Mentre l’Italia dichiara lo stato di emergenza, aumenta la stretta sui diritti e sull’accoglienza: il governo vuole eliminare la protezione speciale.
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Diritti dei migranti perennemente sotto attacco
Foto via Twitter/Sea Watch International ([link removed])
Mentre l’Italia dichiara lo stato di emergenza, aumenta la stretta sui diritti e sull’accoglienza: il governo vuole eliminare la protezione speciale. Nel frattempo aumentano le morti in mare in mancanza di soccorsi (ormai divenuti operazioni di polizia) e i respingimenti illegali.
1. L’Italia dichiara lo stato di emergenza
Il governo Meloni ha dichiarato lo stato di emergenza a seguito di nuovi sbarchi e soccorsi effettuati dalla guardia costiera. Secondo il provvedimento, che ha durata di 6 mesi, verranno stanziati 5 milioni di euro per la gestione delle migrazioni.
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Come spiega ([link removed]) la giornalista Annalisa Girardi su Fanpage, in collaborazione con l’avvocato Gianfranco Schiavone di Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), “il governo ha dichiarato lo stato di emergenza a causa dell'aumento degli sbarchi. Ma per gli addetti ai lavori, in realtà, la situazione non sarebbe affatto straordinaria ed emergenziale. Lo dicono i numeri, per cui l'Italia è addirittura sotto la media europea per quanto riguarda le domande di asilo. Non solo: anche considerando la prima accoglienza, il problema non starebbe nell'aumento degli arrivi, quanto nella programmazione che il governo non fa. Nonostante la normativa ([link removed]) lo imporrebbe”. Inoltre, “la dichiarazione dello stato di emergenza consente la deroga alle procedure ordinarie. Leggendo il comunicato del governo
possiamo supporre che nuovi centri straordinari nasceranno più rapidamente, ma così diminuiranno i controlli sull’ente affidatario mettendo a rischio il rispetto dei diritti delle persone accolte», afferma Fabrizio Coresi, ricercatore di ActionAid”, si legge ([link removed]) su Il Manifesto.
Nel frattempo, la vera emergenza rimangono le morti in mare e la mancanza di vie sicure per tutelare il diritto alla libertà di movimento: “da gennaio a marzo 2023 è stato il primo trimestre più mortale per i migranti che hanno attraversato il Mediterraneo centrale dal 2017, hanno dichiarato [...] le Nazioni Unite, con 441 [persone decedute] nel tentativo di raggiungere l'Europa”, riporta ([link removed]) France24.
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2. Stretta su diritti e accoglienza con il nuovo decreto immigrazione
Nuovo attacco ai diritti delle persone migranti con il restringimento delle fattispecie di protezione internazionale: il governo punta a eliminare la protezione speciale ([link removed]) , tornando quindi ai Decreti Sicurezza di Matteo Salvini, si legge su Today.
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Questo tipo di protezione viene concessa alle persone che rischiano persecuzione per motivi di “razza, orientamento sessuale, religione”, ma la sua eliminazione non farebbe altro che aumentare il numero di persone prive di documenti che rischiano di finire nelle maglie dello sfruttamento e della precarietà, come spiega Yvan Sagnet, fondatore dell’associazione No Cap:
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Nonostante la presidente Meloni, durante il suo viaggio in Etiopia, abbia affermato ([link removed]) che la protezione speciale sarebbe una concessione che fa solo l’Italia, rispetto agli altri Paesi europei, tale affermazione risulta essere falsa, come spiega Carlo Canepa responsabile editoriale di Pagella Politica:
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3. Come il governo ha convertito le operazioni di soccorso in operazioni di polizia
Negli ultimi anni si è intensificata la conversione delle operazioni di soccorso in operazioni di polizia, criminalizzando le persone migranti in mare.
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“Tra il 2019 e i primi due mesi del 2023 sono sbarcate in Italia via mare 232.660 persone nell’ambito di oltre 6.300 “eventi”. In quasi sei casi su dieci, però, i naufraghi - un tempo ritenute persone salvate nell’ambito di operazioni di ricerca e soccorso (Sar) - si sono visti apporre dal ministero dell’Interno l’etichetta di soggetti intercettati nel corso di operazioni di polizia (Law enforcement). Stiamo parlando di 137.294 persone”, riporta ([link removed]) il giornalista Duccio Facchini su Altreconomia.
