In India milioni di persone lasciano le città alla volta dei loro villaggi, il Portogallo ha deciso di regolarizzare gli stranieri presenti sul suo territorio. In Italia si teme per la salute dei braccianti e degli stranieri trattenuti nei Cpr.
1. Il Portogallo regolarizza tutti gli stranieri
Il governo portoghese ha deciso di regolarizzare tutti gli stranieri presenti sul territorio che abbiano fatto richiesta di permesso di soggiorno. Il loro status sarà equiparato a quello dei cittadini portoghesi fino al primo luglio prossimo, mentre per ottenere la misura bisognerà solo dimostrare di aver già effettuato una richiesta.
La decisione è stata presa in occasione dell'ultimo Consiglio dei ministri e accompagna altre misure sociali ed economiche per alleviare le conseguenze dell'epidemia di coronavirus, che ha costretto a dichiarare lo stato di emergenza nel Paese.
Secondo quanto riportato da El País in questo modo i migranti potranno cercare un impiego e accedere a tutti i servizi pubblici inclusa la sanità. Potranno anche affittare casa o aprire un conto in banca e come già detto bisognerà solo dimostrare di aver effettuato domanda.
"Le persone non dovrebbero essere private del diritto alla sanità e ai servizi pubblici solo perché la loro domanda non è stata ancora elaborata - ha dichiarato la portavoce del ministero degli Interni dell’esecutivo socialista, Claudia Veloso.- in questa emergenza, i diritti dei migranti devono essere garantiti".
2. E in Italia?
Anche in Italia le organizzazione chiedono provvedimenti ad hoc. Secondo Filippo Miraglia di Arci si tratta: “di una questione di sicurezza, ancor di più in un momento di emergenza sanitaria come quello che stiamo vivendo”.
Così da un lato - rispondendo alle numerose istanze delle associazioni di categoria preoccupate per la mancanza di manodopera - la ministra delle Politiche Agricole Teresa Bellanova ha prorogato fino al 15 giugno tutti i permessi dei lavoratori stagionali in scadenza, dall’altra la tutela dei braccianti è la grande assente dal discorso politico attuale.
3. La situazione nei Ghetti
Per i braccianti agricoli che si occupano di raccogliere la frutta e la verdura che poi finisce nelle nostre tavole, sembra non essere cambiato nulla. Come scrive Anna Toro su Vita, “i moltissimi stranieri, spesso senza permesso di soggiorno e quindi privi di qualunque possibilità di regolarizzazione lavorativa, continuano ad essere sfruttati nei campi e a vivere in ghetti sovraffollati e insalubri, con in più la spada di Damocle del rischio contagio”.
Per, Francesco Piobbichi, operatore di Mediterranean Hope nella piana di Gioia Tauro dove sono oltre 10mila le persone che vivono in condizioni di fortuna: “Se si verificasse un focolaio sarebbe gravissimo, stiamo chiedendo aiuto alle istituzioni, bisogna agire ora e prevenire”.
Intanto in uno dei ghetti più grandi del sud Italia - quello di Borgo Mezzanone - si continua a vivere nell’emergenza, e l’ennesimo incendio a distrutto oltre 30 abitazioni.
4. E quella nei CPR
Mentre si registra il primo caso di contagio in un Cpr, quello di Gradisca d’Isonzo, ci si interroga sulla sorte dei cittadini stranieri trattenuti in attesa di rimpatrio.
Se da Bruxelles, la Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatović, “con una raccomandazione ha chiesto espressamente ai governi europei di svuotare i centri di detenzione e di predisporre soluzioni alloggiative alternative, per rispettare la dignità e la sicurezza sanitaria degli stranieri coinvolti”; in Italia ancora si attende una decisione a livello centrale.
Ma se il fine ultimo del trattenimento nei Cpr è l’espulsione e questa soluzione - vista la situazione di emergenza globale - non può ritenersi percorribile, è legittimo farlo?
Intanto, alcune associazioni, tra cui Cild, Antigone, ASGI, Progetto Diritti, Legal Team Italia, la Clinica Legale di Roma Tre e LasciateCIEntrare, hanno inviato una lettera ai Giudici di pace invitandoli a non convalidare né tanto meno prorogare il trattenimento degli stranieri nei Cpr.
