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Subject Il Senato approva il Decreto Flussi. Un ulteriore tassello che discrimina le persone migranti
Date December 9, 2024 9:50 AM
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Approvato il contestato Decreto Flussi

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Il Senato approva il Decreto Flussi. Un ulteriore tassello che discrimina le persone migranti

Foto via Twtter/SOS Méditerranée ([link removed])

Mentre il Senato approva il nuovo Decreto Flussi che peggiorerà ulteriormente le condizioni delle persone migranti, in Albania una mobilitazione di attivisti e attiviste contesta il Protocollo stipulato con l'Italia. Nel frattempo, cresce la preoccupazione per la presidenza di Trump e la sua ostilità nei confronti delle persone migranti.

1. Anche il Senato approva il contestato nuovo Decreto Flussi

Il Senato italiano ha approvato il Decreto Flussi Migranti, un altro duro colpo contro le persone migranti.

“Confermate nel testo tutte le parti oggetto di controversia, e criticate da magistrati e opposizione. C'è il nuovo elenco dei Paesi considerati 'sicuri' come Bangladesh, Egitto e Marocco; la secretazione dei contratti pubblici relativi a fornitura di mezzi e materiali per il controllo delle frontiere e delle attività di soccorso in mare; e soprattutto saranno le Corti d'Appello e non più i tribunali specializzati ad avere la competenza sulla convalida del trattenimento dei richiedenti asilo”, riporta ([link removed]) il giornalista Stefano Baldolini su Repubblica. “È una mossa mirata evidentemente a provare ad aggirare gli ostacoli giuridici che finora hanno reso impossibile usare i centri migranti costruiti in Albania”, scrive ([link removed]) il giornalista Luca Pons su Fanpage. E ancora:
“novità anche per le Ong che operano nel Mediterraneo. Il passaggio delle navi nelle acque italiane potrà essere vietato dal ministero dell'Interno per motivi di ordine pubblico (tranne nei casi di operazioni di soccorso in mare), mentre gli aerei dovranno avvisare tutte le autorità competenti quando avvistano un'imbarcazione in difficoltà – cosa che peraltro già fanno”.

“Si tratta di una norma peggiorativa della situazione attuale: è più volte capitato, infatti, che le navi Ong venissero fermate in base a false dichiarazioni della guardia costiera libica senza nemmeno verificare tutte le registrazioni di conversazioni e scambi di e-mail e messaggi radio portati dalle stesse Ong. In secondo luogo, estendere la reiterazione al proprietario della nave o all’armatore rende più severo l’effetto delle sanzioni, perché sulle navi ONG un comandante tende a cambiare più spesso rispetto all’armatore o al proprietario della nave. A questo si aggiunge che il decreto riduce i termini per presentare ricorso ai fermi imposti alle navi Ong, stabiliti dal Decreto Piantedosi”, denuncia ([link removed]) la Ong Sea Watch in un comunicato.
2. Contestato in Albania il Protocollo stipulato con l’Italia

Il Network Against Migrant Detention, composto da attivisti e attiviste provenienti da Italia, Grecia e Albania, denuncia il Protocollo stipulato dall’Italia che tra il 2 e il 3 dicembre si è mobilitato ([link removed]) contro i centri in Albania.

“Come Network Against Migrant Detention rivendichiamo: lo smantellamento dei centri italiani in territorio albanese, non contemplando quindi un altro utilizzo detentivo alternativo, l’abolizione di qualsiasi ipotesi di detenzione amministrativa delle persone migranti e richiedenti asilo, l’abolizione della nozione di Paese d’Origine Sicuro, in quanto solamente strumentale alla restrizione della protezione internazionale, la smobilitazione dei militari italiani in territorio albanese ed un loro immediato rientro in Italia, l’apertura di canali di ingresso legali e accessibili per tuttə, il diritto alla mobilità e all’autodeterminazione delle persone migranti e la possibilità di circolare liberamente, indipendentemente dalle motivazioni e dal riconoscimento di uno status”, afferma ([link removed]) il Network.

