre le autorità marocchine di Rabat mantengono il controllo su difesa, affari esteri, sicurezza nazionale, giustizia e politica monetaria”, si legge ([link removed]) su InfoMigrants. E ancora: “Parallelamente all'approvazione diplomatica, Belgio e Marocco hanno concluso un accordo
bilaterale volto a migliorare la cooperazione in materia di rimpatrio dei migranti irregolari con condanne penali. L'accordo riflette gli sforzi del Belgio per affrontare una delle sfide migratorie più persistenti: il rimpatrio dei cittadini stranieri residenti illegalmente nel paese. Secondo il quotidiano belga in lingua olandese De Tijd, tre detenuti su dieci nelle carceri belghe si trovano nel paese senza status legale”.
Infine: “l'accordo riflette anche i profondi legami tra i due Paesi. Il Belgio ospita una delle più grandi diaspore marocchine in Europa, con quasi 500.000 migranti nati in Marocco registrati nel 2012, quasi la metà dei quali ha poi acquisito la cittadinanza belga”.
5. Le persone rifugiate in Malawi sono rimaste senza aiuti
Nel corso degli anni, il campo profughi di Dzaleka è cresciuto fino a diventare una comunità a sé stante, composta da rifugiati provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo, dal Ruanda, dal Burundi, dalla Somalia e dall'Etiopia. Sono sorte scuole e piccoli mercati e, in tutto questo, un nome è rimasto costante: l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, l'Unhcr.
“Ora i tagli ai finanziamenti hanno innescato un drastico ridimensionamento dell'agenzia, cambiando la natura del campo e alimentando il timore che possa addirittura chiudere del tutto, lasciando bloccati i suoi 56.000 rifugiati. Per anni, l'Unhct ha rappresentato un'ancora di salvezza per i rifugiati come me. Era più di una semplice agenzia: era il nostro scudo contro la disperazione” riporta ([link removed]) Ndizeye Innocent [rifugiato originario del Burundi e laureato in Business Management alla Southern New Empshire University], sul New Humanitarian. E ancora: “[...] in qualità di responsabile di zona della comunità burundese, sono stato convocato a maggio per un incontro congiunto tra l'Unhcr e il Programma Alimentare Mondiale (Pam). Durante quell'incontro, hanno confermato ciò che avevamo iniziato a temere: l'Unhct stava riducendo drasticamente i suoi aiuti e il Pam avrebbe potuto essere
costretto a fare lo stesso, a meno che non intervenissero persone solidali”.
Infine: “Dzaleka è sempre stata un luogo di contraddizioni, uno spazio pensato per la sicurezza ma pieno di rischi. Nel corso degli anni, è diventato un centro di traffici illeciti , con reti che sfruttano la disperazione delle persone. Ora, con meno agenzie e meno controlli, questi pericoli si stanno moltiplicando. I rifugiati che cercano di denunciare il traffico di esseri umani subiscono minacce e intimidazioni [...]”.
6. Un nuovo naufragio al largo della Tunisia
Almeno 40 persone hanno perso la vita al largo della Tunisia.
“[Persone] migranti provenienti dall’Africa subsahariana, tra cui alcuni neonati, sono morti il 22 ottobre in un naufragio al largo della Tunisia [...]. Un’imbarcazione fatiscente in ferro, che trasportava 70 [persone] migranti, si è rovesciata al largo di Salakta, una cittadina costiera nell’est del paese, ha precisato Walid Chtabri, portavoce della procura di Mahdia”, si legge ([link removed]) su Internazionale. E ancora: “La rotta del Mediterraneo centrale è considerata una delle più pericolose del mondo, con 32.803 persone morte o disperse dal 2014, secondo i dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). La Tunisia, le cui coste distano in alcuni punti meno di 150 chilometri dall’isola italiana di Lampedusa, è diventata negli ultimi anni, insieme alla Libia, uno dei principali punti di partenza in Nordafrica per i migranti diretti in Europa”.
Infine: “secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), dall’inizio dell’anno 55.976 migranti sono sbarcati in Italia, con un aumento del 2 per cento rispetto al 2024, ma la grande maggioranza è partita dalla Libia (49.792) e solo una minoranza dalla Tunisia (3.947)”.
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