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Subject “Omicidio di stato”. Le piazze chiedono verità e giustizia per Ramy Elgaml
Date January 13, 2025 10:09 AM
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Le persone si sono mobilitate per manifestare contro la violenza della polizia nei confronti di Ramy Elgaml

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“Omicidio di stato”. Le piazze chiedono verità e giustizia per Ramy Elgaml

Foto viaTwitter/Milano in Movimento ([link removed])

Le persone si sono mobilitate per manifestare contro la violenza della polizia nei confronti di Ramy Elgaml, il 19enne deceduto in seguito all’inseguimento da parte di carabinieri. Nel frattempo la Cedu, in una sentenza storica, condanna i respingimenti sistematici della Grecia nei confronti di richiedenti asilo.

1. Le piazze chiedono giustizia per Ramy Elgaml

In seguito alla pubblicazione del video dell’inseguimento dei carabinieri nei confronti di Fares Bouzidi e Ramy Elgaml - 19 enne di origine egiziana - deceduto in seguito all’impatto dell’auto dei primi con il motorino di questi ultimi, sono state chiamate diverse piazze italiane per manifestare contro la violenza della polizia.

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“Ci sono due ricostruzioni della polizia locale di Milano sull’incidente che il 24 novembre scorso ha causato la morte del 19enne Ramy Elgaml. Uno è la comunicazione di notizia di reato alla procura meneghina, l’altro un fascicolo di ricostruzione dinamica attraverso le telecamere di videosorveglianza. Entrambe concordano sul fatto che tra la gazzella dei carabinieri e il T-Max su cui viaggiava il ragazzo deceduto, seduto dietro, e Fares Bouzidi, alla guida, c’è stato un impatto poco prima che lo scooter cadesse a terra”, riporta ([link removed]) il giornalista Giansandro Merli su Il Manifesto.

Sabato 11 gennaio sono state chiamate diverse mobilitazioni dal Coordinamento Antirazzista, tra questi un corteo a Milano: “le periferie – ha dichiarato una delle organizzatrici al megafono – vengono nominate sui giornali soltanto associate a casi di cronaca, alla parola sicurezza e alla parola paura. Siamo qui non solo per ricordare Ramy e dare forza a Fares e ai loro familiari, ma anche per tutte le vittime di omicidio razziale che in Italia hanno perso la vita”, riporta ([link removed]) Fanpage che era presente al corteo.
2. La Cedu condanna la Grecia in una sentenza storica

La Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato la Grecia riconoscendo i respingimenti sistematici compiuti ai danni delle persone che cercano di arrivare nel paese dalla Turchia.
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“Nello specifico, il caso su cui la Corte si è espressa era quello di A.R.E. v. Greece ([link removed]:[%22001-238636%22]%7D) . A.R.E. è l’acronimo del nome di una donna turca di 32 anni che a marzo del 2019 fu condannata da un tribunale turco con l’accusa di far parte del movimento del religioso turco Fethullah Gülen, considerato dal governo turco un’organizzazione terroristica: Gülen è stato uno dei principali oppositori del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan fino quasi alla sua morte avvenuta nell’ottobre del 2024. A.R.E. scappò dalla Turchia e arrivò in Grecia attraversando il fiume Evros, che segna il confine fra i due paesi [...]. Secondo il suo racconto mentre stava aspettando un avvocato nella piazza centrale del paese di Nea Vyssa, vicino al confine, la polizia la arrestò e portò al valico di frontiera di Neo Cheimonio. Lì sarebbe stata tenuta per diverse ore, durante le quali avrebbe chiesto di poter presentare una domanda d’asilo, suo diritto
secondo la legge greca ed europea. La polizia invece l’avrebbe portata in un’altra stazione di polizia dove le avrebbe sequestrato scarpe, denaro e cellulare. Da lì, ha raccontato, è stata messa su un camion insieme ad altre persone migranti e portata sul fiume, dove un gruppo di persone che indossavano dei passamontagna l’ha fatta scendere e caricata insieme agli altri su un gommone, che è poi stato inviato sulla sponda turca”, riporta ([link removed]) Il Post.

La Cedu ha quindi ritenuto - nominando la violazione degli articoli 3 (su trattamenti inumani e degradanti) 4 (sul divieto di respingimento) e 5 (sulla tutela della libertà personale) - la Grecia colpevole di aver effettuato respingimenti sistematici di potenziali richiedenti asilo, ordinandole di risarcire la donna in questione, espulsa con la forza in Turchia nonostante i suoi tentativi di cercare protezione nel paese.
3. I rimpatriati siriani affrontano "condizioni disperate"

Oltre 125.000 persone rifugiate siriane sono tornate nel loro paese d'origine dalla caduta del regime di Assad all'inizio di dicembre, secondo i dati delle Nazioni Unite. Tuttavia, molte di loro non hanno né riparo né prospettive economiche positive.

