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Subject Il prezzo della libertà
Date September 25, 2023 9:10 AM
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Il governo Meloni continua ad adottare metodi repressivi costringendo richiedenti asilo a pagare pur di evitare la detenzione

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Il prezzo della libertà

Foto via Twitter/Melting Pot Europa ([link removed])

Il governo Meloni continua ad adottare metodi repressivi contro le persone migranti, costringendo richiedenti asilo a pagare pur di stare al di fuori dei CPR. Nel frattempo la Corte UE boccia i respingimenti illegali della Francia.

1. Richiedenti asilo sotto ricatto

Dopo aver aumentato il tempo di trattenimento nei Cpr fino a 18 mesi ([link removed]) , il Governo prevede di ottenere ([link removed]) dalle persone richiedenti asilo - provenienti dai Paesi considerati “sicuri” - una somma di quasi 5 mila euro (per la precisione 4.938) come obbligo di garanzia per evitare la detenzione negli stessi, o in ulteriori strutture detentive. “[...] I ministri hanno fissato anche le modalità di versamento: la garanzia finanziaria è prestata in unica soluzione mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa ed è individuale e non può essere versata da terzi”, scrive ([link removed]) la giornalista Vanessa Ricciardi su Domani.

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“Il merito della misura è stato molto discusso ed è stata definita da alcuni incostituzionale, perché di fatto introdurrebbe nel trattamento delle persone migranti una discriminante basata sui mezzi economici”, si legge ([link removed]) su Il Post. Inoltre, sull’attuabilità: “questo implica che chi sbarcherà a Lampedusa o in altri porti delle coste italiane dovrà avere con sé già pronta una fideiussione bancaria da quasi 5.000 euro. [...] Inoltre per presentare una fideiussione, i migranti dovrebbero anche essere in possesso di un documento di identità valido: cosa tutt’altro che scontata al termine di un viaggio in cui i passaporti vengono spesso requisiti o persi lungo il tragitto”.

“Il decreto che fissa la “tassa per la libertà” di 5 mila euro difficilmente troverà applicazione” dichiara Filippo Miraglia, responsabile Immigrazione di Arci nazionale. Il governo continua a produrre interventi impraticabili, frutto solo dell’ideologia e della volontà di continuare a negare la realtà”, riporta ([link removed]) la giornalista Daniela Fassini su Avvenire.

2. La Corte Ue boccia la Francia: i respingimenti sono vietati

La Corte di Giustizia Ue ha affermato che la politica della Francia di rifiutare l'ingresso ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare alle frontiere con altri Stati membri viola il diritto comunitario, si legge ([link removed]) sull’Ansa.

“La Corte dichiara che, in una situazione del genere, un provvedimento di respingimento può essere adottato sulla base del codice frontiere Schengen ma che, ai fini dell’allontanamento dell’interessato, devono comunque essere rispettate le norme e le procedure comuni previste dalla direttiva “rimpatri”, il che può condurre a privare di una larga parte della sua utilità l’adozione di un siffatto provvedimento di respingimento” riporta la Corte nella sentenza ([link removed]) .

“La sentenza arriva mentre la Francia ha chiude il confine con l’Italia nel contesto di una recente ondata di arrivi di migranti nell’isola di Lampedusa. Ma le norme dell’Ue obbligano i paesi membri ad avviare una procedura formale quando espellono un migrante irregolare e a concedere a quella persona tempo sufficiente per lasciare il paese. I cosiddetti respingimenti di migranti, o il respingimento diretto di un migrante attraverso il confine, possono essere effettuati solo come ultima risorsa, hanno stabilito i giudici del Lussemburgo”, riporta ([link removed]) il giornalista Gregorio Sorgi su Politico.
3. La solidarietà tra le persone rifugiate in Egitto

La comunità sudanese dell'Egitto sta svolgendo un ruolo importante negli sforzi per assistere le persone rifugiate che sono fuggite dal conflitto tra l'esercito sudanese e le forze paramilitari di supporto rapido (Rapid Support Forces). Da aprile più di 280.000 persone sudanesi hanno intrapreso il viaggio verso l’Egitto.

