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L’orrore quotidiano, tra diritti violati ed espulsioni sistematiche
Foto via Sea Watch
Un nuovo rapporto rivela costi e disumanità dei Cpr in Albania; le autorità italiane coinvolte nella strage di Cutro sono state rinviate a giudizio.
1. Inutili, costosi e disumani i Cpr in Albania
Un nuovo rapporto ([link removed]) di Action Aid e dell’Università di Bari evidenzia un bilancio disastroso sui Cpr in Albania.
“L’operazione Albania è il più costoso, inumano e inutile strumento nella storia delle politiche migratorie italiane. 570mila euro sono i pagamenti fatti dalla Prefettura di Roma all’ente gestore Medihospes per 5 giorni di reale operatività: 114mila euro al giorno per detenere 20 persone, tra metà ottobre e fine dicembre 2024, liberate poi tutte in poche ore”, si legge nel rapporto. E ancora: “rimpatri al minimo storico dal 2014. La giustificazione principale per l’esistenza dei Cpr è che rendano più efficace la politica di rimpatrio. Ma il ricorso alla detenzione aumenta solo i costi economici ed umani dei rimpatri e, pur prevedendo tempi più lunghi (fino a 18 mesi, dal settembre 2023), non incide sul numero di rimpatri effettuati. Nel 2024 si registra il minimo storico dal 2014: solo il 41,8% (2.576) delle persone in ingresso in un centro di detenzione, su un totale di 6.164, è stato rimpatriato [...]”.
Non solo i costi, la violazione dei diritti umani è sistematica e costante, come evidenzia persino l’attivista Greta Thunberg, recatasi a Gjader: Il governo albanese ha concesso all'Italia un'area dove vengono trattenute centinaia di persone senza permesso di soggiorno, bloccandole in condizioni estremamente disumane, dove sono costretti a sprecare giorni interi ad aspettare [...]. Il mito puramente razzista secondo cui qui si trovano criminali che scontano la loro pena deve essere sfatato e non dobbiamo lasciarci ingannare da questa propaganda [...]. Nessuno è illegale, il diritto di chiedere asilo e il diritto internazionale devono sempre essere rispettati”, riporta ([link removed]) Euronews.
2. Strage di Cutro: autorità italiane rinviate a giudizio
Svolta nelle indagini sulla strage di Cutro, il naufragio avvenuto due anni fa dove sono decedute oltre novanta persone. Rinviati a giudizio alcuni membri della guardia di finanza e della guardia costiera italiane.
“[...] Per quel naufragio, sono stati rinviati a giudizio quattro militari della Guardia di finanza e due della Guardia costiera. La procura della repubblica di Crotone gli contesta i reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo in relazione alla mancata attivazione del Piano per la ricerca e il salvataggio in mare. I militari in questione sono Giuseppe Grillo (capoturno della sala operativa del Reparto operativo aeronavale della Guardia di finanza di Vibo Valentia); Alberto Lippolis (comandante del Roan); Antonino Lopresti (ufficiale in comando tattico); Nicolino Vardaro (comandante del Gruppo aeronavale di Taranto); Francesca Perfido (ufficiale di ispezione dell’Imrcc di Roma – Italian Maritime Rescue Coordination Center), e Nicola Nania (in servizio al V Mrsc di Reggio Calabria). Secondo la procura, nelle operazioni di soccorso, c’è stata una serie di negligenze e sottovalutazioni che ha contribuito al naufragio”, scrive
([link removed]) il giornalista Youssef Hassan Holgado su Domani. E ancora: “se ciascuno avesse fatto il suo dovere, 94 fra donne e uomini, bambine e bambini sarebbero salvi. Ora un processo stabilirà le responsabilità individuali. Ma è certo che lo stato quella sera stette a guardare”, afferma Francesco Verri, avvocato che difende i familiari delle vittime.
Infine: “a salutare con favore il rinvio a giudizio sono le sei Ong Emergency, Louise Michel, Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, SOS Humanity e SOS Mediterranee, tutte ammesse parte civile nel processo. In una dichiarazione congiunta affermano: con il rinvio a giudizio si avvicina la possibilità di ottenere verità e giustizia”, riporta ([link removed]) Melting Pot Europa.
3. L’ostruzionismo italiano nei confronti del soccorso in mare
Una dichiarazione firmata da 32 organizzazioni di tutta Europa chiede la cessazione immediata dell'ostruzione sistematica delle attività di ricerca e soccorso (Sar) delle Ong da parte dello Stato italiano. Solo nell'ultimo mese, le navi delle Ong sono state fermate tre volte a causa di restrizioni legali basate su accuse ai sensi del decreto Piantedosi. Una nave, la Nadir, gestita dall'organizzazione Resqship è stata fermata due volte di seguito.
“L'attuazione di ostacoli legali e amministrativi persegue un obiettivo ovvio: tenere le navi Sar lontane dalle loro aree operative, limitandone drasticamente la presenza attiva in mare. Senza la presenza di mezzi e velivoli delle Ong, più persone annegheranno durante la fuga attraverso il Mediterraneo centrale, e violazioni dei diritti umani e naufragi avverranno inosservati. Le imbarcazioni più piccole svolgono un ruolo cruciale: monitorano la rotta, forniscono il primo soccorso alle persone a bordo di imbarcazioni in difficoltà e, quando necessario, le imbarcano fino all'arrivo di imbarcazioni meglio equipaggiate”, riporta ([link removed]) Statewatch.