Nel frattempo, i Centri in Albania vuoti diventano “canili”: “[...] il racconto ha come protagonisti i cani randagi di Gjadër. E l’umanità degli operatori nei loro confronti. I cani sono le uniche presenze, oltre agli agenti e agli operatori, nell’area dell’istituto”, scrivono ([link removed]) la giornalista Marika Ikonomu e il giornalista Nello Trocchia su Domani.
3. Annegamenti e deterrenza nel Rio Grande

Sempre più donne e bambini stanno annegando nel tentativo di raggiungere gli Stati Uniti, mentre Texas e Messico militarizzano il confine. Le richieste di registrazione rivelano il crescente numero di morti nel Rio Grande, in mezzo a conteggi ufficiali sottostimati.

“In Texas, abbiamo documentato 858 annegamenti di persone migranti, mentre la US Customs and Border Protection (Cbp), che è legalmente tenuta a registrare le morti [...], ne ha registrate 587 lungo l'intero confine sud-occidentale. In Messico, dove nessuna singola agenzia documenta in modo esaustivo le morti legate alla migrazione, abbiamo trovato registrazioni di 249 persone annegate nel fiume. Il tratto più letale del fiume in quel periodo fu la città texana di Eagle Pass, che è stata descritta come "
ground zero per l'operazione Lone Star. Mentre la maggior parte dei corpi è stata trovata vicino ai ponti internazionali della città prima del 2021, con l'erezione di più barriere di confine sotto l'operazione Lone Star, più vittime di annegamento sono state trovate più a valle”, riporta ([link removed]) Lighthouse Reports.

E ancora: “Carolina, 27 anni, e i suoi figli Kylian, 3 anni, e il piccolo Noel, di soli due mesi, sono fuggiti dalla dittatura in Nicaragua per raggiungere il marito negli Stati Uniti. Entrambi i bambini sono annegati nell'agosto 2022, nello stesso tratto di fiume, dove polizia e militari sono stati schierati per impedire ai richiedenti asilo di toccare il suolo statunitense[...]. Nel 2022, mentre il numero di morti per annegamento raggiungeva il picco, lo stesso è accaduto per l'impiego di soldati messicani per respingere richiedenti asilo: quell'anno sono stati inviati più di 11.500 soldati dell'esercito e della guardia nazionale, il doppio rispetto al 2019, quando il Messico aveva schierato per la prima volta i suoi militari come esecutori dell'immigrazione”.
4. Con la presidenza Trump a rischio associazioni e agenzie che supportano mercorsi migratori

Mentre gli Stati Uniti e diversi paesi chiave dell'America Latina continuano a inasprire le loro politiche migratorie, un numero crescente di persone che cercano di sfuggire alle crisi umanitarie nella regione si sente sempre più costretto a rischiare rotte più pericolose.
“Con l'avvicinarsi dell'insediamento del presidente eletto Donald Trump, previsto per il 20 gennaio, aumentano i timori che i programmi che offrono percorsi sicuri e legali vengano tagliati, tra cui i Safety Mobility Offices (Smo) una piattaforma lanciata dagli Stati Uniti nel giugno 2023 in risposta al crescente flusso di migranti che raggiungono il confine meridionale con il Messico”, scrive ([link removed]) la giornalista Daniela Mohor sul New Humanitarian. “Lo scopo degli Smo, secondo il sito web del Dipartimento di Stato, è quello di aiutare le persone a trovare supporto e ad accedere a un'ampia gamma di servizi in Colombia, Costa Rica, Ecuador e Guatemala. Ciò include informazioni sui percorsi di migrazione legali e su come entrare in sicurezza negli Stati Uniti e, per numeri più piccoli, in Canada e Spagna”.