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“Per alleviare le difficoltà, un gruppo di 14 organizzazioni gestite da persone rifugiate sudanesi – più di due milioni delle quali vivono in Egitto – hanno formato una piattaforma di coordinamento che da aprile ha raggiunto decine di migliaia di famiglie”, riporta ([link removed]) la giornalista Azza Guerghe sul New Humanitarian. E ancora, “quando si tratta di questioni umanitarie, i rifugiati sono sempre stati parte integrante della risposta, secondo Amal Rahal, un’architetta e rifugiata di 39 anni che ha lasciato il Sudan nel 2018. Nel 2019, Rahal, originaria dei Monti Nuba [...] colpiti dal conflitto, ha lanciato un'iniziativa chiamata Hopes For the Future, con lo scopo di creare una scuola comunitaria per insegnare ai bambini sudanesi del Cairo il curriculum del loro paese”.
Rahal ha aperto la scuola nel quartiere Boulaq, è assistita da altre sette donne sudanesi. Insieme hanno unito le loro risorse, affittando uno spazio per la scuola e acquistando oggetti per gli alunni, tra cui sedie, tavoli e libri.
4. Il dramma di chi tenta di arrivare negli Stati Uniti

Il numero di persone migranti che tentano di attraversare il confine tra Stati Uniti e Messico non ha smesso di aumentare. “Secondo i dati dell'agenzia statunitense Customs and Border Protection, più di 91.000 persone sono state arrestate nel mese di agosto mentre tentavano di attraversare illegalmente il confine” riporta ([link removed]) il giornalista Jorge Vaquero Simancas su El Paìs.

“Negli stati messicani come Chiapas, Chihuahua o Oaxaca [...] i rifugi sono al completo. Nella capitale, Ricardo Álvarez – un migrante venezuelano di 39 anni – ora dorme fuori dalla stazione nord degli autobus insieme alla moglie 38enne Lili Noguera e a suo figlio Isaias. Il bambino di sette anni è il motivo per cui non vogliono fare il viaggio sul treno [ridenominato] come “La Bestia”, che ha lasciato numerose persone migranti senza vita o mutilate, dopo aver tentato di salire sulle sponde o sui tetti dei vagoni, e percorso [il tragitto] verso il confine americano”.

Non mancano estorsioni da parte della polizia, riporta Simancas, che, riportando la testimonianza di alcuni cittadini venezuelani scrive: “in diverse occasioni la polizia ci ha costretti [a scendere dall’autobus] e a pagarli di più”, si lamenta Álvarez. Tuttavia, per loro, la parte più difficile non è stata attraversare il Messico. Dopo aver lasciato la città venezuelana di Barquisimeto per motivi economici, la loro difficoltà più grande è stata attraversare la trappola mortale che è la giungla del Darién”.

5. Oxfam denuncia: fondi per lo sviluppo usati per politiche securitarie

Secondo un nuovo rapporto ([link removed]) della Ong Oxfam, i soldi destinati agli aiuti internazionali per lo sviluppo dei Paesi africani - in particolare Niger, Libia e Tunisia - violano le regole interne, riporta ([link removed]) il giornalista Nkolaj Nielsen su Eu Observer.

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"Vi è un'attenzione prevalente posta sui progetti che finanziano la “gestione delle frontiere” [...] - termine utilizzato come pretesto per controllare e contenere le migrazioni", ha affermato Stephanie Pope, coautrice del rapporto. Il rapporto critica anche la Commissione Europea per la mancanza di documentazione per esaminare i progetti in dettaglio. E ancora: “gli aiuti devono seguire le regole stabilite dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)”.
Oxfam è riuscita ad analizzare circa 16 attività legate alla migrazione nei tre paesi (sopra citati) per un totale di circa 1 miliardo di euro: più di un terzo presentava rischi per le norme sugli aiuti internazionali perché miravano a limitare la migrazione verso l’Europa. “Ciò include il finanziamento di attrezzature di sorveglianza e navi per le guardie costiere in Libia e Tunisia, nonostante le violazioni dei diritti umani ben documentate”.
6. I nostri nuovi articoli su Open Migration

Partito dal Sudan, quando aveva 27 anni, Usman Alì è in Tunisia, ma ancora in viaggio. 5 anni di vita, tra Libia, Algeria, Marocco e proprio la Tunisia, dove Ilaria Romano lo ha incontrato ([link removed]) e raccolto la sua storia.

Già 10 anni fa, dopo il tragico naufragio del 3 ottobre 2013 naufragio, si andò alla ricerca di un colpevole, anche in quel caso gli scafisti. Di soluzioni, fatte ad esempio di canali legali di ingresso, non si parlò. A 10 anni di distanza i discorsi sono sempre gli stessi. Gli sbarchi continuano, i colpevoli vengono sempre cercati, le soluzioni no. Ce ne ([link removed]) parla Christian Elia.

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