Il Governo continua a criminalizzare i soccorsi in mare
Foto via Twitter/MSF
In Italia il Governo valuta nuovi provvedimenti sul Decreto Flussi e contro le Ong che soccorrono le persone in mare. Si intensificano i bombardamenti di Israele sul Libano, lasciando al loro destino, oltre alle persoen sfollate libanesi, anche molte lavoratrici migranti di altre nazionalità. Nel frattempo la Commissione Ue ignora l’inchiesta del Guardian sulla Tunisia.
1. Nuova stretta e provvedimenti sull’immigrazione: tra Decreto Flussi e Ong
Il Governo avrebbe intenzione di cambiare il Decreto Flussi, già ampiamente criticato da numerose associazioni per l’inefficacia e i processi di “irregolarizzazione” a cui sono destinate le persone lavoratrici migranti, come più volte denunciato dalla campagna Ero Straniero.
“Lo scorso anno, per la prima volta, lo strumento che disciplina l’ingresso regolare della forza lavoro straniera è stato programmato su base triennale, fino al 2025, con la cifra record di 450mila posti. Nei mesi seguenti sono state segnalate irregolarità nel meccanismo, che secondo esponenti governativi sarebbe utilizzato dalla criminalità organizzata in un sistema di compravendita degli accessi al territorio. A tale proposito a giugno la premier Giorgia Meloni ha depositato un esposto alla procura nazionale antimafia”, scrive il giornalista Giansandro Merli su Il Manifesto. E ancora: “la bozza del decreto Flussi viene discussa, il testo viene esaminato punto per punto ma i conflitti dentro la maggioranza, soprattutto di competenza tra i dicasteri, sono troppo profondi per arrivare all’approvazione del documento, che viene rispedito agli uffici legislativi e rinviato alla prossima riunione” riporta la giornalista Gabriella Cerami su Repubblica.
Nel frattempo, il Governo punta a sanzionare ulteriormente le Ong: “non solo una stretta sui trattenimenti e il diritto d'asilo, ma anche nuove e specifiche regole per gli aerei delle Ong che operano nel Mediterraneo. [...] Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch Italia, ha spiegato a Fanpage.it perché questo intervento ricalca il decreto Piantedosi dello scorso anno (che aveva dato indicazioni simili alle navi) e quali sono i suoi due obiettivi. Da una parte, ancora una volta, cercare di scaricare sulla Libia o la Tunisia tutte le responsabilità per i soccorsi in mare, nonostante non siano Paesi sicuri, e obbligare gli aerei a seguire solo le loro indicazioni (cosa che va contro il diritto internazionale). Dall'altra, togliere di mezzo "testimoni scomodi" che possano osservare e riportare "l'altissimo costo in termini di vite umane" delle politiche migratorie italiane ed europee”, riporta il giornalista Luca Pons su Fanpage.
2. Lavoratrici migranti abbandonate in Libano
Mentre Israele continua a bombardare il Libano, tra le persone sfollate sono presenti anche lavoratrici migranti - prevalentemente africane e asiatiche - che lavoravano come domestiche, ora lasciate sole.
“Gli attacchi aerei, che hanno ucciso 620 persone e ne hanno sfollate più di 90.000 solo nell'ultima settimana, rappresentano l'escalation più imponente e mortale dalla guerra del 2006 tra Israele e Hezbollah [...]. C'è particolare preoccupazione per le lavoratrici domestiche migranti, che spesso vivono con i loro datori di lavoro e sono costrette a consegnare i loro documenti di identità. Molte delle 176.000 lavoratrici domestiche migranti del Libano sono anche donne che lavorano in condizioni di sfruttamento per salari estremamente bassi che rendono proibitivo il costo di un biglietto per uscire dal paese. La maggior parte proviene dall'Etiopia, mentre altre provengono dal Bangladesh, dalle Filippine, dal Kenya [...]. Una lavoratrice domestica, una giovane donna del Gambia di nome Anna, sarebbe stata uccisa in un attacco aereo questa settimana nella casa del suo datore di lavoro nel sud”, scrivono i giornalisti Madeline Edwards e Joao Sousa sul New Humanitarian.
E ancora: “Melissa Wangari, una 29enne del Kenya, ha dichiarato che i suoi datori di lavoro non solo l'hanno abbandonata in un villaggio del sud mentre era sotto i bombardamenti israeliani, ma le hanno anche portato via il passaporto. Wangari ha lasciato il figlio a Nairobi nel 2022 per guadagnare soldi in Libano. È arrivata tramite un'agenzia di lavoro, come parte del sistema kafala [ne avevamo parlato in un articolo su Open Migration], che è stato a lungo criticato dagli attivisti per i diritti umani e i migranti [in quanto sistema che sfrutta le persone]”.
3. Nessuna risposta dalla Commissione Ue sui maltrattamenti in Tunisia
La Commissione Ue ha respinto le accuse secondo cui finanzierebbe le forze di sicurezza tunisine, accusate di stupri di massa di donne dell'Africa subsahariana in un'inchiesta del quotidiano Guardian.
