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Di Cpr si continua a morire

       
Foto via Twitter/Il Fatto Quotidiano

Mentre nei Cpr italiani si continua a morire in condizioni inumane e degradanti, il Governo lancia il suo "Piano Mattei per l'Africa" che lascia molti dubbi e perplessità, soprattutto sui presunti benefici che questo piano porterebbe ai Paesi del continente.

1. Ennesima morte in Cpr
Il suo nome era Ousmane Sylla, aveva soli 22 anni e veniva dalla Guinea. Arrivato in Italia, era prima stato rinchiuso nel Cpr di Trapani, poi, a seguito di un incendio scoppiato nello stesso, è stato trasferito in quello di Ponte Galeria (Roma), dove si è tolto la vita.



"Dopo la sua morte una sessantina di persone migranti detenute nel centro ha tenuto una manifestazione di protesta contro le condizioni del centro. Anche Sylla nel biglietto lasciato nella sua cella ha scritto una dura critica alle autorità italiane: non capiscono niente, solo i soldi", riporta Il Post. La polizia ha lanciato lacrimogeni per sedare le proteste delle persone detenute.



Le condizioni all'interno del Cpr di Ponte Galeria sono inumane e degradanti: "il giovane avrebbe dovuto ricevere terapie per contrastare l’epilessia, ma dal suo arrivo a Ponte Galeria non avrebbe mai richiesto i farmaci a lui riservati. A scoprire il suo corpo sono stati i compagni di settore che subito avrebbero provato a soccorrerlo", riporta il giornalista Marco Carta su Repubblica. Valentina Calderone, garante dei diritti per le persone private della libertà del Comune di Roma ha affermato, oltre al fatto che i Cpr debbano essere chiusi, che i termini di trattenimento lunghissimi (attualmente 18 mesi, secondo le nuove norme varate dal Governo) sono parte del prolungamento della sofferenza di chi viene detenuto.


 

2. Il Piano Mattei per l’Africa serve solo agli interessi delle multinazionali 

Il 29 gennaio, presso il Senato, si è tenuto il vertice tra l’Italia e oltre 40 rappresentanti di paesi africani. In questa occasione, la presidente Giorgia Meloni ha rilanciato il “Piano Mattei per l’Africa”, presentato come un piano concreto di interventi strategici (soprattutto per l'approvvigionamento di energia e il contrasto alle migrazioni). E nonostante lo stanziamento di 5,5 miliardi di euro, rimangono molti dubbi e perplessità anche da parte degli stessi paesi africani.

“Meloni ha più volte ribadito che vuole portare avanti una cooperazione da pari a pari, lontana da qualsiasi tentazione predatoria. Ma a guardare bene i paesi in cui sono stati annunciati progetti pilota, la maggior parte di questi ha relazione energetiche con Eni e l’Italia, come l’Algeria, il Mozambico, l’Egitto e il Congo. Gli altri paesi sono quelli da dove provengono la maggior parte dei migranti diretti verso l’Europa (Tunisia, Costa D’Avorio, Etiopia)”, scrive il giornalista Youssef Hassan Holgado su Domani. Lo stesso Moussa Faki, presidente dell’Unione Africana ha affermato che “è necessario un “cambio di paradigma” per inaugurare “un nuovo modello di partenariato” e aprire la strada “verso un mondo più giusto e coerente”, riportano i giornalisti Angela Giuffrida e Lorenzo Tondo sul Guardian. 

“Tanta enfasi solo per chiudere le porte ai barconi e aprire i rubinetti dei gasdotti, con buona pace della giustizia climatica e sociale di cui l’Africa in primis ha un diritto sancito da secoli di colonialismo”, scrive il giornalista Marco Bersani su Il Manifesto. Nel frattempo, un numero elevato di organizzazioni della società civile dei paesi africani ha lanciato un appello non solo per denunciare la mancata centralità dei reali bisogni della popolazione - subordinata agli interessi dei privati - ma anche il perpetuo “ciclo di disuguaglianza che ostacola il progresso del continente”.


3. L’anno è appena iniziato ma il numero di decessi nel Mediterraneo è già in aumento

L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) ha affermato che quasi 100 persone sono morte o scomparse nel Mediterraneo centrale e orientale dall’inizio del 2024. Il bilancio è più del doppio di quello registrato nel 2024, stesso periodo del 2023, l’anno più mortale per i migranti in mare in Europa dal 2016.  

“Anche una morte è di troppo. L’ultimo record di morti e scomparse ci ricorda chiaramente che un approccio globale che includa percorsi sicuri e regolari – un pilastro strategico chiave per l’Oim – è l’unica soluzione che andrà a beneficio sia dei migranti che degli Stati”, ha denunciato Amy Pope, direttrice generale dell’Oim.

