La Gran Bretagna è alle prese con delle rivolte contro gli immigrati
Foto via Twitter/Eva Millan
In diverse città si sono verificate violenze. Nate da notizie false circolate sul web hanno evidenziato un problema che, risalente ai tempi della Brexit, il governo è chiamato ad affrontare.
1. Le rivolte anti-immigrazione nel Regno Unito
Nei giorni scorsi il Regno Unito ha vissuto ima serie di rivolte violente anti immigrazione, partite da un fatto di cronaca avvenuto a Southport, dove tre bambine sono state uccise. Gruppi di estrema destra hanno lanciato sui social l’informazione che ad averle uccise fosse stato un richiedente asilo arrivato nel paese con un barcone (invece si tratta di un ragazzo nato in Galles da genitori provenienti dal Ruanda).
Come riporta la BBC i gruppi di destra che hanno provocato disordini in diverse città britanniche non hanno organizzato direttamente le manifestazioni, ma si sono infiltrate in veglie organizzate da cittadini, per poi dare sfogo alla loro violenza.
Proprio i social, in particolare X (l’ex Twitter) sono stati fondamentali nel promuovere e coordinare le rivolte. Stephen Yaxley-Lennon, anche noto come Tommy Robinson, leader del partito di estrema destra English Defence League (per cui la vice premier britannica ha chiesto la messa al bando dopo i fatti degli ultimi giorni) è stato tra i più attivi con un video, condiviso proprio tramite la piattaforma X, che ha avuto più di un milione di visualizzazione. L’account di Robinson era stato sospeso nel 2018 dall’allora Twitter per i suoi discorsi di incitamento all’odio e poi riattivato da Musk nel 2023. Lo stesso Musk sulla piattaforma di sua proprietà ha sottolineato, condividendo un post che attribuiva la colpa delle manifestazione violente agli effetti della "migrazione di massa e delle frontiere aperte, come “la guerra civile è inevitabile”. Per poi condividere una fake news (rimossa dopo 30 minuti ma con nel frattempo 2 milioni di visualizzazioni) sulla deportazione dei manifestanti violenti arrestati in campi di detenzione nelle isole Falkland.
Nel frattempo, in numerose città, sono state organizzate delle manifestazioni antirazziste, con un numero di partecipanti ben superiore a quello delle rivolte dell’estrema destra. Anche recenti sondaggi mostrano una contrarietà ampia verso le rivolte violente, anche se un appoggio - pur se minoritario, ma più ampio - per i motivi delle proteste.
Quanto accaduto nel Regno Unito è frutto di un sentimento anti immigrazione che nel Paese - come sostiene anche Euronews - ribolle fin dai tempi della Brexit, quando la retorica contro gli immigrati fu uno dei fattori che portarono i cittadini a votare per l’uscita dall’UE.
Un nuovo discorso sull’immigrazione è probabilmente una delle sfide principali che dovrà affrontare il neo Premier britannico, il laburista Stramer che, tra i suoi primi atti, aveva definitivamente archiviato il piano di deportazione dei richiedenti asilo in Ruanda.
2. Alcuni leader africani si sono incontrati con quelli italiani e maltesi
Lo scorso mese di luglio a Tripoli si è tenuto il Trans-Mediterranean Migration Forum - un incontro che ha visto la partecipazione di alcuni leader di paesi africani, nonché quella della Premier italiana e il premier maltese - che il governo libico di Tripoli aveva dichiarato servisse a discutere di soluzioni globali al problema della migrazione irregolare.
A parlare di questo incontro è il Middle East Monitor secondo cui dalla discussione non è uscito alcun impegno in termini di fondi o di prossimi passi da intraprendere da parte dei paesi interessati. Benché secondo l’UNSMIL (United Nations Support Mission in Libya) il forum potesse rappresentare un'importante opportunità per portare avanti un approccio alla governance della migrazione basato sui diritti umani, anche su questo non sembrano essere stati passi avanti significativi.
