Anatomia di una strage, tra soccorsi inesistenti e diritti negati
Foto via Twitter/Il Fatto Quotidiano
Una nuova inchiesta sulla strage avvenuta a Cutro, nel mese di febbraio, rivela ulteriori dettagli sulle mancanze e le omissioni da parte dell’Italia e di Frontex. Nel frattempo, l’Ue continua a violare i diritti delle persone migranti.
1. Strage di Cutro: l’Italia e Frontex sono responsabili dei mancati soccorsi
In una nuova inchiesta internazionale di Lighthouse Reports, a cui hanno partecipato, tra gli altri, anche Domani, Le Monde e Sky News, è stato riportato che l'Italia e Frontex sono responsabili di aver nascosto informazioni relative ai mancati soccorsi nella strage di Cutro, avvenuta nel mese di febbraio, in cui sono morte 94 persone, tra cui 35 minori.
“A tre mesi di distanza la procura di Crotone ha iscritto i nomi e cognomi dei primi indagati [...]. Le perquisizioni si sono concentrate nei confronti di almeno tre ufficiali della guardia di finanza a cui vengono contestate misure opache e poco trasparenti sia nella redazione delle relazioni finali sull’operato del corpo in quella sera sia nelle comunicazioni. Secondo la procura gli agenti hanno utilizzato anche cellulari personali privati per comunicare tra loro, l’obiettivo è rintracciare le chiamate e i messaggi per capire le motivazioni dei ritardi nei soccorsi”, riportano i giornalisti Sara Creta, Youssef Hassan Holgado e Abbas Azimi su Domani. “Il maltempo, la mancanza di giubbotti di salvataggio e il sovraffollamento costituiscono segnali di pericolo per le norme marittime di Frontex e dell'Italia, tuttavia le autorità marittime non hanno avviato un'operazione di ricerca e soccorso. Dopo il naufragio, l'agenzia di frontiera europea ha nascosto il fatto che il loro pilota aveva segnalato forti venti alla loro sala di controllo durante il volo di sorveglianza”, si legge su Lighthouse Reports.
Infine, in risposta alle recenti scoperte, Eve Geddie, direttrice dell'Ufficio per le istituzioni europee di Amnesty International, ha dichiarato: “invece di sottrarsi alle proprie responsabilità e scaricarsi la responsabilità tra di loro, Frontex e le autorità italiane dovrebbero essere trasparenti su ciò che potrebbe essere andato storto”.
2. La negligenza dell’Ue nei confronti dei richiedenti asilo afghani
Solo 271 richiedenti asilo afghani sono stati reinsediati nell'Unione Europea (Ue) nel 2022, secondo il nuovo rapporto dell’International Rescue Committee (Irc), dal titolo “Two Years On: Afghans Still Lack Pathways to Safety in the EU”. Ciò equivale allo 0,1% degli oltre 270.000 afghani identificati come vulnerabili e quindi potenzialmente soggetti a protezione internazionale.
Nel rapporto è stato evidenziato che i Paesi dell’Ue non hanno rispettato gli impegni e le promesse di aiutare gli afghani attraverso corridoi umanitari, il ricongiungimento familiare e altri percorsi di protezione. "Ostacoli pratici o burocratici - inclusi criteri di ammissibilità ristretti, requisiti stringenti [...] - stanno limitando [...] gli sforzi dell'Ue per portare in salvo gli afghani", si legge nel rapporto.
Nel novembre 2021, l'Italia ha avviato un programma di corridoi umanitari per consentire l'ingresso di 1.200 cittadini afghani. Tuttavia, fattori come la mancanza di macchine necessarie per il rilevamento delle impronte digitali presso le ambasciate italiane in Pakistan e Iran necessarie per registrare i rifugiati afghani prima della partenza, hanno causato "gravi ritardi". A metà maggio 2023, poco meno di 600 cittadini afghani sono arrivati in Italia attraverso questi corridoi umanitari, la metà dell'obiettivo iniziale, sottolinea il rapporto dell'Irc.
3. Dalla Tunisia all’Italia: le storie di chi parte
Gli arrivi di migranti via mare continuano ad aumentare in Italia, con una cifra di quasi 49.000 persone da gennaio a maggio 2023. La maggior parte di coloro che viaggiano attraverso la rotta del Mediterraneo centrale proviene da paesi sub-sahariani e sta partendo dalla Tunisia.