5. Una riflessione su quanto sta accadendo nel Mediterraneo
Non solo strade vuote e negozi chiusi. Le navi umanitarie che operano nel Mediterraneo sono ferme nei porti italiani, messe in quarantena dopo lo sbarco delle ultime persone che hanno salvato in mare. (Noi vi avevamo raccontato quanto accaduto alla nave Sea Watch).
Nonostante l'attuale emergenza sanitaria in Italia, però, le disperate partenze dalle coste settentrionali dell'Africa non si sono fermate. Una riflessione del medico e soccorritore Valeria Alice Colombo sullo stato del soccorso nel Mediterraneo.
6. Il Tribunale dei popoli si esprime su quanto accaduto al confine greco
Dopo il Mediterraneo, la Grecia. Così si potrebbe riassumere il lavoro che il Tribunale Permanente dei Popoli ha condotto nelle sue cinque Sessioni sulla violazione dei diritti umani delle persone migranti e rifugiate (2017-2019):
“La profondità, l’estensione, la gravità con cui nelle ultime settimane si è tragicamente acuito il dramma di centinaia di migliaia di migranti negli scenari dell’Egeo e sulle rotte balcaniche per responsabilità concorrente di Turchia, Grecia e Unione Europea sono divenute intollerabili. La violenza dell’intervento delle forze di polizia per sbarrare la strada al flusso dei rifugiati o impedire lo sbarco alle imbarcazioni di fortuna dirette verso le isole della Grecia, le aggressioni squadriste compiute da gruppi neonazisti lasciati liberi di agire, le condizioni disumane in cui sono state abbandonate nell’isola di Lesbo decine di migliaia di persone sfuggite all’odio e alla violenza della guerra, costituiscono un’onta destinata a macchiare per sempre la coscienza dei popoli europei e delle loro istituzioni comuni”.
7. In Libia il primo contagio
Mentre circolano ancora bufale sulla presunta immunità al virus da parte dei cittadini di origine africana - qui un bell’approfondimento sul tema - arriva le conferma del primo contagio in Libia.
Mattia Giampaolo di Ispi analizza i rischi politici e sanitari in un paese distrutto dalla guerra.
8. Il lockdown visto da Calais
Anche la Francia è corsa ai ripari per tentare di frenare la diffusione del Coronavirus e le misure prese hanno paralizzato le attività in tutto il territorio. Queste misure ora devono fare i conti con la drammatica situazione di Calais e Dunkerque, dove oltre 2mila persone vivono in accampamenti di fortuna. I trasferimenti verso centri attrezzati - secondo le autorità trasferimenti volontari - sono già cominciati, ma in molti hanno confessato al Guardian che tenteranno di raggiungere il Regno Unito se costretti ad abbandonare i loro rifugi.
9. Nel Regno Unito stop agli sfratti dalle strutture governative
Il Ministero degli Interni del Regno Unito ha annunciato una moratoria di tre mesi sugli sfratti di richiedenti asilo ospitati in strutture governative.
Lo ha scritto Chris Philp alla Croce Rossa britannica chiarendo che agli ospiti non verrà chiesto di lasciare il loro alloggio sia che la loro richiesta venga elaborata, sia qualora venisse respinta. La decisione fa parte delle misure introdotte per evitare la diffusione del Coronavirus.
10. L’esodo indiano
Le misure per contenere l’epidemia in India, in particolare la chiusura delle attività e il blocco della produzione, hanno spinto milioni di migranti interni e lavoratori giornalieri a lasciare le città e a tornare nei loro villaggi rurali in quello che il Guardian definisce il più grande esodo dell'India dai tempi della divisione con il Pakistan.
Le difficoltà dovute a spostamenti di migliaia di chilometri in assenza di mezzi di trasporto sono state in qualche parte alleviate dalle autorità che hanno costruito rifugi di fortuna. A Delhi l'amministrazione cittadina ha provveduto a nutrire e alloggiare le persone nei rifugi notturni esistenti e ha convertito oltre 300 scuole governative in dormitori.
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