
| Cronache dal Fronte Liberista |
Nella nuova puntata delle Cronache dal Fronte Liberista, Carlo Amenta, Serena Sileoni e Carlo Stagnaro commentano gli ultimi eventi che hanno segnato la cronaca nazionale e internazionale. Di nuovo la sugar tax. Con un poco di zucchero, l'aliquota va su!
Dopo anni e anni di rinvii, anche ad opera delle stesse forze di governo che l'avevano proposta nel 2019, la sugar tax potrebbe stavolta arrivare davvero. Esclusa la volontà di dar corpo allo spirito dello Stato etico che dapprima l'aveva ispirata - vista peraltro l'assenza di evidenze positive che abbiamo già documentato nel 2013, dal momento che simili misure spingono piuttosto i consumatori più poveri verso prodotti di minore qualità - non sorprende che l'intento della sugar tax sia quello di batter cassa. Gli introiti su base annua si quantificano in 600 milioni di euro, dimezzati per il 2025 data l'entrata in vigore fissata per il 1° luglio: una cifra tutto sommato esigua nell'ambito del bilancio dello Stato. La decisione, però, di tirare fuori dalla naftalina una tassa dagli effetti controproducenti a fronte di un gettito tutto sommato poco significativo la dice assai lunga sullo stato dei nostri conti pubblici.
Il ritorno dell'economia bellica
Dopo il vertice di Monaco, in cui addirittura si è ventilato l'impiego di una forza di interposizione "boots on the ground" nel conflitto in Ucraina mentre alcuni paesi del continente hanno già ripristinato la leva obbligatoria, la guerra fa muovere anche il fronte economico. Sembrano infatti essere tornati gli investitori nel settore degli armamenti, ma anche nella ricerca tech a scopo bellico. Non è però tanto l'annuncio della possibilità per gli Stati dell'Unione di allargare i cordoni della borsa per la difesa ad aver innescato i mutamenti in atto in un campo solitamente ostico per l'immagine degli investitori: a guidare la ridefinizione degli accordi nel settore sono i privati.
Difendere l'Europa da se stessa: Draghi, von der Leyen, i dazi e la semplificazione delle regole UE
Il discorso di Ursula von der Leyen sulla necessità di deregolamentare per risollevare l'Unione dal pantano di regole e dazi che ne imbrigliano la competitività deve certamente aver fatto sollevare più di un sopracciglio a Bruxelles. A cosa si deve questo cambiamento d'indirizzo? Basterà l'appello alla semplificazione a scuotere le fondamenta di una burocrazia che perpetua se stessa, e ad indirizzare i funzionari verso un modo di agire esattamente contrario a quello con cui hanno finora svolto il proprio ruolo? Non possiamo saperlo, ma in una storia come quella della Ue, fatta di scatti con la palla al piede, l'ottimismo ci impone di non escludere a priori la possibilità di un revival nel solco dei principi originali del progetto europeo.
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