“L'ONU in Libia - si legge nel comunicato dell’UNSMIL - invita le autorità libiche ad adottare un quadro giuridico e politico completo su migranti e rifugiati, in linea con gli obblighi internazionali della Libia in materia di diritti umani e di diritto dei rifugiati. Ciò include la ricerca di alternative alla detenzione, la fine della detenzione dei bambini e delle vittime della tratta, l'espansione di percorsi migratori sicuri e regolari, la regolarizzazione del lavoro dei migranti attraverso schemi che ne tutelino i diritti e l'attuazione di una gestione delle frontiere conforme ai diritti”. Tuttavia, come riporta sempre il Middle East Monitor, “niente di tutto ciò è una priorità per la Libia, che è divisa tra due amministrazioni, una a Tripoli, riconosciuta dalle Nazioni Unite, e una parallela a Bengasi con il controllo su lunghi tratti di percorsi migratori e su gran parte dei confini meridionali dove la maggior parte dei migranti attraversare il paese”.
3. La prima medaglia olimpica per il Refugees Olympic Team
A vincerla è stata Cindy Ngamba, atleta proveniente del Camerun, che si è aggiudicata il terzo posto e la medaglia di bronzo nella boxe. Ngamba, che a Parigi è stata anche la portabandiera del team di rifugiati, ha lasciato il suo paese a 11 anni per arrivare in Gran Bretagna. Qui, nel 2018, ha fatto coming out e da allora non può tornare in Camerun per la persecuzione che in quel paese subiscono le persone appartenenti alla comunità Lbtqi+. Ngamba anche nel Regno Unito è stata bullizzata per il suo inglese scarso e per il suo aspetto fisico, poi arrestata e trattenuta in un centro di detenzione.
Nel 2019 le è stato riconosciuto lo status di rifugiata ma, nonostante viva in Gran Bretagna da 13 anni, ancora non ha ottenuto la cittadinanza. Anche se il suo sogno è quello di gareggiare per questo paese, magari già alle olimpiadi di Los Angeles 2028.
4. Migranti intercettati dalla guardia costiera libica
A parlare dell’episodio è stata Sea Watch, presente sul luogo con il proprio aereo, in un thread su X.
Come racconta l'ong, un mercantile ha avvicinato un’imbarcazione in difficoltà soccorrendo però solo due persone e rimanendo nell’area fino all’arrivo della guardia costiera libica che ha caricato tutte le persone sulla propria motovedetta, comprese le due soccorse dal mercantile. Alla richiesta di spiegazioni da parte della ong, il comandante ha dichiarato di aver ricevuto pressioni dalla stessa guardia costiera e dall’armatore.
5. 59 persone salvate lungo la rotta per le Isole Canarie, una delle più percorse
Le autorità marocchine hanno salvato 59 persone al largo di Dakhla. Queste erano a bordo di una piccola imbarcazione che cercava di raggiungere le Isole Canarie quando sono stati intercettati da una nave della marina marocchina. A riportarlo è InfoMigrants.
Le persone erano partite da Dakhla, una città situata nel sud del paese nordafricano a circa 500 chilometri dall’arcipelago spagnolo. I dati dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati UNHCR - riporta sempre InfoMigrants - mostrano che nel 2024 ci sono stati oltre 29.000 arrivi in Spagna. Quasi il 90% di tutti gli arrivi è avvenuto via mare, con le autorità marocchine che hanno dichiarato di aver intercettato oltre 75.000 persone che tentavano di entrare in Europa, con un aumento del 6% rispetto all'anno precedente.
Come abbiamo raccontato qualche settimana fa con Romina Vinci su Open Migration, la rotta delle Canarie è una delle più utilizzate per chi vuole raggiungere l’Europa passando tramite quella rotta, nonché una delle più mortali, con la Ong Caminandos Fronteras a sostenere come nei primi cinque mesi del 2024 sarebbero morte 4.808 persone.
6. Gli ultimi articoli di Open Migration
Le elezioni francesi hanno visto uscire vittorioso dalle urne il Nuovo Fronte Popolare. Tra le sfide che questa coalizione di sinistra si trova davanti c’è anche quella dell’immigrazione, uno dei temi al centro della campagna elettorale e del discorso pubblico. Con Matteo Chiani abbiamo affrontato questo argomento.
Il decreto flussi è una procedura ormai consolidata in Italia per l’accesso di lavoratori stranieri nel paese, tuttavia sono state recentemente registrate prassi illegittime delle Ambasciate italiane all’estero nel rilascio dei visti di ingresso. Ne abbiamo scritto con Sara Gherardi.
Il team di Open Migration
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