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Sospeso l'accordo Italia-Albania

 
Foto via Twitter/Ultim'ora.net


Dubbi sulla legittimità del Memorandum d'Intesa tra Italia e Albania: la Corte Costituzionale albanese ha accolto il ricorso dell'opposizione del governo albanese e dovrà valutare se l'accordo viola effettivamente le convenzioni internazionali. Nel frattempo, Frontex è nuovamente stata accusata di respingimenti e collaborazione con le milizie libiche.


1. La Corte Costituzionale albanese sospende il Memorandum con l’Italia

La Corte Costituzionale dell'Albania ha temporaneamente bloccato la ratifica dell'accordo italo-albanese per costruire centri di accoglienza e di rimpatrio per le persone migranti deportate dall’Italia. La Corte ha ordinato un'udienza pubblica il mese prossimo per determinare se l'accordo viola la costituzione.

“I ricorsi sono stati presentati da membri del Partito Democratico d’Albania, che sono di centrodestra e all’opposizione del primo ministro Edi Rama, socialista. Sostengono che l’accordo con l’Italia violi la costituzione albanese e le leggi internazionali a cui il paese è sottoposto: la Corte dovrà stabilire se è vero, e se dovesse dar loro ragione allora l’accordo verrebbe sostanzialmente bloccato”, si legge su Il Post. 

E ancora: “sono molte le violazioni rilevate dagli esperti e gli elementi che potrebbero essere in contrasto con i principi costituzionali e le convenzioni internazionali. A partire dal fatto che vengano soccorsi naufraghi in acque internazionali da navi italiane e non vengano portati in un paese fuori dall’Unione Europea e non in Italia”, riporta Domani.  


2. Frontex accusata di collaborare con la cosiddetta guardia costiera libica

In una nuova inchiesta giornalistica condotta dalle testate Lighthouse Reports, Der Spiegel, Le Monde e Al Jazeera, Frontex, l’agenzia Ue per il controllo delle frontiere marittime e terrestri, è stata accusata di aver collaborato con le milizie libiche per l’intercettazione e la cattura delle persone migranti in mare.

“L’agenzia di frontiera dell’Ue Frontex e il governo maltese condividono sistematicamente le coordinate delle barche di rifugiati che cercano di fuggire dalla Libia con una nave gestita da una milizia legata alla Russia, al traffico di esseri umani, ai crimini di guerra e al contrabbando”, riporta Lighthouse Reports. E ancora: “Tareq Bin Zeyad (Tbz) è uno dei gruppi di miliziani più pericolosi al mondo. È gestito da Saddam Haftar, il potente figlio del signore della guerra della Libia orientale Khalifa Haftar. Il gruppo gestisce una nave, chiamata anche TBZ, nel Mediterraneo centrale da maggio, durante la quale ha intercettato più di 1.000 persone in mare al largo delle coste della Libia e di Malta e le ha riportate in Libia”.

"Frontex e i centri nazionali di coordinamento dei soccorsi non dovrebbero mai fornire informazioni ad alcun attore libico", ha affermato Nora Markard, esperta di diritto internazionale presso l'Università tedesca di Munster, riportata da Al Jazeera. "Frontex sa chi è Tbz e cosa fa questa milizia. Quello che stanno facendo i miliziani è più un rapimento che un salvataggio [...]”.


3. Il Regno Unito sigla un nuovo accordo di deportazione con il Ruanda

Londra e Kigali hanno firmato un nuovo patto per la deportazione di persone migranti in Ruanda. 

“Questo nuovo trattato risponderà alle preoccupazioni della corte suprema, ha assicurato il ministro dell’interno britannico James Cleverly in un comunicato. Cleverly ha assicurato che il trattato è giuridicamente vincolante con Kigali per fornire garanzie sul trattamento dei migranti espulsi dal Regno Unito”, si legge su Internazionale. 

