Il Mediterraneo centrale di nuovo teatro di drammatici naufragi. La domenica di Pasqua ben 4 le navi avvistate in evidente stato di aiuto. Ma i soccorsi non arrivano e alle nave delle ong che intervengono non viene concesso un porto sicuro.
1. Un nuovo naufragio nel giorno di Pasqua
La situazione in queste ore nel Mediterraneo è drammatica.
Arriva nel giorno di Pasqua la denuncia dell’ong tedesca Sea Watch: quattro barconi sono alla deriva con 250 persone a bordo, nessun soccorso. (Secondo la Guardia costiera, invece, il mezzo ripreso da Frontex e segnalato come in pericolo era «un gommone alla deriva, senza motore, vuoto, lasciato in mare dopo l’intervento della autorità libiche»).
Mentre 23 deputati italiani e tre eurodeputati scrivevano al Primo ministro Conte, chiedendo di intervenire urgentemente, è una nuova drammatica richiesta d’aiuto ad arrivare: “C’è qualcuno che può aiutarci? Ci sono due persone morte a bordo qui. Il bambino è molto malato”.
Sarà la nave e Aita Mari della ong basca Salvamento Maritimo Humatirio a raggiungere il natante per prima.
2. Fateli sbarcare
La Aita Mairi, con le sue 43 persone salvate a bordo, è ancora in attesa di conoscere il luogo di sbarco. Nella stessa situazione la nave Alan Kurdi, che da otto giorni attende in mare con oltre 150 persone a bordo.
Per loro forse qualcosa si sta muovendo: “il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, su richiesta della ministra delle Infrastrutture e Trasporti Paola De Micheli, ha firmato domenica un provvedimento che ordina che i 156 migranti soccorsi dalla nave Alan Kurdi della ONG tedesca Sea Eye, che si trova da giorni al largo della Sicilia in attesa di un porto di sbarco, siano trasferiti su un’altra nave e messi in quarantena”. Prima mossa per poterli poi far scendere a terra.
Intanto intervistata da Fabio Tonacci su La Repubblica, la portavoce dell’Unhcr Carlotta Sami ricorda come “la pandemia non può azzerare l’obbligo umanitario”.
3. Cercasi braccianti disperatamente
Una volta erano invisibili, ma ora che gli stagionali dall’Africa non arrivano più e che le associazioni di categoria avvertono che tonnellate di frutta e ortaggi potrebbero marcire, tutti sembrano scoprirne l’importanza, scrive Alessia Candito su L’espresso.
Il governo però da segnali contrastanti, così mentre il ministro dell’Agricoltura fa un nuovo appello in favore della regolarizzazione di quelli già in Italia, l’esecutivo si muove verso permessi per quelli dell’Europa dell’est.
Intanto a Castel Volturno è l’associazione di migranti Kalifoo Ground a spiegare ai braccianti come rispettare le regole anti contagio.
4. Regolarizzare per evitare il contagio
“In Italia ci sono 600 mila immigrati irregolari che vivono ai margini e possono alimentare focolai di infezione. Occorre regolarizzarli prevedendo permessi di soggiorno temporanei: dobbiamo farlo per garantire la salute di tutti e la tenuta sociale del Paese”. È la proposta di Andrea Riccardi fondatore di Sant’Egidio secondo cui “chi vive nascosto rischia di diventare una bomba Covid”
5. Il lavoro dei rider non si ferma
«Milano, un esercito di rider torna dopo una giornata di lavoro. Sono centinaia di ragazzi, migliaia, la maggior parte migranti che tutti i giorni prendono un treno suburbano per venire a lavorare in città, per poi fare ritorno nelle loro case, dopo il turno serale. Vengono dall’hinterland milanese per lo più, ma anche dalle province limitrofe di Bergamo, Monza e Brianza, Varese, Sondrio, Lecco». Si Legge così nel video postato sulla pagina Facebook di Deliverance Milano, sindacato dei fattorini che fanno le consegne a domicilio.
Mentre ci si interroga sulla loro salute (mancanza di mascherine e impossibilità di mantenere una distanza adeguata tra le tante), in questo approfondimento Lorenzo Pirovano ci ricorda che "a Milano due terzi di loro sono migranti e sebbene portino in spalla lo zaino delle più famose app di consegna a domicilio, raccontano di non lavorare direttamente con le piattaforme e di avere degli intermediari".
6. La Libia si dichiara porto non sicuro
Dopo l’Italia, anche Tripoli dichiara dichiara i suoi porti non sicuri - a causa dell’epidemia Coronavirus. Le autorità del paese fanno sapere che non permetteranno ai migranti fermati in mare di sbarcare sul proprio territorio.
Su Avvenire Nello Scavo raccontava come tutto si traduca nell’ennesimo ricatto all’Europa.
7. L’aiuto dei rifugiati può essere determinantenella lotta al Coronavirus
“Esortiamo gli stati a beneficiare del sostegno che i rifugiati qualificati in ambito medico possono assicurare ai sistemi sanitari nazionali”. È l’appello congiunto lanciato dall’Unhcr e dal Consiglio d’Europa per far fronte a un’emergenza senza precedenti come quella causata dalla pandemia di COVID-19.
Secondo il Guardian, proprio in questa direzione potrebbe andare la Germania paese in cui 14 mila rifugiati siriani attendono che la loro qualifica medica venga riconosciuta.
8. Solidarietà europea ai tempi del Coronavirus
Mentre i capi di Stato e di governo europei non trovano la quadra intorno alle misure comuni da prendere per contrastare lo shock economico e sociale dovuto al diffondersi del virus e al lockdown, Angela Gennaro su Open ci racconta come la solidarietà tra cittadini è ancora viva nel vecchio continente.
“La solidarietà in tempi di Coronavirus? Esiste, eccome. Meglio se dal basso. Può nascere in Inghilterra, essere supportata da Germania, Grecia ed Europa tutta, e approdare in un paesino della Calabria, con trenta pacchi di cibo distribuiti tra famiglie di migranti allo stremo a causa della serrata causata dalla pandemia”.
9. Timori per la diffusione del virus in centri per migranti in Germania
L’emergenza Covid-19 non risparmia nessuno e in Germania si registrano i primi casi nei centri per migranti. In persone con forti traumi alle spalle, le misure di isolamento rischiano però di generare panico, mentre rifugiati e migranti dicono di sentirsi abbandonati.
10. ..e in Francia
In Francia, alcuni migranti evacuati dal campo di Aubervilliers a Parigi sono risultati positivi al nuovo coronavirus. Ciononostante, sono stati alloggiati in palazzetti dello sport e in altre strutture d’emergenza dove mantenere la distanza sociale è quasi impossibile. Infomigrants ha chiesto a Medici senza frontiere cosa sta facendo per aiutare i più vulnerabili durante l’emergenza e quali misure sono state prese fermare il contagio.
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Il team di Open Migration