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Subject Nessuna tregua in Palestina
Date October 23, 2023 8:45 AM
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Proseguono i bombardamenti su Gaza: il numero delle persone sfollate interne continua ad aumentare.

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Nessuna tregua in Palestina

Foto via Twitter/Al Jazeera ([link removed])

Proseguono i bombardamenti su Gaza: il numero delle persone sfollate interne continua ad aumentare e non è stata ancora trovata alcuna soluzione definitiva per coloro che si trovano al confine con l’Egitto. Nel frattempo l’Italia è stata nuovamente condannata dalla Corte Europea dei Diritti Umani (Cedu).

1. Persone rifugiate palestinesi ancora bloccate al confine con l’Egitto

Mentre Israele continua incessantemente a bombardare Gaza, le persone rifugiate palestinesi che sono riuscite a raggiungere i valichi di frontiera si ritrovano bloccate sui confini. Aumenta anche il numero dei civili uccisi, come riporta ([link removed]) Al Jazeera, tra 1403 persone israeliane, 3785 persone palestinesi a Gaza e 81 nella West Bank occupata.

“Il presidente egiziano Abdel Fattah El Sisi ha [...] affermato che l'attuale guerra non mira solo a combattere Hamas, che governa la Striscia di Gaza, ma ha anche lo scopo di spingere i civili a migrare in Egitto, [...] ciò, secondo El Sisi, potrebbe distruggere la pace nella regione”, scrivono ([link removed]) i giornalisti Jack Jeffrey e Samy Magdy sull’Associated Press. E ancora: “il suo rifiuto [ dell’Egitto] è radicato nel timore che Israele voglia forzare l’espulsione permanente dei palestinesi nei propri paesi e annullare le richieste palestinesi di uno Stato. El-Sisi ha anche affermato che un esodo di massa rischierebbe di portare i militanti nella penisola egiziana del Sinai[...]. Tuttavia il
valico di Rafah è stato infine aperto per permettere il passaggio di 20 camion con aiuti umanitari e beni di prima necessità: “Martin Griffiths, coordinatore dei soccorsi d'emergenza delle Nazioni Unite, ha accolto con favore la consegna, affermando che è avvenuta dopo giorni di negoziati profondi e intensi con tutte le parti interessate per garantire che le operazioni di aiuto a Gaza riprendano il più rapidamente possibile e con le giuste condizioni” si legge ([link removed]) su Al Jazeera.

Nel frattempo aumenta il numero delle violazioni dei diritti umani ai danni dei civili: “ovviamente, sia gli stati che i gruppi armati non statali a volte non rispettano il diritto internazionale umanitario”, ha affermato ([link removed]) Marco Sassoli, professore ed esperto di diritto internazionale all’Università di Ginevra, intervistato dal redattore Eric Reidy sul New Humanitarian. E ancora: “tuttavia, c’è stato un doppio standard in termini di dove la comunità internazionale ha mostrato la volontà politica di perseguire la responsabilità, secondo Sassoli, il quale ha sottolineato la velocità con cui le violazioni russe sono state indagate in Ucraina rispetto ad altri contesti in tutto il mondo”.
2. Nuova condanna della Cedu per trattamenti inumani a Lampedusa

La Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha giudicato l'Italia colpevole di aver sottoposto tre cittadini tunisini a "trattamenti inumani e degradanti" nell’hotspot di Lampedusa.

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“La Corte è giunta a questa stessa conclusione in tre sentenze su tre diversi casi riguardanti il ​​periodo tra il 2017 e il 2019. Ha inoltre affermato che i migranti sono stati "privati ​​arbitrariamente della libertà" perché non esisteva "una base giuridica chiara e accessibile per la detenzione", riporta ([link removed]) l’Ansa. La Corte ha evidenziato che i tre cittadini tunisini sono stati tenuti nell’hotspot per periodi che vanno da 17 giorni a oltre due mesi, nonostante la struttura fosse sovraffollata e le condizioni igieniche fossero carenti, mancavano persino i letti.

“Uno di loro ci è rimasto anche dopo lo scoppio di un incendio. La Cedu ha stabilito che l’Italia dovrà versare a ciascun migrante — di cui non è citata l’identità — cinquemila euro per “danni non pecuniari” e altri quattromila per le spese legali”, si legge ([link removed]) su Il Fatto Quotidiano.
3. La Mare Jonio è stata sottoposta a fermo amministrativo

Ong di nuovo nel mirino: il Governo sottopone la nave Mare Jonio — che ha attraccato a Trapani mettendo in salvo 69 persone migranti — a fermo amministrativo per ben 20 giorni e a una sanzione di 10 mila euro.

La motivazione del fermo però è inedita tanto che “potrebbe trasformarsi in boomerang per il governo Meloni”, si legge ([link removed]) su Avvenire. Infatti, “per la prima volta non sono state contestate irregolarità a salvagenti o ad altre dotazioni di bordo, né tantomeno per l’aver esercitato un’attività di soccorso non occasionale, ma “soltanto” il non aver contattato il Centro di soccorso libico - come era stato indicato dalla centrale di ricerca e soccorso italiana - perché la guardia costiera di Tripoli “non appare soggetto sicuro e affidabile, rispettoso del diritto internazionale e umanitario e ottemperante gli obblighi previsti dalla Convenzione di Amburgo Sar 1979 e la Convenzione di Ginevra 1951, al quale ci si possa affidare né fornire informazioni, pena la messa a rischio delle vite stesse dei naufraghi”.

