Cara amica, caro amico,
Nel suo ultimo libro, La presunzione fatale (ne uscirà entro l'anno una nuova edizione per l'IBL), Friedrich von Hayek abbozza uno schema di storia delle idee nel quale agli economisti è accordato un ruolo privilegiato. Già il suo maestro Ludwig von Mises aveva ritenuto la scoperta della divisione del lavoro, da parte di autori come David Hume e Adam Smith, la grande svolta nella nostra comprensione del mondo. Per Hayek, ciò che essa implica è la comprensione delle modalità di funzionamento di ordini autopoietici: ovvero di quei processi nei quali si viene a comporre, per l'appunto, un "ordine" anche se il singolo attore si cura soltanto dei propri obiettivi senza alcun interesse al "quadro generale". Questa fu una grande scoperta, in senso proprio, scientifica: esistono ordini e istituzioni che sono l'esito dell'attività autointeressata di milioni di persone, puzzle che si compongono anche se ciascuno di coloro che vi partecipa non ha un'idea precisa di dove mettere la propria tessera del puzzle. Abbiamo scoperto che fenomeni che apparivano ex post coerenti e dovevano, dunque, in qualche modo essere l'esito di un disegno preciso, erano invece l'esito di una miriade di azioni separate, autointeressate, non necessariamente coordinate.
Studiare i fenomeni sociali significa proprio questo. E per lungo tempo, mentre altri intellettuali ritenevano che fosse venuto il momento di cambiare il mondo, alcuni economisti, anche nel nostro Paese, hanno risposto che semmai era arrivato il momento di provare a comprenderlo. Studiare empiricamente come si determina l'assetto di certi mercati, senza credere che sia l'esito di una sorta di magia, ovvero dell'intervento di pianificatori, esperti e tecnocrati, in grado ovviamente di "mettere a posto le cose" anche nelle circostanze più improbabili.
Purtroppo questa tradizione, non tanto nel solco della scienza economica ma fra gli economisti che intervengono nel dibattito pubblico, si sta spegnendo. Gli stessi che anni fa mettevano in guardia contro i benefici delle "mani visibili", delle politiche industriali, delle spese allegre, delle grandi "scelte di sistema", oggi le caldeggiano. E' cambiato tutto, fra pandemia e guerra? Forse dalla pandemia e dalla guerra abbiamo appreso le lezioni sbagliate.
Mai come oggi il mercato, che poi significa: la libertà di scelta dei singoli individui, vostra e mia, ha avuto così pochi amici. Anche per questo serve più che mai sostenere l'Istituto Bruno Leoni, anche con il 5x1000, come spero potrete fare. Nel mondo dei protezionisti di ritorno, noi non siamo certo infallibili. Sbagliamo come tutti, anche di più. Ma una cosa credo dobbiate riconoscercela: non ci entusiasmiamo per nessun prestigiatore della politica, anche se ci capita di dargli del tu. Credo non sia poco. Serve la coerenza del sangue freddo, per insistere nel provare, per quel che possiamo, a comprendere il mondo, senza illudersi di poterlo cambiare, ovviamente a spese dei contribuenti.