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Il deterioramento dei diritti tra crisi umanitarie e sfollamenti


Foto via Wikimedia Commons 

 

Israele decide di procedere verso Rafah mentre i civili palestinesi non sanno più dove spostarsi. Durissime le condanne dell'Onu e delle organizzazioni internazionali che affermano che lo sfollamento forzato viola il diritto internazionale. Nel frattempo in Sudan il conflitto interno ha generato oltre 10 milioni di persone sfollate.
 

1. Sfollamento forzato e ulteriore deterioramento dei diritti a Gaza

I civili palestinesi a Rafah, nella Striscia di Gaza, devono essere protetti, ma non dovrebbe esserci alcuno sfollamento di massa forzato, hanno affermato le Nazioni Unite, dopo che Israele ha iniziato a elaborare un piano di evacuazione.

“Siamo estremamente preoccupati per la sorte dei civili a Rafah", ha detto venerdì il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric. Ciò che è chiaro è che le persone hanno bisogno di essere protette, ma non vogliamo nemmeno vedere alcuno spostamento forzato di massa, che è per definizione contro la loro volontà", ha detto Dujarric, riportato da Reuters. "Non sosterremo in alcun modo lo sfollamento forzato, va contro il diritto internazionale". Anche il Consiglio norvegese per i rifugiati (Nrc) afferma che qualsiasi tentativo da parte di Israele di deportare e sfollare permanentemente i palestinesi all’interno e da Gaza costituirebbe una grave violazione del diritto internazionale e un crimine atroce. “Il trasferimento e la deportazione forzata di una significativa popolazione oltre confine, senza alcuna garanzia di ritorno, costituirebbe una grave violazione del diritto internazionale, equivalente ad un crimine atroce”, ha affermato Jan Egeland, segretario generale del Consiglio norvegese per i rifugiati”.

Nel frattempo a Gaza si muore di fame e di sete: “L'Onu ha avvertito che la malnutrizione acuta tra i bambini piccoli nel nord del paese è in forte aumento ed è ora superiore alla soglia critica del 15%”, riporta Bbc.


2. Crisi umanitaria in Sudan: oltre 10 milioni di persone sfollate

Da quasi 10 mesi in Sudan infuria una guerra civile che ha ucciso più di 13.000 persone e provocato finora quasi 10 milioni di sfollati. La situazione umanitaria è disastrosa.

“Le Nazioni Unite riferiscono che in questi nove mesi i morti sono più 12mila, ma si ritiene che il bilancio reale delle vittime sia più alto. Non solo le Nazioni Unite hanno denunciato una carenza di fondi per gli aiuti umanitari da destinare al Sudan, ma entrambe le fazioni in conflitto sono state accusate di saccheggiare i pochi aiuti arrivati”, scrive la giornalista Leila Belhadj Mohamed su Lifegate. 

E ancora: “nonostante i tentativi dell’Unione Africana, degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita di mediare tra le Sar e le Rsf, nello scorso dicembre i mediatori internazionali hanno sospeso a tempo indeterminato i colloqui tra Hemedti e al-Burhan. Le due parti non hanno intenzione di rispettare i cessate il fuoco e di prendere tutte le misure necessarie a limitare l’impatto del conflitto sui civili. Con le mediazioni in stallo, il rischio di un peggioramento della crisi umanitaria, già catastrofica, è altissimo”.


3. Poche tutele per le donne migranti vittime di violenza

I legislatori dell'Ue hanno raggiunto un accordo politico su una nuova direttiva sulla violenza contro le donne che dà priorità al controllo dell'immigrazione rispetto ai diritti e ai bisogni delle donne, secondo i documenti trapelati visionati dalla Piattaforma per la cooperazione internazionale sui migranti privi di documenti (Picum).

“In particolare, l’accordo eliminerebbe l’articolo 16, paragrafo 5, che era al centro della proposta iniziale della Commissione europea e rafforzato dal Parlamento per garantire che nessun dato personale sulle vittime di abusi, compreso lo status di residente, venga condiviso dalla polizia con le autorità di immigrazione. Ciò avrebbe protetto le donne prive di documenti dal rischio di essere detenute e deportate a seguito della denuncia di abusi. Invece, quell’articolo verrebbe sostituito con un considerando 26(a) non vincolante che invita gli Stati membri a garantire che le vittime extra-UE “non siano scoraggiate dal denunciare e siano trattate in modo non discriminatorio”, sostiene Picum.