In pratica la Mare Jonio viene penalizzata per non aver consegnato 69 persone (tra donne, uomini e bambini) appena strappati al rischio della morte per annegamento in mare, a quelle milizie che li avrebbero riportati nei centri di detenzione ([link removed]) da cui fuggivano.
4. Italia, Paese di emigrazione

Sono sempre di più i giovani italiani che se ne vanno dal Paese per studio o per lavoro.

“I giovani emigrati italiani verso il resto d’Europa sono molto probabilmente tre volte più numerosi di quanto stimato finora e arrivano a una popolazione di 1,3 milioni di persone nell’ultimo decennio. Non deve sorprendere dunque che, negli altri Paesi europei (Gran Bretagna inclusa) vivano con ogni probabilità già almeno 3,1 milioni di italiani: quasi un milione in più rispetto a quanto registrato all'Aire, l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero”, scrive ([link removed]) il giornalista Federico Fubini sul Corriere della Sera. Il nuovo studio “Lies, Damned Lies, and Statistics: un’indagine per comprendere le reali dimensioni della diaspora dei giovani italiani” (sul periodo 2011-2021) — a cura della Fondazione NordEst e Talented Italians in Uk — dimostra che se negli anni ‘50 del Novecento “lasciavano
l’Italia soprattutto persone con una qualifica professionale e di studi inferiore alle medie nazionali; oggi il 30% dei giovani che lasciano ha la laurea, una quota superiore a quella dei laureati nella fascia d’età fra i venti e i 39 anni”.

Infine: “gli autori dello studio sottolineano che questa dinamica non ha niente a che fare con il fisiologico scambio di abitanti — giovani in particolare — legato all’integrazione europea. L’Italia, sottolineano, è solamente un “fornitore” di capitale umano, “attraverso la diaspora di giovani con un elevato bagaglio di istruzione”. Sulla base dei dati Eurostat, la sproporzione è appunto di 17 che escono verso l’Europa ogni singolo europeo che sceglie di vivere in Italia”.

5. I diritti violati sul confine tra Polonia e Bielorussia

Le persone migranti continuano a morire o a sopravvivere in un limbo sul confine tra Polonia e Bielorussia, vittime di un gioco politico che li schiaccia, secondo l’associazione polacca Grupa Granica che si occupa di prestare soccorso alle persone migranti.

"Non abbiamo idea di quante persone siano ancora intrappolate in questa terra di nessuno", dice Bartek, portavoce di Grupa Granica, riportato ([link removed]) da Info Migrants. “Tra i rifugiati e i migranti figurano afghani, siriani, etiopi e indiani. Sono tutti coinvolti in un gioco politico più ampio, afferma Grupa Granica. Da una parte c’è la Bielorussia del presidente Alexander Lukashenko che ha spinto le persone al confine nel presunto tentativo di destabilizzare l’Europa. Dall’altro, la Polonia ha risposto con respingimenti indiscriminati, un confine sigillato e pressioni esercitate su chiunque fornisca aiuti, al limite dell’intimidazione, dicono gli attivisti”.

Finora sono stati ritrovati circa 50 cadaveri nella foresta [lungo il confine bielorusso polacco]. “Tuttavia, gli attivisti ritengono che il numero dei morti e dei dispersi sia molto più elevato. Nelle ultime settimane l’area è stata ulteriormente sigillata con il dispiegamento di circa 4mila guardie di frontiera.
6. Cresce l’instabilità in Sudan: persone rifugiate sempre più a rischio

Mentre il conflitto in Sudan si estende da Khartoum, migliaia di persone rifugiate continuano a trovarsi in pericolo.
“Gli scontri tra l'esercito sudanese e le Forze Paramilitari di Supporto Rapido (Rsf) si sono estesi a sud di Khartoum verso lo stato di Gezira, mettendo in pericolo la vita di migliaia di persone che sono fuggite lì dalla capitale”, riporta ([link removed]) la giornalista Zainab Mohammed Salih sul Guardian. "Gli operatori umanitari stanno lottando per accedere alle zone gravemente colpite di Khartoum e del Darfur, e casi di morbillo, malaria, febbre dengue e colera sono stati segnalati a livello nazionale [...]. Tutti stanno perdendo peso, e le persone hanno problemi anche mentali", ha affermato Khalid Salih, 29 anni, di Omdurman, una città sulla riva occidentale del fiume Nilo, di fronte a Khartoum. Ci sono pochi generi alimentari nei mercati, che chiudono presto per paura che vengano bombardati dall'esercito. Le persone hanno anche paura di essere arrestate e interrogate dalle Rsf. È
desolante”.

La Bbc ha riferito ([link removed]) di aver riscontrato nuove prove della brutale violenza etnica in Darfur, sulla base di un’analisi dei dati satellitari e dei social media condotta dal Center for Information Resilience, un organismo di ricerca in parte finanziato dal governo britannico. Dall’analisi emerge che almeno 68 villaggi nel Darfur sono stati dati alle fiamme dalle milizie armate dall'inizio della guerra civile.
7. I nostri nuovi articoli su Open Migration

L’atelier des Artistes en Exil di Parigi è una struttura che sostiene gli artisti che nella capitale hanno uno status di rifugiato. Ognuno ha un’origine, una storia e un’arte diversa. Tra di loro, Sahar, attrice, e Zaef, comico, hanno deciso di condividere la loro storia. Ce ne parla ([link removed]) Veronica Gennari.

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