“Sono stata tra i pochi a disapprovare pubblicamente il progetto, ma ho potuto farlo solo sui social media e in pubblicazioni e canali stranieri, poiché i media locali non osavano darmi la piattaforma. Questa politica dovrebbe essere contrastata sulla base dei fatti. Il Ruanda non è un paese libero perché i diritti politici sono limitati e le libertà civili sono limitate”, scrive Victoire Ingabire Umuhoza sul Guardian, leader dell’opposizione ruandese. E ancora: “la maggior parte dei ruandesi è infatti sensibile alla difficile situazione di coloro che sono costretti a lasciare il proprio paese d’origine e sarebbe più che disposta a farli sentire i benvenuti. Allo stesso tempo, sono consapevoli della realtà che si trovano ad affrontare nel loro Paese. I ruandesi con cui parlo disapprovano l’accordo, ma non lo renderebbero pubblico per paura delle autorità”.


4. Tre anni dopo l’incendio, le condizioni a Moria rimangono insostenibili

Nel 2020, quando il campo profughi di Moria sull'isola greca di Lesbo andò a fuoco, la Commissione europea promise che “non ci sarebbero più state Moria”. A tre anni dall’incendio, e dopo aver investito oltre 270 milioni di euro per la costruzione di un campo profughi di “ultima generazione”, le condizioni interne rimangono inumane e degradanti.

“Secondo i residenti del campo, Msf (Medici senza frontiere) e altri, la scabbia e altre malattie contagiose della pelle si stanno diffondendo a ritmi allarmanti a causa del sovraffollamento, e i problemi infrastrutturali che hanno causato tagli d’acqua quasi giornalieri da quando la struttura è stata aperta sono notevolmente peggiorati con l’aumento della popolazione” riporta la giornalista Lydia Emmanouilidou sul New Humanitarian. 

“Un'infermiera di Msf che si prendeva cura dei pazienti fuori dal campo, [...] ha detto che l'équipe medica sta lottando per soddisfare i bisogni della popolazione in aumento. [...] Da anni le forze di sicurezza greche respingono richiedenti asilo e migranti in massa dalle frontiere terrestri e marittime del paese – una pratica che viola il diritto internazionale”.


5. Dalla Tunisia alle prigioni libiche

Le autorità tunisine hanno fermato e trasferito migliaia di persone migranti nelle carceri libiche dallo scorso settembre. 

“Ci siamo fermati sotto gli ulivi; sono stato fermato in mare; siamo stati prelevati per strada, vicino a Sfax. Questi sono solo alcuni esempi di messaggi ricevuti da Info Migrants nelle ultime settimane da senegalesi, guineani e sudanesi dell'Africa sub-sahariana. Raccontano tutti la stessa storia: un arresto arbitrario in Tunisia, a terra o in mare, dopo un tentativo di traversata, seguito dall'espulsione collettiva nella vicina Libia” denuncia Info Migrants. La polizia tunisina ha inviato oltre 1.500 cittadini sub-sahariani in Libia da settembre, secondo i resoconti trasmessi a Info Migrants. Deportazioni di questo tipo sono iniziate poco dopo che centinaia di migranti hanno iniziato ad arrivare a Lampedusa dalla Tunisia. Circa 10.000 persone sono sbarcate sull'isola italiana durante la settimana dell'11 settembre. Il numero di migranti deportati dalla Tunisia alla Libia potrebbe essere molto più elevato, con espulsioni collettive spesso effettuate nell'ombra.

Nel frattempo 61 persone risultano attualmente disperse nel Mediterraneo centrale, in seguito a un nuovo naufragio al largo di Zuara, in Libia.


6. La giungla tra Colombia e Panama è diventata una rotta migratoria trafficata

Un tempo quasi impenetrabile per i migranti diretti a nord dall'America Latina, la giungla tra Colombia e Panama quest'anno è diventata una rotta migratoria veloce ma ancora pericolosa per centinaia di migliaia di persone da tutto il mondo.

“Spinti dalla crisi economica, dalla repressione di governo e dalla violenza, le persone migranti dalla Cina ad Haiti hanno deciso di rischiare tre giorni di fango profondo, fiumi impetuosi e banditi [...]”, scrive il giornalista Christopher Sherman sull’Associated Press. “[...] Più di 506.000 migranti, quasi due terzi venezuelani, hanno attraversato la giungla del Darien entro la metà Dicembre, il doppio dei 248.000 che avevano stabilito il record l'anno precedente. Prima dell'anno scorso, nel 2016 il record era di appena 30.000. Dana Graber Ladek, direttrice dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni delle Nazioni Unite per il Messico, ha affermato che i flussi migratori attraverso la regione quest’anno sono “numeri storici che non abbiamo mai visto”.
 

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