Confini blindati a discapito dei diritti
Foto via Twitter/Patrizia Rinaldi
Mentre il nuovo Patto Ue sull'immigrazione diventa legge, sempre più Stati Membri fanno appello a norme sempre più severe sull'immigrazione, puntando a utilizzare gli accordi Italia-Albania e Regno Unito-Ruanda come modelli da imitare. Nel frattempo degenera il conflitto in Sudan.
1. Il nuovo Patto Ue sull’immigrazione è legge
L’Unione Europea ha completato la riforma della sua politica di migrazione e asilo, un momento di svolta che si era rivelato ostinatamente sfuggente per un decennio.
“Il Nuovo Patto prevede regole più severe nelle procedure di screening delle persone richiedenti asilo, effettuare controlli sanitari e di sicurezza, accelerare le procedure di esame e fornire consulenza gratuita. La sua principale novità è un sistema di “solidarietà obbligatoria” che darebbe ai governi tre opzioni per gestire le richieste di asilo: ricollocarne un certo numero, pagare 20.000 euro per ogni persona richiedente asilo rifiutata [...]”, riporta il giornalista Jorge Liboreiro su Euronews. Il Patto rischia anche di rendere la detenzione amministrativa ancor più sistematica: “nel corso delle procedure di frontiera la detenzione iniziale, che dura fino a dodici settimane (più altre dodici per l’eventuale procedura di rimpatrio), si applica a tutti, compresi i minori con famiglia. I minori non accompagnati sono esclusi, ma possono non esserlo se considerati un pericolo per l’ordine pubblico o per la sicurezza nazionale. Il problema è che, come succede già ora, è molto facile per uno Stato definire qualcuno un rischio per la sicurezza senza fornire le motivazioni della decisione, il che impedisce ai legali di fare appello. Quindi è facile che molti migranti saranno detenuti sulla base di questa clausola”, sostiene Marta Gionco, di Picum (Platform for Undocumented Migrants), intervistata dal giornalista Andrea Valdambrini su Il Manifesto.
2. Ue e Italia continuano a collaborare con la Libia
Italia e Ue procedono con i loro rapporti di esternalizzazione delle frontiere stipulando o rinnovando partnership con Paesi terzi, a discapito dei diritti umani delle persone migranti.
Il 7 maggio, la presidente Giorgia Meloni si è recata in Libia per incontrare entrambe le amministrazioni rivali del paese nordafricano. Secondo quanto riferito, la questione della migrazione è stata considerata una “questione chiave di discussione”. “Secondo fonti della Presidenza del Consiglio, Meloni avrebbe dato priorità al tema dell’immigrazione, sottolineando la necessità che l’Italia e la Libia procedano sul percorso intrapreso”, in quanto tale collaborazione avrebbe “prodotto risultati significativi”, scrive la giornalista Alessia Peretti su Euractiv e proposto una cooperazione ulteriormente ampliata sulla questione.
Nel frattempo, “l’Ue ha firmato un accordo con il Libano in base al quale fornirà 1 miliardo di euro in tre anni per sostenere l’economia del paese e prevenire l’immigrazione irregolare verso l’Europa. Mentre una parte del denaro sarà stanziata per i servizi di base del paese, tre quarti di esso sono stati specificatamente stanziati per “assistere” il Libano come paese che ospita i rifugiati siriani”, riporta l’Ecre (Consiglio Europeo per i Rifugiati). Tutto questo avviene nel momento in cui in Libano aumentano xenofobia e violenza nei confronti delle persone rifugiate siriane: Amnesty International ha esortato sia l’Ue che il governo libanese a rispettare i loro “obblighi ai sensi del diritto internazionale e a non rimpatriare forzatamente i rifugiati in Siria finché non saranno soddisfatte le condizioni per un ritorno sicuro, volontario e dignitoso”.
3. Degenera il conflitto in Sudan, sulla pelle di persone sfollate e rifugiate
Almeno 27 persone sono morte e 130 sono rimaste ferite nel conflitto tra l’esercito sudanese e i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) ad Al Fashir, nella regione occidentale del Darfur, a più di un anno dall’inizio della guerra civile in Sudan, hanno affermato il 12 maggio le Nazioni Unite, si legge su Internazionale.
“Secondo l’ong Medici senza frontiere (Msf), due bambini e una terza persona sono morti l’11 maggio in un raid aereo contro l’ospedale pediatrico Babiker Nahar. Il tetto dell’unità di terapia intensiva è crollato uccidendo i due bambini che erano ricoverati lì”, ha affermato Msf in un comunicato. La sera dell’11 maggio la coordinatrice dell’Ocha (Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari) per il Sudan, Clementine Nkweta-Salami, ha riferito di “intensi colpi d’artiglieria” ad Al Fashir, dove vivono 1,5 milioni di persone, tra cui 800 mila sfollati”.
