Precarietà e sfruttamento per i lavoratori e le lavoratrici migranti in Italia
Foto via Twitter/Coordinamento Migranti Bologna
Nel nuovo rapporto della Campagna Ero Straniero è emerso che il c.d Decreto Flussi, una delle esigue vie legali percorribili per entrare in Italia per motivi di lavoro, non funziona, lasciando un gran numero di lavoratori e lavoratrici migranti in un limbo di precarietà e vulnerabilità. Nel frattempo, a Gaza la situazione continua a precipitare nel vuoto di sofferenze e gravi violazioni dei diritti umani.
1. Sfruttamento e precarietà: la realtà di lavoratori e lavoratrici migranti in Italia
La Campagna Ero Straniero ha presentato il rapporto “I veri numeri del decreto flussi: un sistema che continua a creare irregolarità” con i nuovi dati relativi agli ingressi per lavoro - in particolar modo analizzando il c.d Decreto Flussi - degli ultimi due anni (2022-2023).
“Se guardiamo al rapporto tra le quote fissate nei click day del marzo 2023 e i contratti di soggiorno effettivamente sottoscritti a fronte di 74.105 posti disponibili (su 82.705 quote complessive, che includono le conversioni)”, si legge nel rapporto, “solo 17.435 sono state le domande finalizzate con la sottoscrizione del contratto e la richiesta di permesso di soggiorno per lavoro, il 23,5%. Rispetto alla procedura per l’ingresso per il 2022, il tasso è un po’ più alto ed è del 35,2% ma rispetto a un numero di quote inferiore: su 42.000 posti per il canale stagionale, il tasso di successo è poco sopra al 36% (15.215 contratti sottoscritti), mentre, a fronte di 20.000 ingressi non stagionali, il tasso di successo del relativo canale è del 33,4% (6.688 contratti sottoscritti)”. E ancora: “Solo una piccola parte di lavoratrici e lavoratori che entrano in Italia con il decreto flussi riesce a stabilizzare la propria posizione lavorativa e giuridica, ottenendo lavoro e documenti. Che fine fa il resto delle persone? È destinato a scivolare in una condizione di irregolarità e quindi di estrema precarietà e ricattabilità. Un paradosso drammatico per un sistema che dovrebbe garantire l’ingresso legale di manodopera e contribuire alla crescita del paese".
E ancora: “la campagna ha ribadito la necessità di una più generale riforma del sistema di ingresso per lavoro, a partire dalle proposte di Ero straniero: canali diversificati e flessibili, con l’introduzione della figura dello sponsor o di un permesso per ricerca lavoro, e un meccanismo di emersione su base individuale – sempre accessibile, senza bisogno di sanatorie – che dia la possibilità a chi rimane senza documenti di mettersi in regola a fronte della disponibilità di un contratto di lavoro o di un effettivo radicamento nel territorio”.
2. Il bombardamento israeliano su Rafah: strage di rifugiati e sfollati
Lunedì 27 maggio l'esercito israeliano ha colpito un campo per persone sfollate vicino a Rafah, nella Striscia di Gaza. Secondo la Mezzaluna Rossa palestinese, il sito era stato designato come zona umanitaria dall'esercito israeliano, riporta Le Monde.
“Almeno 45 palestinesi sono morti in un campo profughi nella città più a sud della Striscia, l’unica ancora non invasa via terra, a seguito dei bombardamenti israeliani e dell’incendio delle tende. Da Tel Aviv hanno giustificato l’attacco con la presenza di obiettivi di Hamas nel campo e hanno annunciato l’avvio di un’indagine”, scrive il giornalista Luigi Mastrodonato su Lifegate. E ancora: “secondo fonti locali della Mezzaluna Rossa, la Croce rossa palestinese, il bilancio è di almeno 45 morti. Le immagini che arrivano da Rafah sono strazianti, con corpi bruciati e perfino bambini decapitati. Il numero di feriti supera quota 200”.
Nel frattempo, la situazione a Gaza continua a degenerare con rischi ormai sempre più elevati relativi alla morte per fame, data la carenza - talvolta l’inesistenza - di aiuti umanitari che passano per Gaza. Secondo le Nazioni Unite: “circa 800 mila persone sono state costrette a fuggire a Rafah da quando Israele ha lanciato un’operazione militare il 6 maggio”. Ma nonostante la Corte Internazionale di Giustizia abbia ordinato a Israele di fermarsi, l’offensiva su Rafah continua a procedere ai danni di civili (rifugiati e sfollati).
3. Nuovi possibili accordi tra Stati Uniti e Italia sulle migrazioni?
Secondo la testata giornalistica statunitense Cbs News, l’amministrazione Biden starebbe pianificando di deportare alcune persone migranti in America Latina per poi proseguire con il loro reinsediamento in Grecia e Italia.