Le autorità hanno salvato un gruppo di 62 migranti al largo di Capo Greco, a Cipro, che aveva lasciato il Libano il 18 gennaio. La maggior parte è ricoverata in ospedale ed è gravemente malata, con diversi bambini in condizioni critiche. Uno di questi è deceduto. Si ritiene che sette corpi sbarcati ad Antalya, in Turchia, nei giorni scorsi appartenessero a un gruppo di 85 persone migranti disperse da quando erano salpate dal Libano l'11 dicembre. 


4. Salvare vite non è reato

Un tribunale greco ha assolto 16 operatori umanitari e volontari dalle accuse legate ai loro sforzi per salvare i migranti che effettuavano la pericolosa traversata in mare su piccole imbarcazioni dalla vicina Turchia.

“Il processo sull’isola di Lesbo per spionaggio e altre accuse aveva attirato l’attenzione internazionale, con [Ong e associazioni] per i diritti umani che accusavano la Grecia di prendere di mira gli imputati per il loro lavoro umanitario [...]. Tra le 16 persone sotto processo non figurano due volontari internazionali, Sarah Mardini (rifugiata siriana) e Sean Binder, che erano stati assolti dalle accuse di reati minori un anno fa”, riporta Euronews.

"Processi come questo sono profondamente preoccupanti perché criminalizzano il lavoro salvavita e creano un pericoloso precedente", ha detto ai giornalisti Elizabeth Throssell, portavoce dell'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, in un briefing a Ginevra”, riporta Reuters.


5. L’accordo Italia Albania viola il diritto internazionale

L’accordo sulla detenzione dell’Italia con l’Albania viola il diritto internazionale ed è abusivo sotto molti aspetti, anche creando potenzialmente un limbo legale per le persone vulnerabili. Tuttavia, il piano sembra destinato ad andare avanti.

“L'ultima mossa dell'Italia per delocalizzare le proprie responsabilità è quasi sicura che violerà i diritti delle persone. A seguito del suo accordo abusivo con la Libia, l’Italia ora vuole portare le persone che hanno effettivamente raggiunto il Paese al di fuori dell’UE, violando i principi fondamentali del salvataggio in mare e minando il diritto di asilo e la libertà dalla detenzione arbitraria. È inoltre improbabile che dissuada le persone dall’effettuare pericolose traversate in barca”, scrive Judith Sunderland direttrice associata del dipartimento Europa e Asia Centrale di Human Rights Watch.

E ancora, “il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha avvertito che “la mancanza di certezza giuridica probabilmente minerà la fondamentale tutela dei diritti umani”. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha dichiarato che simili accordi extraterritoriali hanno “causato grandi sofferenze e danni”.

 
6. Continuano i respingimenti da parte di Tunisia e Algeria

Aumenta il numero di testimonianze di persone migranti sub sahariane arrestate dalle autorità a Sfax e in altre città della Tunisia. Queste ultime hanno riferito di essere abbandonate lungo il confine algerino, in zone montuose e gelide, si legge su Info Migrants.

“Stavo camminando per strada a Sfax quando mi hanno preso. Era un venerdì di gennaio 2024. Non stavo facendo nulla… stavo camminando… e all’improvviso sono arrivati ​​e ci hanno preso, ha detto Mohamed (nome di fantasia)”. E ancora: “[le persone nere dei paesi] dell’Africa subsahariana che vivono in Tunisia sono vittime di una caccia all’uomo condotta dal governo di Tunisi dall’estate del 2023. Le autorità tunisine negano completamente queste accuse. Info Migrants ha raccolto decine di testimonianze sui rastrellamenti e sull'abbandono dei migranti nel deserto, spesso verso la Libia , ma anche verso l'Algeria”.

Secondo il Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes), che aiuta le persone straniere in Tunisia, è difficile dire quante deportazioni siano avvenute. Oltre ad essere non ufficiali, le deportazioni terrorizzano le vittime che rifiutano di parlare per paura di essere potenzialmente identificate. "Sappiamo che queste deportazioni verso le montagne esistono, ma non possiamo documentarle davvero", ha riferito Romdhane Ben Amor, membro del Ftdes, a Info Migrants. Nella maggior parte dei casi, le autorità tunisine derubano i cittadini sub-sahariani, prendono i loro soldi e confiscano i loro cellulari. Le persone migranti hanno quindi poche possibilità di fornire prove di queste deportazioni illegali.
 

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