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Fino al 2019 la Guardia Costiera italiana pubblicava i bollettini mensili sui dati delle operazioni di soccorso, per poi passare “a un’inedita formula trimestrale, poi abbandonata e sostituita dal nulla assoluto”, continua Facchini. Altro elemento cruciale e che denota la scarsa trasparenza delle istituzioni è il diniego dell’accesso agli atti su quanto avvenuto nella strage di Cutro: “il Viminale [...] ha sostenuto che la “indiscriminata divulgazione” delle informazioni relative ai fatti di Cutro potrebbe “arrecare un pregiudizio concreto agli interessi prioritari afferenti la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché delle relazioni internazionali”. E ha richiamato poi il decreto ministeriale del 16 marzo 2022 che ha incluso tra gli atti sottratti all’accesso anche quei documenti relativi alla “gestione delle frontiere e dell’immigrazione”, oltreché gli atti e i documenti “concernenti l’organizzazione e il funzionamento dei servizi di polizia”.
4. Nuovo naufragio al largo della Tunisia
La guardia costiera tunisina ha recuperato i corpi di almeno 24 migranti dopo che la loro barca è affondata martedì al largo della costa, riporta ([link removed]) Info Migrants.
La guardia costiera tunisina è riuscita a salvare 76 dei migranti a bordo della nave. Secondo il Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes), da gennaio, più di 160 persone sono annegate o sono scomparse a seguito di naufragi al largo della costa tunisina. Dal nuovo rapporto dell'Oim (Organizzaizone Internazionale per le Migrazioni, delle Nazioni Unite) emerge che “l'aumento delle perdite di vite umane sulla traversata marittima più pericolosa è causata dai ritardi nelle risposte di soccorso degli stati e gli ostacoli alle operazioni delle navi Ong nelle operazioni di ricerca e soccorso (Sar) nel Mediterraneo centrale”.
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Nel frattempo, continuano le proteste dei rifugiati sub-sahariani in Tunisia, brutalmente attaccati dalla polizia:
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5. Ancora respingimenti sistematici sulla Rotta Balcanica
Il Border Violence Monitoring Network (Bvmn) ha pubblicato un nuovo aggiornamento ([link removed]) sullo stato dei respingimenti e del trattamento delle persone migranti ai confini sulla Rotta Balcanica.
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Tra gli aspetti sottolineati, il fatto che in Croazia (in particolare a Rijeka), ad esempio, viene criminalizzato il supporto dato alle persone migranti ma che, nonostante questo, i cittadini locali hanno offerto vestiti e cibo, insieme all’aiuto della Croce Rossa. In Bosnia Erzegovina e Grecia proseguono le reclusioni arbitrarie nei centri di detenzione: emergono le condizioni disumane e i maltrattamenti da parte delle forze di polizia.
Nel rapporto è stata anche menzionata l’Italia, in relazione alla strage di Curtro, per via dei flussi migratori che partono dalla Turchia: come viene spiegato, questa rotta si è creata per via dei respingimenti sistematici nei confronti di coloro che tentano di attraversare il confine turco-greco, ricevendo però respingimenti sistematici. Infatti, “le persone [migranti] si trovano di fronte a un confine sempre più [...] militarizzato e violento quando attraversano il Mar Egeo e la frontiera terrestre di Evros. Dal 2019 il Bbvmn ha raccolto 200 testimonianze di respingimenti dalla Grecia che hanno coinvolto oltre 11.000 persone”.
6. Il piano degli Usa per fermare le migrazioni dal Sud America
Il Dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti ha annunciato di aver mediato un accordo con i governi colombiano e panamense per fermare i migranti.
“Nel tentativo di ridurre questi numeri, i tre governi eseguiranno una campagna di 60 giorni per "porre fine al movimento illecito di persone e merci attraverso il Darién sia attraverso i corridoi terrestri che marittimi", riporta ([link removed]) il giornalista Luke Taylor sul Guardian. Coloro che sopravvivono all'arduo viaggio di due settimane sono alla mercé di gruppi armati che spesso rapinano e stuprano persone migranti vulnerabili. Dato il rischio che i migranti siano in fuga dalla povertà o dalla persecuzione, Blaine Bookey del Center for Gender and Refugee Studies dubita che le autorità possano dissuaderli dall’affrontare il viaggio.
Nonostante i racconti strazianti di rapine, stupri e morte nel Darién Gap (una delle rotte più pericolose che connette le regioni del Sud America a quelle del Nord) il numero di persone e famiglie che hanno compiuto il viaggio nel 2022 è salito a livelli record e continua a crescere.
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