In seguito a questa notizia, mentre il ministro dell’Immigrazione Greco ha affermato che non vi sia alcun accordo attivo tra Grecia e Stati Uniti, il Viminale ha affermato all’Ansa che “la ricostruzione di CBS” sarebbe “del tutto fuorviante”. Tuttavia sempre il Viminale ha dichiarato che “è attualmente allo studio un'ipotesi di reciprocità, secondo la quale gli Usa ospiterebbero rifugiati presenti in Libia con la volontà di recarsi in Europa, mentre alcuni Stati europei del Mediterraneo ospiterebbero poche decine di profughi sud americani. Per quanto riguarda la nostra nazione, si tratterebbe di circa 20 rifugiati venezuelani di origine italiana per avviare percorsi lavorativi in Italia. Discussione al momento solo allo studio e che risulterebbe, in ogni caso, molto vantaggiosa proprio per Italia e Stati europei di primo approdo”.
4. Niente deportazioni un Ruanda prima delle elezioni
Questa settimana il governo del Regno Unito ha dichiarato che non intende effettuare allontanamenti forzati in Ruanda prima delle prossime elezioni. Tale decisione arriva dopo la richiesta di chiarimenti in merito da parte dell’Alta Corte del Regno Unito.
Lo stop arriva nel contesto di un appello di contestazione lanciato dal sindacato Fda (The Union for managers and professionals in public service) che rappresenta gli alti funzionari pubblici, sull’obbligo di riconoscere il Ruanda come “paese sicuro” - per effettuare le deportazioni, si legge su Info Migrants. E ancora: “in seguito all’annuncio, ci sono stati appelli da parte di gruppi di sostegno a persone migranti affinché i richiedenti asilo che erano stati detenuti prima dell’espulsione programmata venissero rilasciati. Nell’ultimo mese, un numero imprecisato di persone è stato arrestato e portato in strutture di detenzione in attesa di deportazione. Le riprese video di persone migranti ammanettate e caricati nei furgoni sono state pubblicate dal Ministero degli Interni all'inizio di maggio. Da allora almeno 24 persone sono state rilasciate su cauzione”.
5. Sul confine tra Afghanistan e Pakistan vengono meno i diritti delle persone migranti
Ogni giorno centinaia di famiglie continuano ad arrivare nelle province afghane di Kandahar e Nangarhar dal Pakistan. Mentre si intensificano i respingimenti sul confine, molte persone afghane ancora in Pakistan temono di dover ricominciare la propria vita in Afghanistan.
La testata giornalistica New Humanitarian ha recentemente effettuato un reportage sui lati della linea Durand – il confine dell’era coloniale tracciato nel 1890 per delimitare l’India allora britannica dall’Afghanistan – parlando con le persone afghane che subiscono pressioni o sono costrette a tornare nel loro paese d’origine e a coloro che cercano di restare in Pakistan. “Siamo cresciuti qui e abbiamo trascorso tutta la nostra vita qui, ha detto Usman, un trentenne padre di sei figli nato in Pakistan da genitori afghani”, riportano i giornalisti Somaiyah Hafeez e Ali M. Latifi. “La vita è diventata instabile e piena di paure per gli afghani come Usman da quando il Pakistan ha annunciato per la prima volta che avrebbe deportato “tutti gli stranieri illegali” lo scorso ottobre. Da allora le espulsioni sono diventate un fenomeno comune, così come le persone che ritornano da sole per evitare di essere catturate dalle autorità pakistane e costrette ad andarsene. Si stima che circa 3,5 milioni di afghani vivano in Pakistan. Il totale esatto non è noto perché molti sono privi di documenti, e il numero ha oscillato nei decenni successivi a quando l’occupazione sovietica dell’Afghanistan negli anni ’80 costrinse le persone ad andarsene in massa”.
Infine: “le persone nella provincia stanno facendo quello che possono per aiutare i rimpatriati, ma quell'aiuto può arrivare solo fino a un certo punto e probabilmente non è sostenibile, ha aggiunto Nazari: I posti di lavoro nell'economia in crisi dell'Afghanistan sono scarsi e gli affitti nella città di Kandahar sono aumentati fino al 30% a causa dell’afflusso di rimpatriati”.
6. Sani e salvi a Salerno
La nave Geo Barents (di Medici Senza Frontiere) sbarca a Salerno con a bordo 84 persone migranti, di cui 20 minori.
“Si tratta di migranti in gran parte arrivati da Sudan, Egitto, Ghana, Eritrea e Siria: tutti paesi poverissimi e in alcuni casi dilaniati da guerre civili che durano ormai da decenni, come nel caso della Siria, dove la guerra è iniziata nel 2011 e non è mai finita”, riporta il giornalista Giuseppe Cozzolino su Fanpage. E ancora: “degli 84 migranti a bordo, salvati in due distinte operazioni nelle acque libiche, venti sono minori di cui 19 non accompagnati, 2 le donne. Già decisa la loro destinazione: 38 resteranno nei centri di accoglienza della Provincia di Salerno, gli altri invece saranno trasferiti in Calabria. Si tratta del secondo sbarco salernitano di quest'anno a Salerno, il 34esimo complessivo”.
Il team di Open Migration
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