In Italia i lavoratori e le lavoratrici migranti rimangono tra i più sfruttati
Foto via Twitter/Global Project Info
Il 28 aprile migliaia di lavoratori e lavoratrici migranti hanno protestato contro il Decreto Cutro e le condizioni di precarietà e sfruttamento a cui sono sottoposti. Nel frattempo, la premier Meloni, a Londra, firma un memorandom col suo omologo Sunak su migranti ed energia.
1. In piazza contro il razzismo istituzionale
Il 28 aprile, a Roma, migliaia di lavoratori e lavoratrici migranti, associazioni solidali e collettivi si sono riversati nelle strade per protestare contro il Decreto Cutro, una manifestazione indetta dal Movimento Migranti e Rifugiati Napoli insieme all’ex OPG – Je so’ Pazzo, l’Unione Sindacale di Base (Usb) e Potere al Popolo.
“Nel corteo, le donne ed i bambini del movimento di Napoli, arrivati all’Esquilino con 12 pullman, erano in prima fila, ed aprivano la strada ad altri manifestanti che le seguivano tra striscioni e bandiere”, riporta l’antropologo Leone Palmieri su Melting Pot Europa. Tra le decisioni di governo contestate c’erano principalmente l’ampliamento dei Cpr, lo smembramento del sistema di accoglienza e l’eliminazione della protezione speciale: “la protezione speciale ha aiutato tanti amici a trovare lavoro o studiare. È gravissimo limitarla. Così aumenterà lo sfruttamento nei campi, le persone finiranno per strada, dovranno interrompere gli studi”, dice Abraham. Ha 23 anni, fa il mediatore culturale a Caserta”, riporta il giornalista Giansandro Merli su Il Manifesto.
“Vogliamo capire che cosa succederà nelle questure e negli uffici di immigrazione in tutta Italia”, dice Stefano De Angelis dell’Usb. “Già oggi soffriamo la difficoltà di avere risposte dagli uffici di immigrazione a persone che hanno già presentato domande e hanno diritto ad avere il permesso di soggiorno. Per ritardi, ostacoli burocratici e carenza di organico, le risposte, invece di avvenire nei 60 giorni previsti dalla legge, avvengono in sei, sette mesi e a volte anche di più”.
2. La visita della presidente Meloni nel Regno Unito
La premier Giorgia Meloni, durante la sua visita a Londra, ha firmato un nuovo Memorandum in accordo con il suo omologo britannico, Rishi Sunak, per contrastare l’immigrazione, riporta il giornalista Patrick Wintour sul Guardian.
“La lotta a trafficanti e immigrazione clandestina - dice la leader - è qualcosa che i due governi stanno facendo molto bene: Rishi, sono assolutamente d'accordo col tuo lavoro". E poi, ancora più esplicita: "Io condivido la linea Sunak, anche sul tema del Ruanda”, riporta il giornalista Tommaso Ciriaco su Repubblica. Tuttavia il Regno Unito è già stato condannato lo scorso anno dalla Corte Europea dei Diritti Umani (Cedu) per via delle violazioni dei diritti umani inerenti al piano di deportazione dei migranti in Ruanda. In aggiunta, come sottolinea Human Rights Watch, anche la stretta sulle richieste di asilo e la costruzione di centri di detenzione in Ruanda (paese non sicuro per il rimpatrio) contribuiscono alla violazione dei diritti dei migranti che arrivano su piccole imbarcazioni attraverso il canale della Manica.
Il bilaterale tra Sunak e Meloni è stato fortemente contestato anche da diverse associazioni britanniche che hanno protestato contro il razzismo verso migranti e rifugiati da parte di entrambi:
3. Come cambia l’accoglienza con lo stato di emergenza
“L’11 aprile il governo italiano ha annunciato lo “stato di emergenza su tutto il territorio nazionale per fronteggiare l’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti”. Ma sulla piccola isola siciliana – più vicina alla Tunisia che all’Italia – le procedure allo sbarco non sembrano essere cambiate”, riporta la giornalista Annalisa Camilli su L’Essenziale nell’approfondimento “Tutte le anomalie dello stato di emergenza per i migranti”.
Giovanni d’Ambrosio, uno degli operatori che lavorano a Lampedusa ha affermato che “le persone non sono trattate come dei sopravvissuti, ma come dei criminali. Il tutto è gestito come un’operazione di polizia”. E ancora: “Le forze dell’ordine coordinano le procedure di sbarco, poi ci sono otto agenti di Frontex e gli operatori dell’Unhcr. Ma a volte le persone sono trasferite dal molo all’hotspot dopo molte ore e spesso non gli viene data nemmeno una bottiglietta d’acqua”.