“Trump non ha rilasciato dichiarazioni dirette sugli Smo. Tuttavia, durante la sua campagna, ha insistito sulla sua intenzione di "avviare deportazioni di massa" e sospendere i reinsediamenti dei rifugiati, tra le altre misure destinate a ridurre la migrazione verso gli Stati Uniti. Durante il suo primo mandato, ha ridotto drasticamente l'ammissione di rifugiati implementando restrizioni all'ingresso di rifugiati da diversi paesi e sospendendo temporaneamente il Programma di ammissione dei rifugiati degli Stati Uniti (Usrap) in diverse occasioni. Tutto ciò ci porta a pensare che ci sia un alto rischio per la continuità degli Smo sotto la sua amministrazione”, afferma Simon Tomasi, responsabile regionale per l'America Latina e i Caraibi presso il Mixed Migration Centre, intervistato dal New Humanitarian.
5. Le Bahamas rifiutano il piano di deportazione voluto da Trump

Donald Trump avrebbe in programma di deportare le persone migranti in paesi con cui non hanno legami. Tra questi paesi ci sarebbero le Bahams che però si sono opposte.

“Secondo quanto riportato da Nbc News, il team di Donald Trump ha stilato una lista di paesi nei quali intende deportare le persone migranti quando i loro paesi d’origine si rifiutano di accettarli. Ma le Bahamas hanno affermato di aver esaminato e fermamente respinto il piano. L'ufficio del primo ministro Philip Davis ha affermato che il suo governo ha ricevuto una proposta dal team di transizione di Trump per accettare voli di espulsione di migranti da altri paesi. Dopo il rifiuto di questa proposta da parte del primo ministro, non ci sono stati ulteriori impegni o discussioni con il team di transizione di Trump, si legge nella dichiarazione”, riporta ([link removed]) dal Guardian.

E ancora: “[...] il team di Trump non ha rilasciato dichiarazioni immediate in merito al rifiuto della proposta da parte delle Bahamas[...]. Il piano di deportazione potrebbe comportare lo sfollamento permanente di persone in paesi con i quali non hanno alcun legame. Non è chiaro se alle persone deportate sarà consentito di lavorare, né quali pressioni Trump potrebbe esercitare per convincere i paesi ad accettare, ha riferito la Nbc”.

6. Cade il regime di Bashar al Assad in Siria
In Siria è caduto il regime di Bashar al Assad.

"Le immagini che arrivano dalla Siria sono tipiche dell’uscita di scena di un tiranno: statue abbattute, prigioni svuotate e palazzi aperti a tutti. Considerando la natura del regime in questione, la gioia appare assolutamente legittima, a prescindere da quali saranno gli sviluppi", scrive ([link removed]) il giornalista Pierre Hasky, riportato da Internazionale. "Ma siamo anche davanti a un sisma geopolitico ([link removed]) che non va assolutamente minimizzato. Il regime di Bashar al Assad si era salvato nel 2015 grazie all’intervento della Russia, dell’Iran e di Hezbollah, ma oggi gli stessi attori non sono stati in grado di ripetersi. L’esercito siriano si è ritirato senza combattere".

E ancora: "sono già stati istituiti corridoi logistici che collegano aree come Tal Rifaat, Gaziantep in Turchia e Aleppo, favorendo l'integrazione economica[...]. Questo potrebbe attrarre investimenti per supportare il ritorno dei rifugiati siriani. Tuttavia, è irrealistico aspettarsi che tutti i rifugiati tornino. Alcune famiglie che si sono adattate alla vita in Turchia, ad esempio imparando il turco, potrebbero scegliere di rimanere. Si prevede che il ritorno dei rifugiati sarà graduale, influenzato da fattori socio-economici e di sicurezza. La sicurezza completa deve essere prima stabilita, seguita dagli sforzi di ricostruzione e riabilitazione. La Turchia probabilmente svolgerà un ruolo di primo piano nel coordinamento di queste attività. I restanti rifugiati siriani in Turchia provengono principalmente da regioni come Hama, Homs e Manbij, città conquistate dalle forze ribelli durante la recente offensiva", riporta ([link removed]) il
giornalista Ragip Soylu su Middle East Eye.

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