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“Molte famiglie hanno poco riparo e poche prospettive economiche", si legge nel comunicato stampa ([link removed]) delle Nazioni Unite. “Finché non passeremo dalle parole ai fatti, per molti rimpatriati la loro nuova vita in Siria significherà purtroppo dormire circondati da teli di plastica", afferma il rappresentante dell'Unhcr Gonzalo Vargas Llosa, citato nel documento”. Inoltre, “secondo l'ufficio di coordinamento degli aiuti delle Nazioni Unite, OCHA , oltre ai rifugiati rimpatriati, circa 500.000 sfollati interni sradicati dalla guerra hanno fatto ritorno nella Siria nordoccidentale entro la fine dell'anno scorso. Prima della caduta del regime di Assad, si stimava che 7,4 milioni di persone fossero sfollate all'interno della Siria, di cui 2,3 milioni risiedevano nei campi e un totale di 16,7 milioni di persone dipendevano dall'assistenza umanitaria”.
4. Morire di freddo senza soccorsi in Bulgaria

Tre adolescenti egiziani hanno perso la vita per ipotermia ([link removed]) nei pressi del confine orientale della Bulgaria a dicembre. Gli attivisti dei collettivi Rotte Balcaniche e No Name Kitchen (Nnk).

“Dopo aver ricevuto le chiamate, i due gruppi si sono diretti immediatamente verso le coordinate, ma quando hanno raggiunto la zona, sono stati ostacolati dalla polizia di frontiera bulgara. Nonostante abbiano utilizzato percorsi diversi, nessuno dei due gruppi è riuscito a raggiungere i minori. Affermano che la polizia ha fermato i loro veicoli, impedendo [loro] di raggiungere i ragazzi. Nel tentativo di raggiungere il primo ragazzo, i volontari del Collettivo Rotte Balcaniche hanno riferito di essere stati fermati tre volte dalla polizia di frontiera, impedendo loro di effettuare i soccorsi”, si legge ([link removed]) su Info Migrants. E ancora: “il giorno seguente, il 28 dicembre, le squadre sono tornate nello stesso luogo scoprendo i corpi dei tre ragazzi, probabilmente morti per ipotermia”. Attorno ai corpi, sono state trovate impronte di stivali e di cani. “Nnk sostiene
che [...] le autorità non solo avevano ignorato le chiamate di emergenza e ostacolato i tentativi di soccorso, ma erano presenti e avevano scelto di non prestare soccorso o recuperare il corpo”.
Simili notizie arrivano dalla Val di Susa: “A dicembre poco più di 1.100 persone migranti sono state assistite da medici e mediche nell’ambulatorio allestito al rifugio Fraternità Massi di Oulx, in Val di Susa, vicino al confine tra l’Italia e la Francia. Alcune di loro avevano sintomi da ipotermia e congelamento, altre fratture e traumi dovuti alle cadute nel tentativo di oltrepassare la frontiera.Da novembre gli accessi all’ambulatorio sono più che raddoppiati rispetto ai primi dieci mesi dall’anno, conseguenza dei nuovi respingimenti fatti dalla polizia francese”, riporta ([link removed]) Il Post.
5. A Roma un nuovo progetto per aiutare le persone migranti

A Roma, più precisamente a Tiburtina, l’associazione Baobab Experience ha sviluppato il progetto Welcome Center, un centro per soccorrere persone migranti in difficoltà.

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“Un desk di prima accoglienza dove aiutare i migranti appena arrivati a Roma, magari ancora spaesati dopo aver attraversato il Mediterraneo, grazie a un gruppo di mediatori culturali in grado di parlare inglese, arabo, farsi, tigrini, francese e spagnolo. Uno sportello di orientamento socio-sanitario. E poi una serie di locali dove raccogliere, e poi distribuire, generi alimentari, abiti usati e sacchi a pelo. La città di Roma ha finalmente un Welcome Center per i migranti in arrivo o di passaggio in città, magari diretti verso il Nord Europa”, riporta ([link removed]) il giornalista Emiliano Pretto su Repubblica.

E ancora: “lì dove, fino a pochi mesi fa, sorgeva abbandonato un piccolo edificio completamente ricoperto da rovi, dietro ad una fatiscente rete metallica, oggi si trova un piccolo locale bianco, aperto sette giorni su sette, dalle 9 alle 18, dedicato ad aiutare i cosiddetti “transitanti” ma anche quella variegata umanità di essere umani che a Roma ci vive da tempo, dopo essere arrivata dai cosiddetti Paesi in via di sviluppo, ma che in città non ha ancora un tetto dove ripararsi. Il Welcome Center della Tiburtina sarà gestito da sei associazioni: si va da Baobab Experience, che proprio qui organizzò, tempo fa, l’accoglienza di centinaia di migranti, ad Ambiente e Lavoro, Civico Zero, Sos Razzismo, Obiettivo uomo e Più culture”.
6. I nostri nuovi articoli su Open Migration

La Tunisia continua a essere un paese dove negli ultimi due anni, le carceri tunisine si sono riempite di decine di prigionieri politici. Nonostante la repressione, non si fermano le manifestazioni di un popolo che da tempo chiede e pretende cambiamento. Ce ne parla ([link removed]) Matteo Chiani.


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