L'8 marzo delle donne migranti in Italia: doppiamente penalizzate ed escluse
Foto via Flickr, William Hamon
Con la giornata dell'8 marzo torniamo a riflettere sullo stato dell'arte che riguarda le donne migranti in Italia, tra le ultime ruote del carro quando si parla di diritti civili e sociali e di inclusione, nel frattempo si consuma l'ennesima tragedia nel Mediterraneo con la morte di un giovane di soli 17 anni.
1. Doppiamente penalizzate: la condizione delle donne migranti in Italia
Come ogni anno, l’8 marzo è stata una giornata in cui manifestazioni e cortei hanno riempito le piazze italiane per denunciare le discriminazioni sessiste, la violenza di genere e le condizioni di sfruttamento e marginalità che molte donne lavoratrici vivono sulla loro pelle. A questo proposito, preoccupante è la condizione delle donne migranti razzializzate in Italia.
“L’Italia si conferma purtroppo uno dei paesi europei con un tasso di occupazione femminile più basso; la situazione delle donne straniere è ancora più drammatica. Le donne straniere sono ancora più squalificate e svantaggiate. Mediamente nell’Unione europea tra uomini di cittadinanza extra Ue e autoctoni ci sono 16,3 punti percentuali di differenza, mentre nel caso della popolazione femminile si sale a 21,6: con tassi pari rispettivamente al 21,3% e al 42,9%. In Italia infatti è molto significativa l’incidenza delle straniere nei settori di cura e assistenza domestica, il 42,7% contro il 7,3% delle italiane.[...] ”, riporta la giornalista Lucrezia Tiberio su Valigia Blu. E ancora: “altra conseguenza dell’essere spesso relegate ad ambiti poco qualificati è che le donne straniere percepiscono redditi inferiori. Secondo Idos, parliamo di oltre 300 euro in meno ogni mese (di reddito netto) rispetto alle italiane; in questa condizione di marcata inferiorità le donne straniere difficilmente usciranno dai cosiddetti “working poor”.
Desolante è anche la scarsa partecipazione politica delle donne migranti in Italia: “La partecipazione alla vita democratica è frenata innanzitutto dal diritto di voto, che si acquisisce solo con la cittadinanza - iter per cui ci possono volere anni - ed è precluso, ad esempio, a tutti i soggiornanti di lungo periodo. Se si parla invece di donne straniere in politica, basti sapere che nel 2022 c’era solo una donna di origine migrante nel Parlamento italiano (su 630 deputati e 315 senatori)”.
2. Muore un giovane sulla Sea Watch
Un 17enne muore per intossicazione da carburante, poco dopo essere stato salvato dalla Ong Sea Watch che ha soccorso 51 persone.
“Nessuno conosce il nome del giovane migrante di 17 anni [..] Si sa solo che ha dovuto viaggiare molte ore all’aperto, prima di avere una degna sepoltura. E che il suo corpo è stato avvolto in due grandi sacchi bianchi, ricoperti dal ghiaccio, che i soccorritori hanno cambiato ogni quattro ore. La nave umanitaria non dispone, infatti, di una cella frigorifera. E il corpo non è stato portato via dalla Guardia Costiera, intervenuta mercoledì per evacuare altre quattro persone in condizioni cliniche molto gravi, che viaggiavano insieme al ragazzo sottocoperta nel barcone. E che come lui hanno segni di ustione e di intossicazione”, scrive la giornalista Eleonora Camilli su La Stampa.
Inoltre, la Sea Watch ha definito come disumano il fatto che l’Italia avesse assegnato il porto di Ravenna come punto di sbarco, distante oltre mille chilometri rispetto all’area di salvataggio. Alla fine, solo il corpo del ragazzo è stato autorizzato allo sbarco al porto di Pozzallo.
3. Sperare di tornare a casa: la storia di persone rifugiate ucraine in Polonia
Quasi un milione di rifugiati ucraini vive in Polonia, il 41% dei quali sono bambini in età scolare.
“In Polonia, circa la metà dei rifugiati ucraini afferma di voler tornare a casa una volta finiti i combattimenti. Nel frattempo, le istituzioni polacche stanno cercando di adattarsi all’accoglienza degli ucraini a lungo termine”, scrive la reporter Katie Toth sul New Humanitarian. “A settembre 2022, più di 1,3 milioni di ucraini si erano registrati per ottenere protezione temporanea in Polonia ai sensi di una direttiva dell’Ue che garantiva loro automaticamente – a differenza di altri rifugiati – il diritto a vivere, lavorare e accedere ai servizi. Circa il 65% dei rifugiati ucraini in Polonia ha ora trovato lavoro, mentre il loro numero è diminuito e si è stabilizzato a poco meno di un milione. Alcuni hanno deciso di tornare in Ucraina per ricongiungersi con i familiari. Alcuni si sono trasferiti in altri paesi dell’Ue dove speravano di trovare migliori opportunità”.
