Nella nuova puntata delle Cronache dal Fronte Liberista, Serena Sileoni, Carlo Amenta e Carlo Stagnaro passano in rassegna le notizie più importanti della settimana.
Dal China Shock al "Walmart Effect": lo studio che (non) ha fatto notizia
Il casus belli della guerra commerciale di Trump alla Cina, come sappiamo, ruota intorno alla convinzione che la crescita sul mercato globale dei prodotti cinesi a basso costo dalla fine degli anni Novanta abbia negli anni penalizzato l'occupazione nella manifattura americana. Ma, numeri alla mano, la perdita di posti di lavoro dovuta al "China Shock" è stata davvero così netta e diffusa? Uno studio del National Bureau of Economic Research evidenzia come in realtà la contrazione sia stata localizzata, temporanea e in poco tempo bilanciata sia dalla crescita del settore dei servizi che dai benefici della riduzione dei prezzi sia al consumatore che alle aziende, capaci così di rimanere competitive a livello globale e di mantenere o ampliare il personale. Una serie, insomma, di effetti positivi a cascata raramente tenuti in considerazione nel dibattito americano (e non solo) rispetto alla globalizzazione.
L'accordo fra Regno Unito e Unione Europea: ritorno di fiamma o sindrome di Stoccolma?
Recentemente è stato firmato un accordo fra Regno Unito e Ue che rimette in discussione alcuni dei temi della Brexit. Nello specifico, l'accordo sancisce la partecipazione britannica a RearmEU, l'omologazione degli standard sui prodotti alimentari per facilitarne il transito (risolvendo non pochi grattacapi amministrativi alla frontiera irlandese), una proroga alla possibilità per le marinerie europee di pescare in acque inglesi e altre disposizioni collaterali sul rientro nel programma Erasmus. Abbattere le barriere agli scambi è sempre cosa buona e giusta, ma specie considerando i risultati dei sondaggi post-Brexit e il largo margine di pentimento rispetto all'esito del voto, non si può fare a meno di notare come questa nuova forma di partnership sia in un certo senso peggiorativa per gli inglesi, non più chiamati a contribuire (con il loro approccio tradizionalmente più favorevole al mercato) all'elaborazione delle regole europee.
Trumpmageddon: oppure no? Gli anticorpi delle istituzioni americane
Siamo oramai tristemente abituati all'abuso retorico sulla "fine della democrazia" che segue la vittoria alle urne dei concorrenti o dei partiti invisi a chi ne fa uso. Il sistema giudiziario statunitense, però, pare voler dissentire sonoramente rispetto a questa vulgata disfattista. In soli quattro mesi di presidenza, infatti, Trump ha perso moltissime cause intentate dalle entità colpite dalle sue misure, con l'ultima, in ordine di tempo, rappresentata dal verdetto unanime della US Court of International Trade sui dazi del Liberation Day e, specificatamente, sulla loro attuazione grazie all'uso dei poteri emergenziali accordati al Presidente dal International Emergency Economic Powers Act del 1977. Il caso, sollevato fra gli altri da Ilya Somin, si è concluso con l'ingiunzione della corte a disapplicare i dazi: rimane adesso da vedere se verrà sottoposto ad ulteriori gradi di giudizio.