“Un portavoce della Commissione ha dichiarato ai giornalisti che i finanziamenti dell'UE destinati ai programmi di migrazione vengono invece convogliati verso organizzazioni internazionali, Stati membri dell'UE e ONG presenti sul territorio. La risposta è arrivata in seguito al rapporto del Guardian, che citava un testimone, di giovani donne migranti ripetutamente stuprate dalle guardie nazionali tunisine in una base vicino al confine con l'Algeria. Il giornale afferma che l'UE sta finanziando le stesse guardie, un'accusa che la commissione nega. Ma anche in Tunisia le autorità radunano sistematicamente gli africani subsahariani e li abbandonano nei deserti vicino alla Libia e all'Algeria, secondo quanto riferito dalla guardia nazionale tunisina”, scrive il giornalista Nicolaj Nielsen su Eu Observer.
E ancora: “un documento UE ottenuto e pubblicato da Statewatch afferma che sono in corso piani per costruire e attrezzare un centro di comando e controllo per la guardia nazionale tunisina al confine con la Libia e per migliorare la cooperazione transfrontaliera con la Libia. La commissione è indicata come "attore" principale del progetto, insieme agli stati membri. Un'altra indagine condotta a maggio da un consorzio di organi di informazione ha scoperto che i veicoli utilizzati nelle discariche del deserto corrispondono a quelli delle gare d'appalto finanziate da fondi europei”.
4. In Ue il numero di rimpatri eseguibili è bassissimo
Le capitali europee continuano a non eseguire la stragrande maggioranza degli ordini di espulsione di persone straniere verso i loro Paesi di origine, anche quando si tratta di Stati “sicuri”.
“In Francia, l’ultimo dato disponibile (relativo al 2022) ci dice che gli ordini di espulsione per stranieri che si trovano illegalmente nel Paese restano non eseguiti nel 93,1% dei casi. Nemmeno la Germania riesce a eseguire i rimpatri come e quanto dovrebbe. Perché succede? Per vari motivi. Innanzitutto, tra tutte le persone migranti che andrebbero rimpatriate una buona parte è di nazionalità ignota: non si sa nemmeno dove andrebbero rimandate. Moltissimi altri casi risultano classificati come "non eseguibili" per diverse cause, da motivi di salute a intoppi burocratici o legali. E anche quando i rimpatri sono possibili, pochissime volte ci si riesce”, riporta Sky. E ancora: “in Italia la situazione non è molto diversa. Dal 2013 al 2022 sono 186mila gli ordini di espulsione rimasti non eseguiti. Soltanto 44mila le persone migranti espulse”.
Ciò quindi rende inutile anche la detenzione amministrativa che, come dicono moltissime associazioni ed esperti in materia, di fatto priva della libertà personale persone che comunque non verrebbero espulse.
5. Ancora naufragi: persone migranti soccorse da uno yacht a Lampedusa
Uno yacht di turisti e una barca di lampedusani hanno avvistato un naufragio di persone migranti, al largo dell’isola, e hanno lanciato l’allarme.
“A pochi metri dalla costa di Capo Ponente, a Lampedusa, 55 persone migranti sono state tratte in salvo ieri dalla Guardia costiera e dalla Guardia di Finanza. Ma il primissimo intervento di soccorso è avvenuto per opera di turisti che si trovavano per caso su uno yacht passato in quel tratto di mare, e di alcuni lampedusani a bordo di un'altra barca”, scrive il giornalista Luca Pons su Fanpage. E ancora: “Dopo pochi minuti sono intervenuti i militari, per recuperare il resto delle persone finite in mare. Nel frattempo, infatti, il barchino si era definitivamente ribaltato. Le 55 persone soccorse hanno poi riferito alla Guardia costiera, dopo lo sbarco al molo Favarolo di Lampedusa, che inizialmente a bordo sarebbero stati in 58, tra cui un minorenne. Dunque sono partite le ricerche per i tre dispersi: tre motovedette hanno percorso il tratto di mare davanti a Capo Ponente, ma senza trovare nessuno”.
6. Perché migliaia di persone migranti haitiane si sono stabilite a Springfield
Negli ultimi anni, molte persone migranti da Haiti si sono stabilite a Springfield in Ohio, attratte dal basso costo della vita e dall'abbondanza di posti di lavoro. Ma ora, in vista delle elezioni presidenziali, la città si è ritrovata coinvolta nell'acceso dibattito sull'immigrazione.
“Durante il dibattito presidenziale [...], l'ex presidente Donald J. Trump ha ripetuto un'affermazione smentita secondo cui gli haitiani di Springfield avrebbero rapito e mangiato animali domestici”, scrive la giornalista Miriam Jordan sul New York Times. E ancora: “un tempo polo manifatturiero, Springfield ha visto la propria economia contrarsi dopo che le fabbriche hanno iniziato a chiudere[...]. Intorno al 2015, la sua popolazione si era ridotta a meno di 60.000, da circa 80.000 alla fine degli anni '60 e all'inizio degli anni '70 [...]. Gli haitiani in Florida, Haiti e Sud America hanno sentito da amici e parenti di Springfield e della necessità di lavoratori. Hanno iniziato ad arrivare per accettare lavori nei magazzini, nella produzione e nel settore dei servizi, e i datori di lavoro hanno esortato i nuovi lavoratori a incoraggiare altri haitiani a unirsi a loro”.
Infine: “alcuni degli haitiani di Springfield vivono negli Stati Uniti da molti anni e hanno uno status legale permanente, o green card. Alcuni hanno attraversato il confine meridionale o sono volati direttamente negli Stati Uniti negli ultimi anni. L'amministrazione Biden ha concesso lo status di protezione temporanea fino al 3 febbraio 2026 agli haitiani arrivati negli Stati Uniti entro e non oltre il 3 giugno 2024, e tale status può essere rinnovato [...]”.
Il team di Open Migration
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