La situazione non fa altro che peggiorare: “secondo i resoconti degli osservatori dei diritti umani e dei sopravvissuti, le forze di supporto rapido hanno ucciso ragazzi e uomini e violentato donne e ragazze. Nelle interviste con la Reuters, più di 40 madri hanno descritto come i loro figli, per lo più maschi, siano stati uccisi dalle forze di supporto rapido. Uno era un bambino di 2 anni picchiato a morte davanti a sua madre, che è stata colpita sotto la spalla quando ha cercato di intervenire”, riporta il giornalista Nicola Kristof sul New York Times.
4. Le difficoltà di persone richiedenti asilo LGBTQ+ che fuggono in Europa
Se da un lato tra le ragioni principali che stanno dietro alle migrazioni ci sono conflitti, cambiamento climatico, disuguaglianze socioeconomiche, dall’altro un numero sempre più consistente di persone rifugiate fuggono per la criminalizzazione subita nel proprio paese di origine per via dell’orientamento sessuale.
“La maggior parte dei paesi europei non conserva statistiche sul numero di persone migranti che rivendicano la persecuzione nei confronti di persone LGBTQ+ come motivo per chiedere protezione come rifugiato ai sensi del diritto internazionale. Ma le Ong che monitorano il fenomeno affermano che i numeri stanno aumentando man mano che i paesi approvano o inaspriscono le leggi “anti-omosessualità” – una tendenza evidenziata in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia”, riportano le giornaliste Veronica Andrea Sauchelli, Maria Grazia Murru e Giada Zampano su Ap (Associated Press).
E ancora: “il risultato finale è che le persone cercano di fuggire da questi paesi per trovare un rifugio sicuro altrove, ha affermato Kimahli Powell, amministratore delegato di Rainbow Railroad, che fornisce supporto finanziario, legale e logistico alle persone LGBTQ+ che necessitano di assistenza per l’asilo”.
5. Irlanda: tensioni per la crisi dei rifugiati e le tendopoli di Dublino
Sempre più spesso vengono montate delle tende ai di edifici a Dublino. Alcuni di questi appartengono a persone migranti escluse dagli alloggi, in problema che riguarda tutta l'Irlanda.
“Su quest’isola dell’Europa nordoccidentale arrivano sempre più migranti e la sua capacità di accoglierli è al limite, anche a causa della crisi abitativa. La situazione è stata aggravata dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Dall'inizio della guerra in Irlanda si sono registrati 100.000 profughi ucraini. Il governo irlandese ha ammesso apertamente di non essere in grado di fornire alloggio a tutti i richiedenti asilo: secondo il governo, al 14 maggio risultavano ancora senza alloggio 1.780 richiedenti uomini”, riporta Info Migrants.
Inoltre, “i funzionari sottolineano un altro fattore che ha portato ad un aumento delle richieste di asilo nelle ultime settimane: l’approvazione di una legge nel vicino Regno Unito che consente al governo di deportare i migranti che arrivano illegalmente nel paese in Ruanda, nell’Africa orientale. Lì si deciderà se concedere loro lo status di protezione locale. Il governo conservatore del Regno Unito, guidato dal primo ministro Rishi Sunak, ha ignorato una precedente sentenza della Corte per far approvare tale decisione, e ha già minacciato di fare lo stesso con qualsiasi potenziale sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo”.
6. L’accordo Italia-Albania come “modello da seguire” secondo alcuni stati Ue
15 stati Ue chiedono misure più severe per la gestione delle migrazioni: gli accordi Italia-Albania, Regno Unito-Ruanda vengono considerati dei “modelli” desiderabili.
“È quanto si legge nella lettera firmata dai ministri degli Interni che quindici governi Ue a partire dall’Italia hanno inviato alla Commissione europea attraverso la responsabile agli Affari interni, Ylva Johansson. Tra questi ci sono diversi paesi dell’est (Bulgaria, Repubblica Ceca, Polonia, Romania), i baltici (Estonia, Lituania e Lettonia), alcuni nordici o scandinavi (Austria, Paesi Bassi, Danimarca, Finlandia) e mediterranei (Grecia, Malta e Cipro). Assenti dall’iniziativa, sono i big (in termini di popolazione, peso economico e politico) Spagna, Francia e Germania, oltre che alcuni stati da sempre molto duri nei confronti dei migranti, primo fra tutti l’Ungheria”, scrive il giornalista Andrea Valdambrini su Il Manifesto. E ancora: “incoraggiamo la creazione di accordi globali, reciprocamente vantaggiosi e partenariati duraturi con i principali paesi partner lungo le rotte migratorie”, si legge nella lettera, che chiede poi alla Commissione Ue di considerare “la possibilità di trasferire i richiedenti asilo per i quali è disponibile un’alternativa sicura in un paese terzo verso tali paesi”.
Insomma, niente di nuovo sul fronte migrazioni, in cui i diritti umani fondamentali delle persone richiedenti asilo e rifugiate continuano a essere messi in secondo piano.
Il team di Open Migration
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