La dichiarazione dello stato d’emergenza è di fatto anomalo: “eppure, fa notare Openpolis, a dieci giorni di distanza da quell’annuncio non è stata attivata nessuna procedura ufficiale e nella Gazzetta ufficiale non è stato pubblicato alcun documento”. E ancora: “c’è inoltre un’incongruenza sui limiti territoriali di applicazione dello stato di emergenza: nel titolo dell’ordinanza [...] si dice che lo stato di emergenza varrà solo per sedici regioni, perché Valle d’Aosta, Emilia-Romagna, Toscana, Puglia e Campania si sono rifiutate di collaborare attraverso i pareri espressi dai presidenti di queste regioni”, questo benché lo stato di emergenza sia stato dichiarato per tutto il territorio nazionale.
4. La polizia francese sgombera i migranti per l’Olympic Village
La polizia francese ha sgomberato circa 400 persone, soprattutto cittadini originari del Ciad e del Sudan, da un edificio abbandonato. L'area ospiterà il villaggio degli atleti durante i Giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi 2024, riporta Info Migrants.
Contattata da Info Migrants, la prefettura di Seine-Saint-Denis ha affermato che lo sgombero è la conseguenza di una "una decisione del tribunale del 30 ottobre 2020". Tale decisione arriva nonostante il fatto che i cittadini oggetto di sgombero abitassero nell'edificio da tre anni. “Faris, un ciadiano di 32 anni, viveva nello stabile da quando è stato aperto. Ha ottenuto lo status di rifugiato nel 2016 e ha un lavoro come interprete, ma non è mai riuscito a trovare un alloggio: “ho chiesto un alloggio sociale ma non c'era spazio, quindi non avevo altra scelta", riporta Info Migrants.
Nessuna soluzione abitativa quindi per le persone migranti sgomberate: “da dicembre, le autorità parigine smantellano sistematicamente i campi per migranti, grandi o piccoli che siano, e senza proporre una soluzione per il ricollocamento. Ogni notte gli stranieri vengono svegliati dalla polizia che ordina loro di lasciare i locali[...]”.
5. Bloccati in Sudan: la realtà dei migranti che tentano di arrivare in Europa
Mentre i diplomatici stranieri sono stati evacuati da Khartoum, i civili sudanesi rimangono bloccati nel Paese in conflitto.
Ahmad Mahmoud, un regista sudanese, è rimasto bloccato dopo il rifiuto di un visto per la Francia: “Mahmoud a gennaio aveva chiesto un visto per la Francia, dove avrebbe dovuto viaggiare [per un lavoro di sceneggiatura]. Invece, gli è stato detto che era stato segnalato come una "minaccia" all’ordine pubblico e alla sicurezza da uno Stato membro dell'Ue, quindi non poteva ottenere il visto. Mahmoud non ha ricevuto ulteriori spiegazioni”, riporta la giornalista Sally Hayden sull’Irish Times. Una storia simile riguarda una famiglia sudanese che attende risposta sulle richieste di visto al Regno Unito da oltre un anno: “uomini, donne e bambini sudanesi non possono aspettare nove mesi per una decisione sul loro caso di ricongiungimento familiare, quando hanno bisogno di un percorso sicuro [...]”, ha affermato Emily Graham, responsabile della campagna Safe Passage International.
Nel frattempo, il conflitto tra le due fazioni militari continua: “la violenza è scoppiata il 15 aprile, quando una lunga lotta per il potere tra l'esercito e le forze paramilitari (Rsf) è sfociata in un conflitto. La violenza da allora ha ucciso almeno 528 persone e ne ha ferite 4.599 [...]”, riporta Al Jazeera.
6. Le autorità di frontiera turche torturano e uccidono i rifugiati siriani
Le guardie di frontiera turche stanno sparando indiscriminatamente contro i civili siriani al confine con la Siria, oltre a torturare e usare una forza eccessiva contro richiedenti asilo e migranti che tentano di entrare in Turchia, riporta Human Rights Watch (Hrw).
“L'11 marzo 2023, le guardie di frontiera turche hanno brutalmente picchiato e torturato un gruppo di otto siriani che stavano tentando di entrare irregolarmente in Turchia. Un uomo e un ragazzo sono morti mentre erano in custodia, mentre gli altri sono rimasti gravemente feriti. Sei guardie sono sotto inchiesta da parte delle autorità turche per il loro presunto ruolo nell'attacco. Il 13 marzo, una guardia di frontiera turca ha sparato e ucciso un uomo siriano di 59 anni che stava arando la sua terra in un'area adiacente al confine. Non sono state rese disponibili informazioni su un'indagine su questo omicidio” denuncia Hrw.
Dall'aprile 2021, i monitor hanno registrato almeno quattro incidenti separati in cui le forze di frontiera turche hanno sparato a bambini siriani che non stavano tentando di attraversare.
Il team di Open Migration
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