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I Paesi europei continuano a violare e limitare i diritti dei migranti

     Foto via Twitter/Melting Pot Europa
 

1. Il Senato approva il decreto Cutro

“Via libera dell'aula del Senato all'emendamento della maggioranza sul giro di vite sulla protezione speciale ma con la riformulazione chiesta dalla stessa maggioranza”, si legge su Redattore Sociale.

Il Decreto Cutro passerà ora alla Camera e dovrà essere approvato entro il 9 maggio. Nonostante i tentativi volti a eliminarla del tutto, la tanto discussa protezione speciale, nel nuovo Decreto, rimane: “con il disegno di legge (ddl) di conversione del decreto Cutro [il Governo] ha provato a sopprimere il richiamo al rispetto degli “obblighi costituzionali o internazionali dello Stato”. Richiamo che [...] era stato eliminato dal primo decreto Sicurezza e poi ripristinato nel 2020 su indicazione di Mattarella. Evidentemente il Quirinale non ha gradito il tentativo di cancellazione e, esercitando la propria moral suasion, l’ha impedito”, riporta la giurista Vitalba Azzolini su Domani. Tuttavia, alcune modifiche che restringono il campo all’applicazione della protezione speciale rimangono: ad esempio, sono state abolite le condizioni psicofisiche come motivo per concedere la protezione speciale.

In ogni caso, il Decreto Cutro rimane una minaccia per i diritti delle persone migranti: non solo è incluso l’aumento del numero dei Cpr nel territorio nazionale - con l’aumento del tempo di trattenimento dei cittadini stranieri al loro interno -, come spiega il giornalista Giansandro Merli sul Manifesto, ma “pur mantenendo i permessi di soggiorno per protezione speciale, li limita a poche fattispecie, eliminando inoltre la possibilità di convertirli in permessi di soggiorno per ragioni lavorative”, riporta il giornalista Vinzenzo R. Spagnolo su Avvenire.


2. La Lituania legalizza i respingimenti

Il Parlamento lituano ha approvato una nuova legge che consente ai volontari di tutta Europa di unirsi all’autorità di frontiera nazionale dando loro il diritto di usare la violenza contro i richiedenti asilo che arrivano dalla Bielorussia, riporta l’Eu Observer.

Gli emendamenti proposti legalizzano i respingimenti e stabiliscono il supporto volontario civile delle guardie di frontiera – su 100 voti, 7 hanno votato contro, 24 si sono astenuti e 69 hanno votato a favore. In un appello rivolto ai parlamentari, al Presidente del Parlamento e alla Presidente lituana Ingrida Šimonytė, centinaia di Ong e accademici lituani e internazionali hanno sottolineato che gli emendamenti violano il diritto internazionale. Nell'appello - i cui principali promotori sono il Global Leaders of Lithuania, l'organizzazione umanitaria Siena Group e il Centro lituano per i diritti umani - è stato evidenziato che i respingimenti al confine tra Lituania e Bielorussia hanno già causato diverse vittime.

“Approvando questa legge, la Lituania si è posta in collisione con il diritto dell'Ue e con la Corte di giustizia dell'Ue [...]. La Lituania non può pretendere di essere un paese rispettoso dei diritti quando elude lo stato di diritto”, ha affermato Nils Muižnieks, direttore di Amnesty International Lituania.


3. Human Rights Watch denuncia le condizioni disumane nei ghetti italiani

Migliaia di lavoratori agricoli migranti in Italia dormono in condizioni antigienitche, di sovraffollamento e degradanti, denuncia Human Rights Watch (Hrw).

Oltre agli alloggi poveri, molti lavoratori migranti sono sfruttati da datori di lavoro e caporali, costretti a lavorare per lunghe ore in condizioni estenuanti, pagati con salari da fame. “Le leggi italiane sull'immigrazione rendono i migranti vulnerabili allo sfruttamento, subordinando la validità o il rinnovo del permesso di soggiorno a un contratto di lavoro. Atteggiamenti razzisti e xenofobi diffusi contro l'affitto a stranieri e l'accesso discriminatorio al sostegno sociale e abitativo contribuiscono al rischio di senzatetto e indigenza”, scrive Giulia Tranchin, ricercatrice di Hrw. Inoltre, le autorità locali italiane hanno utilizzato i fondi dell'Ue per costruire campi di accoglienza temporanea noti come "foresterie": “realizzate con centinaia di moduli abitativi prefabbricati in plastica, le foresterie sono solitamente adiacenti ad insediamenti informali, o comunque in località isolate nelle campagne, lontane da centri abitati e servizi”, denuncia Tranchin.