E ancora: “mentre la maggior parte degli ucraini si è ormai sistemata nei propri appartamenti, Agnieszka Nosowska, coordinatrice delle sovvenzioni per l’Organizzazione benefica del Centro polacco per gli aiuti internazionali (Pcpm), ha affermato che circa 44.000 vivono ancora in rifugi collettivi – il primo punto di rifugio per milioni di persone all’inizio del 2022. Secondo i dati dell'Unhcr, l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, nei rifugi si trovano alcune delle persone più vulnerabili, tra cui disabili, anziani e persone con gravi condizioni mediche”.
4. Nuovo accordo Ue-Mauritania per fermare le migrazioni
La Mauritania e l’Unione Europea hanno firmato un accordo per fermare le persone migranti che si imbarcano, in particolare, nel viaggio attraverso l’Oceano Atlantico verso le Isole Canarie della Spagna.
“Intervenendo nella capitale Nouakchott, la commissaria europea per gli affari interni Ylva Johansson ha elogiato l’accordo che prevede 230 milioni di dollari da devolvere alla Mauritania per gestire la migrazione [...]”, si legge su Africanews. “La Spagna afferma che quasi 12.000 persone migranti e rifugiate hanno raggiunto le sue isole dell’Oceano Atlantico, situate a circa 100 chilometri al largo della costa africana, nei primi due mesi dell’anno. Ma mentre migliaia di persone sono sopravvissute al viaggio rischioso, molte muoiono o risultano dispersi lungo il percorso”.
All’annuncio dell’accordo tale collaborazione era già stata ampiamente criticata dalle organizzazioni umanitarie: “l'Europa e la Spagna continuano a ricadere nelle loro politiche di esternalizzazione delle frontiere [...] - afferma il Comitato Catalano di Azione per i Rifugiati (CCAR) - “È inaccettabile [...]. Con questi accordi, l’Ue costringe le persone in fuga dai propri paesi a prendere rotte più pericolose e a mettere a rischio la propria vita”.
5. L’abbandono delle persone migranti costrette a dormire in un silo a Trieste
Una struttura di deposito fatiscente situata vicino alla stazione ferroviaria di Trieste è attualmente occupata da centinaia di migranti in attesa di ricevere lo status di rifugiato.
“Le condizioni dell'edificio noto come il "Silo della Vergogna" di Trieste sono desolanti. I migranti, molti dei quali arrivati a Trieste attraverso la rotta dei Balcani, vivono tra i topi su pavimenti sterrati. Non sono presenti servizi igienici”, riporta Info Migrants. E ancora: “associazioni di volontariato come Linea D'Ombra e Consorzio Italiano di Solidarietà (Ics) si prendono cura dei richiedenti asilo che vivono nel silo, offrendo loro pasti caldi e consigli sui luoghi in cui possono lavarsi e imparare l'italiano. La situazione che circonda il silo è politicamente difficile. La locale Co-op Alliance 3.0 è proprietaria della struttura, ma afferma che non dovrebbe essere incaricata di occuparsi dell’accoglienza di centinaia di migranti. Questo è il ruolo dello Stato, afferma la cooperativa”.
Infine, “il presidente dell'Ics Gianfranco Schiavone afferma che i commenti che definiscono l'attuale situazione dei migranti a Trieste un'emergenza sono "fabbricati" perché "il numero di arrivi di migranti a Trieste è molto limitato. Le statistiche mostrano che Trieste accoglie una media di quattro richiedenti asilo al giorno. Lo Stato italiano non può dire che non riesce a trovare alloggio per quattro persone al giorno, ha affermato.”
6. Le storie delle persone migranti arrivate dalla Libia
Con la stipulazione di un protocollo tra Governo e alcune associazioni umanitarie - in particolare Unhcr e le organizzazioni Arci, Comunità di Sant'Egidio, Federazione delle chiese evangeliche e Inmp - 97 persone sono arrivate in Italia dalla Libia.
“Nelle ultime settimane ho dormito in strada coi miei quattro figli senza avere da mangiare, non pensavo di farcela. Ma oggi per miracolo sono qui”. Aisha ha 30 anni ed è originaria della Repubblica Centrafricana. Per quattro anni ha vissuto nell’inferno dei centri di detenzione in Libia. Lì sono nati i suoi figli, il più piccolo ha sei mesi, il più grande tre”, riporta la giornalista Eleonora Camilli su Redattore Sociale. Aisha racconta di aver tentato più volte di attraversare il Mediterraneo in barca, ma ogni volta veniva riportata indietro dalle milizie libiche - che, ricordiamo, l’Italia finanzia proprio per questo tipo di operazioni.
"Il protocollo sottoscritto nel dicembre scorso prevede l’arrivo in totale di 1.500 rifugiati dalla Libia all’Italia nell’arco di tre anni. Stiamo spingendo perché si arrivi in maniera legale e faremo di tutto per andare avanti, conclude Laura Lega, capo dipartimento per le Libertà civili e immigrazione del ministero dell’Interno”.
Il team di Open Migration
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