E ancora: “in base al diritto marittimo internazionale, ogni comandante di nave ha l'obbligo di assistere le persone in difficoltà in mare. Allo stesso modo, qualsiasi Stato che gestisca un Centro di Coordinamento del Soccorso è giuridicamente tenuto a facilitare e garantire operazioni di soccorso tempestive. Eppure, oggi, ciò a cui stiamo assistendo non è un fallimento statale, ma una serie di violazioni deliberate: omissione di informazioni sui casi di emergenza, coordinamento con la cosiddetta guardia costiera libica per recuperi illegali – anche nelle acque maltesi – e permesso agli aerei Frontex di osservare naufragi e intercettazioni violente senza intervenire”.
4. L'Iran usa i bombardamenti israeliani per accelerare le espulsioni degli afghani
Dall'inizio di giugno, decine di migliaia di persone afghane hanno lasciato l'Iran e si sono riversate nella provincia occidentale di Herat, in Afghanistan. A maggio, Teheran ha fissato al 6 luglio la scadenza per l'espatrio di tutte le persone straniere non registrate, poi sono arrivati i bombardamenti israeliani sull'Iran.
“Il governo e l'opinione pubblica iraniani sono stati a lungo accusati di abusi, violenza, discriminazione e razzismo nei confronti degli afghani, ma la campagna di bombardamenti israeliana durata 12 giorni non ha fatto che peggiorare il sentimento anti-afghano. Teheran, che già da anni deportava centinaia di migliaia di afghani, ha iniziato ad accusarli di spionaggio per Israele”, riporta ([link removed]) il giornalista Ali M. Latifi sul New Humanitarian. E ancora: “gli ostacoli [di tipo legale] fanno sì che persino agli afghani registrati vengano negati i diritti e i servizi fondamentali. Gli afghani non hanno accesso alla cittadinanza, nemmeno se nati in Iran. Non possono aprire conti bancari. Molte zone del Paese sono chiuse agli afghani che affittano. Alcuni panifici hanno iniziato a rifiutarsi di vendere pane agli afghani. In alcune città, agli afghani non è nemmeno permesso accedere ai
parchi pubblici. Anche le farmacie hanno iniziato a negare il servizio ai clienti afghani”.
Infine: “alla fine del 2023, Islamabad ha dichiarato di voler espellere tutti gli stranieri illegali dal Paese. Da allora, più di un milione di afghani, compresi quelli regolarmente registrati, sono tornati in Afghanistan dal Pakistan. L’Afghanistan sta già affrontando gli effetti del cambiamento climatico, della povertà estrema e di un sistema umanitario al limite: non può soddisfare queste nuove esigenze senza un immediato sostegno internazionale”.
5. Trump vuole deportare le persone migranti nel Pacifico
L'amministrazione Trump ha chiesto che la piccola nazione di Palau, nel Pacifico, accetti i richiedenti asilo attualmente residenti negli Stati Uniti, nel contesto di una più ampia pressione da parte degli Stati Uniti per deportare i migranti verso paesi da cui non provengono.
“Palau, un paese di circa 18.000 abitanti situato appena a est delle Filippine, sta valutando una bozza di accordo per il reinsediamento di cittadini di paesi terzi provenienti dagli Stati Uniti che potrebbero richiedere protezione e non essere rimpatriati nel loro paese d'origine. La bozza di accordo non specifica quanti individui potrebbero essere trasferiti a Palau, né cosa la nazione del Pacifico riceverebbe in cambio. Entrambe le Parti terranno conto... delle richieste di asilo, protezione dei rifugiati o protezione temporanea equivalente presentate da cittadini di paesi terzi, si legge nella bozza di accordo, visionata dal Guardian. Il governo degli Stati Uniti d'America non trasferirà minori non accompagnati ai sensi del presente Accordo”, scrive ([link removed]) la giornalista Prianka Srinivasan sul Guardian.
E ancora: “questo tipo di politica sta danneggiando così tanto la strategia statunitense nel Pacifico che la Cina potrà facilmente trarne profitto, ha detto [Camilla] Pohle, [analista del Pacifico] [...].Non è la prima volta che gli Stati Uniti chiedono a Palau di accogliere persone. Nel 2009, Palau accettò di reinsediare 17 musulmani cinesi detenuti a Guantanamo Bay”.
6. Un nuovo salvataggio nel Mediterraneo
La Life Support approda ad Ancona con 71 persone salvate.
“Si è concluso poco dopo le 15 di oggi, nel porto di Ancona, lo sbarco delle 71 persone soccorse dalla Life Support, la nave di ricerca e soccorso di Emergency, nelle acque internazionali della zona Sar libica”, riporta ([link removed]) AnconaToday. “Lunedì 21 luglio, in due diversi interventi, la Life Support era andata in aiuto di due imbarcazioni entrambe sovraffollate e in condizioni precarie: un gommone con 50 persone e un forte odore di benzina a bordo nel primo caso, un barchino in vetroresina con 21 persone nel secondo caso. Nessuno dei naufraghi indossava il salvagente e tutte le persone soccorse, tra cui 2 donne di cui una al nono mese di gravidanza e 15 minori non accompagnati, sono state portate al sicuro a bordo della nave di Emergency”.
E ancora: “le operazioni di sbarco si sono svolte senza difficoltà grazie anche alla collaborazione con le autorità e ai volontari che ci hanno assistito, commenta Domenico Pugliese, comandante della Life Support. Mentre ci prepariamo per una nuova missione, ora che i naufraghi sono finalmente al sicuro a terra non possiamo che augurare a tutti loro e al nascituro il meglio per il futuro”.
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