Queste misure di emergenza sono inefficaci e controproducenti: “non fanno nulla per affrontare la segregazione sistematica dei lavoratori migranti e le violazioni quotidiane dei loro diritti fondamentali, o per facilitare la loro integrazione sociale, in violazione degli standard e delle direttive dell'Ue”.


4. Nuovi sbarchi e salvataggi sulle coste italiane

500 persone migranti sono state soccorse mentre si trovavano su un peschereccio al largo delle coste di Siracusa (le operazioni di salvataggio sono state coordinate dalla Guardia Costiera) si legge su Rai News, mentre la nave Life Support, gestita dalla Ong Emergency, ha raggiunto il porto toscano di Marina di Carrara con a bordo altre 55 persone. Erano state soccorse al largo delle coste libiche quattro giorni prima, riporta Info Migrants.

“Un'infermiera del Life Support”, riporta Info Migrants “ha affermato che l'assistenza medica è stata importante poiché alcuni dei 55 migranti a bordo "hanno riportato ustioni poiché entrati in contatto con carburante e acqua di mare salata prima di essere soccorsi". Ha aggiunto che alcuni passeggeri, soprattutto donne, avevano anche "vecchi traumi" e "infezioni croniche [...] iniziate mesi fa". Inoltre continua la pratica disumana di assegnare porti di sbarco lontani per l’attracco delle Ong: è il caso della Sos Humanity che è stata costretta a navigare fino a Ravenna per garantire ai passeggeri un porto sicuro.

Nel frattempo, la Ong Sea Watch denuncia l’ennesimo respingimento illegale effettuato dalla cosiddetta Guardia Costiera Libica con l’aiuto di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere marittime e terrestri. Alla barca su cui viaggiavano le persone catturate, è stato dato fuoco.


5. La Tunisia non è un paese sicuro

Diverse associazioni e organizzazioni europee, tra cui Sea Watch, Abolish Frontex e Baobab Experience, hanno realizzato una dichiarazione in cui vengono denunciate le violazioni dei diritti umani in Tunisia, motivo per cui non può essere consierata paese sicuro, specie per lo sbarco di persone migranti.

“Negli ultimi mesi si è intensificata la repressione contro gli oppositori politici, la società civile e le minoranze in Tunisia. Diverse organizzazioni tunisine e internazionali per la tutela dei diritti umani hanno espresso preoccupazione per l’indebolimento dell’indipendenza della magistratura, gli arresti di critici e oppositori politici, i processi militari contro i civili, la continua repressione della libertà di espressione e le minacce contro la società civile” si legge nella dichiarazione.

Nonostante questo, l’Ue continua a essere complice: “tra il 2016 e il 2020, sono stati stanziati  per la Tunisia oltre 37 milioni di euro attraverso il Fondo fiduciario dell’Ue per l’Africa, per favorire la gestione dei flussi migratori e delle frontiere. Altri milioni di euro sono in arrivo”.


6. Il conflitto in Sudan mette a rischio la vita di civili e rifugiati

Con l'escalation del conflitto in Sudan, i rifugiati, molti dei quali erano fuggiti dalla violenza nei paesi vicini, si sono ritrovati intrappolati a Khartoum e in altre città.

In alcune interviste riportate da Voa News, molte persone hanno affermato di temere per la propria vita e di aver bisogno di aiuto, ma nessuno sembra ascoltare le loro suppliche. “Aster Tariku, una rifugiata etiope e madre di due figli, ha descritto il caos a Khartoum: "la città è nel caos. Ci sono attacchi aerei. È terrificante. Abbiamo chiuso le porte e ci nascondiamo in casa. I bambini urlano se apro le porte, urlano, sono sotto shock. Non ho niente per sfamare per i miei figli [...]. Restiamo a stomaco vuoto e mangiamo [...] la sera", riporta la giornalista Salem Salomone su Voa News. Finora 185 persone sono state uccise e altre 1.800 ferite, secondo le Nazioni Unite.

Nonostante la possibilità che il conflitto possa essere il motore di nuove migrazioni fuori dal Paese, attualmente, l'International Rescue Committee (Irc) non prevede un movimento di persone al di fuori del Sudan, ma piuttosto all'interno dei suoi confini: "Non mi aspetto che sarà solo un massiccio movimento di rifugiati fuori dal Sudan, perché se si guarda al conflitto, ora è localizzato a Khartoum e nel Darfur", ha detto ad Al Jazeera Eatizaz Yousif, direttore dell'Irc per il Sudan.

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