Come viene riportato dalla giornalista Monica Pinna su Euronews, questo aumento dei flussi migratori è dovuto a numerosi fattori tra cui la propaganda xenofoba del presidente tunisino Kais Saied nei confronti delle persone africane nere. “Ho perso il lavoro. Ho perso la mia casa. Tutti i cittadini tunisini hanno iniziato a cacciarci”, ha rivelato un migrante sud sudanese che vive in Tunisia dal 2016. E ancora: “stiamo morendo qui. Abbiamo bisogno di un posto sicuro. Non ci importa se quel posto è in Africa o altrove. Vogliamo andare via”, ha detto un altro rifugiato sud sudanese. “Questi rifugiati fanno parte di un gruppo di circa 150 persone accampate da mesi davanti all'agenzia Onu per le migrazioni (Iom). Vogliono un'evacuazione urgente verso un paese terzo”, scrive Pinna.
E benché anche i cittadini tunisini stessi partano per via dell’instabilità socio-politica ed economica del Paese, Africa News riporta l’ennesimo attacco nei confronti di persone sub-sahariane: “un migrante beninese di 30 anni è stato accoltellato a morte e altre cinque persone sono rimaste ferite in un attacco da parte di un gruppo di tunisini”.
4. Frontex indagata per aver messo a rischio richiedenti asilo vulnerabili
Il Garante europeo per la protezione dei dati (Gepd) ha annunciato che sta avviando un'indagine per verificare se Frontex abbia raccolto informazioni che non è autorizzata a raccogliere e fornito illegalmente tali dettagli sui migranti all'agenzia di polizia dell'UE Europol, riporta Info Migrants.
Frontex ha dichiarato di condurre "colloqui di debriefing" con i migranti che entrano in Europa senza autorizzazione "su base volontaria e anonima". Ha affermato che le interviste mirano a raccogliere informazioni sulle rotte migratorie e sulla criminalità transfrontaliera e aiutare a pianificare le sue operazioni. Ma in un nuovo rapporto il Gepd ha affermato che alcuni colloqui presentano "una combinazione di caratteristiche distintive delle persone in viaggio, tali da renderle identificabili”. Il Gepd ha inoltre affermato di nutrire “seri dubbi” sul fatto che tali colloqui rispettino le normative sui dati.
Ricordiamo, infine, che negli ultimi anni, Frontex è stata ripetutamente accusata di aver preso parte a respingimenti illegali di migranti e di essere complice di una serie di abusi alle frontiere.
5. L’Ue finanzia milizie per rinchiudere le persone migranti
Dal patto dell'Ue del 2010 con Muammar al-Qaddafi al Fondo fiduciario di emergenza dell'Ue per l'Africa istituito nel novembre 2015 quando la guerra siriana ha causato un forte aumento di flussi migratori [...], l'Ue ha sborsato miliardi di euro nel tentativo di convincere i paesi non europei ad agire come "polizia personale" dell'immigrazione, scrive il giornalista Renan Malik sul Guardian.
“Il risultato è stata la creazione di un'enorme industria di [...] detenzione dall'Atlantico al Mar Rosso, dal Mediterraneo al Sahel. Prigioni, magazzini, persino giardini zoologici, sono stati riconvertiti per la detenzione dei migranti[...]”, scrive Malik. In Libia, infatti, le milizie e i trafficanti di esseri umani sono stati ribattezzati come "guardie costiere" addestrate e finanziate dall'Ue per catturare i migranti in mare e costringerli alla detenzione.
“L'approccio dell'Ue è stato disastroso anche per le popolazioni locali. L'esternalizzazione della politica migratoria d’Europa ha portato allo smantellamento delle economie, alla disgregazione delle comunità, alla creazione di nuove opportunità per i trafficanti di esseri umani [...]”.
6. Ong nuovamente sotto attacco
La Guardia Costiera italiana ha sottoposto a fermo amministrativo, la Sea Eye 4 e la Mare*Go, per la violazione del nuovo provvedimento che impedisce alle Ong effettuare più operazioni di soccorso di fila.
“Le Ong affermano che la misura mira a frenare gli arrivi, poiché è loro vietato di condurre più operazioni e spesso sono tenute a recarsi in porti lontani, il che aumenta i costi operativi e riduce i tempi per i soccorsi”, si legge su Al Jazeera. La Sea-Eye 4 è stata fermata dopo aver soccorso 17 persone nella zona di ricerca e soccorso libica e dopo aver effettuato alcuni soccorsi consecutivi nella zona maltese, senza prima dirigersi verso il porto assegnato di Ortona, nella regione centrale dell'Abruzzo. “La Ong ha affermato che la nave ha successivamente risposto a una richiesta di soccorso da una barca con più di 400 persone a bordo nella zona maltese, e ha deciso di tornare indietro poiché nessuna autorità governativa aveva confermato il coordinamento [dei soccorsi] per l'emergenza”.
Il team di Open Migration
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