“Le donne prive di documenti non hanno accesso alla giustizia. Non appena si rivolgeranno alle autorità, il loro status di immigrati sarà più importante che soddisfare i loro bisogni di vittime”, riporta la giornalista Clara Bauer-Babef su Euractiv, intervistando Louise Bonneau, advocacy officer di Picum.


4. Naufragio al largo della Tunisia

Quarantuno persone sono ora disperse dopo che una barca che trasportava migranti si è capovolta al largo della Tunisia in mare agitato, hanno riferito la Croce Rossa italiana e i gruppi di soccorso, citando quattro sopravvissuti che sono stati salvati e riportati a terra mercoledì.

“È questo il tragico bilancio dell’ennesima strage nel Mediterraneo avvenuta lungo la rotta che collega Sfax all’isola di Lampedusa. Secondo quanto riferito dalle autorità tunisine il barcone sarebbe affondato al largo della città di Mahdia [...]. Tutti i migranti erano di origine subshariana. In fuga dai loro paesi di origine ma anche dalla Tunisia di Kais Saied, presidente che in più occasioni ha alimentato discorsi e politiche razziste”, riporta Il Manifesto.

“Le foto rilasciate dal gruppo di soccorso umanitario Sea-Watch, scattate dal suo aereo di monitoraggio, hanno mostrato i quattro sopravvissuti che chiedevano aiuto dalla barca e si dirigevano verso una nave cisterna commerciale, la Rimona battente bandiera maltese. I migranti salvati dalla Rimona sono stati poi trasferiti su una nave della guardia costiera italiana che li ha portati mercoledì sull'isola siciliana di Lampedusa, ha detto Paul Wagner di Sea-Watch”, riporta Afp.

5. Una campagna contro la violenza alle frontiere

Contro la violenza sistemica alle frontiere Ue è nata un’iniziativa Ue dal titolo “Stop Border Violence” per costringere la commissione europea a garantire e applicare quanto previsto dall’art. 4 della carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.
L’art 4 prevede il “divieto di tortura e di trattamenti o pene inumani o degradanti. Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a trattamenti o punizioni inumani o degradanti”.  “Da anni, però, assistiamo alla continua e sistematica violazione di questi principi. Esempi innegabili di ciò sono: la militarizzazione e l’esternalizzazione delle frontiere interne ed esterne, le deportazioni brutali, la violenza all’interno degli Stati membri e nei paesi terzi con cui l’Europa ha concluso accordi per impedire ai richiedenti asilo di entrare nel territorio europeo. In Croazia, Francia, Grecia, Italia, Spagna, ma anche in Libia e Turchia i diritti umani sono spietatamente sospesi ormai da tempo. Abusi e violenze sono diventati la caratteristica dominante della governance europea nella gestione della migrazione”, si legge nel manifesto dell’iniziativa.

Tale iniziativa (ICE, ossia uno strumento di democrazia partecipativa dell'Ue a disposizione dei cittadini europei per esprimersi sulle politiche europee e sulle loro conseguenze) può essere sostenuta contribuendo con una firma.


6. La rotta migratoria che attraversa il Canada

Sempre più spesso le persone migranti provenienti dall’America Latina rischiano la vita per entrare negli Stati Uniti lungo il confine settentrionale.

“Piuttosto che affrontare un arduo viaggio attraverso il Darién Gap a Panama e un incontro quasi certo con la polizia di frontiera, i migranti provenienti da Messico, India e Venezuela che hanno i mezzi sono volati in Canada , approfittando dei valichi di frontiera senza eventuali muri o recinzioni imponenti. Eppure le condizioni pericolose hanno portato a ripetuti salvataggi di migranti che rimangono bloccati in boschi bui o devono essere curati per ipotermia. Almeno una dozzina di migranti – famiglie, bambini, una madre incinta – sono morti nel tentativo di attraversare il confine negli ultimi due anni, i loro corpi congelati sono stati recuperati da fiumi e foreste”, riporta il giornalista Luis Ferré-Sadurni sul New York Times.

E ancora: “nel gennaio 2022, una famiglia indiana di quattro persone, tra cui una ragazza di 11 anni e un bambino di 3 anni, è stata trovata morta congelata a pochi passi dal confine a Manitoba, in Canada. Un anno dopo, i corpi di otto persone – una famiglia indiana e una famiglia rumena – furono recuperati dal fiume San Lorenzo in Quebec. Tutti stavano cercando di entrare negli Stati Uniti”.
 

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